PER 186 PARLAMENTARI SI MATERIALIZZA L’INCUBO PEGGIORE: TORNARE A LAVORARE - GLI “ESODATI” DI MONTECITORIO DOVRANNO ASPETTARE GLI ANNI CHE RESTANO PER ANDARE IN PENSIONE SENZA PERCEPIRE LO STIPENDIO - FRA LORO CI SONO LIVIA TURCO, VELTRONI, RUTELLI, LUSETTI, PIONATI E LA PIVETTI - TRANQUILLI: OGNUNO DI LORO PERCEPIRÀ COMUNQUE UN ASSEGNO DI FINE MANDATO DI CIRCA 46 MILA € PER LEGISLATURA...

Carlo Bertini per "la Stampa"

Chiamarli esodati, anche se col paracadute, potrebbe suonare offensivo per gli esodati veri, dunque il paragone è improprio pure se l'istituzione per la quale hanno prestato il loro impegno, cioè il Parlamento, li ha lasciati senza stipendio e senza pensione in attesa di raggiungere i nuovi limiti di età. Ma attenzione: loro stessi l'anno scorso hanno votato questa riforma, ben sapendo che se cambiavano le regole per tutti gli italiani, stessa cosa doveva valere a maggior ragione per la cosiddetta Casta. Dunque c'è chi dovrà aspettare due anni, come Livia Turco o Veltroni, chi un anno come Rutelli e chi dieci, come Isabella Bertolini del Pdl.

E in ogni caso sono molti quelli che non avranno difficoltà a ricollocarsi, anche se costretti a tornare indietro nel tempo. Uno di questi e' l'Udc Renzo Lusetti, classe 1958: comincerà a ricevere la sua pensione nel 2018 e ora tornerà al lavoro nell'azienda dove si mise in aspettativa dal 1987.

Conta comunque 186 nomi questa schiera di onorevoli non ricandidati e rimasti pure senza pensione, grazie alla riforma che l'anno scorso cambiò i vitalizi: fissando a 60 anni l'età per poter riscuotere l'assegno, 65 anni per chi con una sola legislatura. «Non potevamo certo permettere che in Italia ci fossero 300 mila esodati veri e infuriati e che i politici potessero riscuotere il loro vitalizio a 50 anni», spiega infatti uno degli estensori della riforma.

Uno dei volti noti incappati nelle maglie di questa riforma fu la Pivetti, oggi ricandidata alla Regione Lazio e quindi in predicato di rielezione, che quest'anno avrebbe avuto diritto al vitalizio in base alle vecchie regole. Lei alla fine non presentò ricorso, ma lo fecero una trentina di onorevoli intenzionati ad aver conto e ragione dei cosiddetti diritti acquisiti. Che furono ripagati con una sonora bocciatura del loro ricorso da parte del consiglio di Giurisdizione della Camera, presieduto dal finiano Consolo.

E così dunque, scremate le liste, spuntate le varie ricandidature dei 945 parlamentari uscenti, grazie allo screening fatto dall'istituto Hume si vede che in questa terra di mezzo resta un nutrito numero di deputati e senatori. Quasi sempre in grado di rientrare in gioco senza problemi, visto che la schiera di professionisti nei rami del parlamento è alta: avvocati, notai, commercialisti, medici, giornalisti, ma anche molti docenti e lavoratori dipendenti.

Ma ci sono i casi più disparati: due ambientalisti come Della Seta e Ferrante, non ricandidati anche se dopo una legislatura provenienti dalle fila di Legambiente, dovranno convertire il loro impegno politico in altre forme. Francesco Pionati, candidato nel Lazio, potrà invece rientrare in Rai, mentre Andrea Sarubbi non essendo negli organici, perché lavorava a contratto, resta fuori.

Ma a parte tutto va detto che - come per chiunque lasci un posto di lavoro ognuno di questi 186 non dovrà ripartire proprio da zero: tutti riceveranno un assegno di fine mandato (quello che in Germania e Francia viene chiamato sussidio di reinserimento lavorativo), pari all'80% dell'importo mensile lordo dell'indennità per ogni anno di mandato effettivo: circa 46 mila euro per una legislatura, 140 mila per tre mandati, importi ricavati dal monte di contributi versati ogni mese da ogni singolo deputato.

E in questa lista dei 186 figurano comunque i nomi più disparati, da Franco Frattini a Massimo Calearo, dallo scrittore Gianrico Carofiglio a Marco Follini, da docenti universitari come Giovanni Bachelet, Stefano Ceccanti o Salvatore Vassallo, all'ex capogruppo leghista Marco Reguzzoni, fino agli ex An, come Adolfo Urso e Andrea Ronchi. E dai non ricandidati finiti nella tagliola delle liste pulite, come Papa, Cosentino, Milanese del Pdl, Luongo o Papania del Pd, fino a Luigi Lusi, l'ex tesoriere della Margherita.

 

PARLAMENTOLIVIA TURCO LIVIA TURCO E MARIANNA MADIA Walter Veltroni Renzo Lusetti FRANCESCO PIONATI

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - LA CAPITALE DEGLI AFFARI A MISURA DUOMO, A CUI IL GOVERNO MELONI HA LANCIATO L’ANATEMA “BASTA CON I BANCHIERI DEL PD”, È IN TREPIDA ATTESA DI COSA DELIBERERÀ UNICREDIT DOMENICA PROSSIMA, A MERCATI CHIUSI - SI RINCORRONO VOCI SULLA POSSIBILITÀ CHE ANDREA ORCEL ANNUNCI L’ADDIO NON SOLO ALL’OPS SU BPM MA ANCHE ALLA SCALATA DI COMMERZBANK, PER PUNTARE TUTTA LA POTENZA DI FUOCO DI UNICREDIT LANCIANDO UN’OPS SU GENERALI - DOPO LE GOLDEN MANGANELLATE PRESE SU BPM, ORCEL AVRÀ DI CERTO COMPRESO CHE SENZA IL SEMAFORO VERDE DI PALAZZO CHIGI UN’OPERAZIONE DI TALE PORTATA NON VA DA NESSUNA PARTE, E UN’ALLEANZA CON I FILO-GOVERNATIVI ALL’INTERNO DI GENERALI COME MILLERI (10%) E CALTAGIRONE (7%) È A DIR POCO FONDAMENTALE PER AVVOLGERLA DI “ITALIANITÀ” - CHISSÀ CHE COSA ARCHITETTERÀ IL CEO DI BANCA INTESA-SANPAOLO, CARLO MESSINA, QUANDO DOMENICA IL SUO COMPETITOR ORCEL ANNUNCERÀ IL SUO RISIKO DI RIVINCITA…

parolin prevost

PAROLIN È ENTRATO PAPA ED È USCITO CARDINALE - IN MOLTI SI SONO SBILANCIATI DANDO PER CERTO CHE IL SEGRETARIO DI STATO DI BERGOGLIO SAREBBE STATO ELETTO AL POSTO DI PAPA FRANCESCO – GLI “AUGURI DOPPI” DI GIOVANNI BATTISTA RE, IL TITOLO FLASH DEL “SOLE 24 ORE” (“PAROLIN IN ARRIVO”) E LE ANALISI PREDITTIVE DI ALCUNI SITI - PERCHÉ I CARDINALI HANNO IMPALLINATO PAROLIN? UN SUO EVENTUALE PAPATO NON SAREBBE STATO TROPPO IN CONTINUITÀ CON BERGOGLIO, VISTO IL PROFILO PIU' MODERATO - HA PESATO IL SUO “SBILANCIAMENTO” VERSO LA CINA? È STATO IL FAUTORE DELL’ACCORDO CON PECHINO SUI VESCOVI...

matteo renzi sergio mattarella elly schlein maurizio landini

DAGOREPORT – IL REFERENDUM ANTI JOBS-ACT PROMOSSO DALLA CGIL DI LANDINI, OLTRE A NON ENTUSIASMARE MATTARELLA, STA SPACCANDO IL PD DI ELLY SCHLEIN - NEL CASO CHE UNA DECINA DI MILIONI DI ITALIANI SI ESPRIMESSERO A FAVORE DELL’ABOLIZIONE DEL JOBS-ACT, PUR NON RIUSCENDO A RAGGIUNGERE IL QUORUM, LANDINI ASSUMEREBBE INEVITABILMENTE UN'INVESTITURA POLITICA DA LEADER DELL'OPPOSIZIONE ANTI-MELONI, EMARGINANDO SIA SCHLEIN CHE CONTE - E COME POTRANNO I RIFORMISTI DEM, I RENZIANI E AZIONE DI CALENDA VALUTARE ANCORA UN PATTO ELETTORALE CON UN PD "LANDINIZZATO", ALLEATO DEL POPULISMO 5STELLE DI CONTE E DE SINISTRISMO AVS DI BONELLI E FRATOIANNI? - A MILANO LA SCISSIONE DEL PD È GIÀ REALTÀ: I RIFORMISTI DEM HANNO APERTO UN CIRCOLO IN CITTÀ INSIEME A ITALIA VIVA E AZIONE. MA BONACCINI DIFENDE ELLY SCHLEIN

sergio mattarella giorgia meloni

DAGOREPORT - L'ARDUO COMPITO DI MATTARELLA: FARE DA ARBITRO ALLA POLITICA ITALIANA IN ASSENZA DI UN’OPPOSIZIONE - IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NON VUOLE SOSTITUIRSI A QUEGLI SCAPPATI DI CASA DI SCHLEIN E CONTE, NÉ INTENDE SCONTRARSI CON GIORGIA MELONI. ANZI, IL SUO OBIETTIVO È TENERE IL GOVERNO ITALIANO DALLA PARTE GIUSTA DELLA STORIA: SALDO IN EUROPA E CONTRO LE AUTOCRAZIE – IL PIANO DI SERGIONE PER SPINGERE LA PREMIER VERSO UNA DESTRA POPOLARE E LIBERALE, AGGANCIATA UN'EUROPA GUIDATA DA FRANCIA, GERMANIA E POLONIA E LONTANA DAL TRUMPISMO - LE APERTURE DI ''IO SONO GIORGIA" SUL 25 APRILE E AFD. MA IL SUO PERCORSO VERSO IL CENTRO E' TURBATO DALLL'ESTREMISMO DI SALVINI E DALLO ZOCCOLO DURO DI FDI GUIDATO DA FAZZOLARI...

francesco micheli

DAGOREPORT - IN UNA MILANO ASSEDIATA DAI BARBARI DI ROMA, SI CELEBRA LA FAVOLOSA CAPITALE DEGLI AFFARI CHE FU: IL CAPITALISMO CON IL CUORE A SINISTRA E IL PORTAFOGLIO GONFIO A DESTRA - A 87 ANNI, FRANCESCO MICHELI APRE, SIA PURE CON MANO VELLUTATA E SENZA LASCIARE IMPRONTE VISTOSE, IL CASSETTO DEI RICORDI: “IL CAPITALISTA RILUTTANTE” È IL DIARIO DI BORDO DELL’EX BUCANIERE DELLA FINANZA CHE, SALITO SULL’ALBERO PIÙ ALTO DEL VASCELLO, HA OSSERVATO I FONDALI OSCURI INCONTRATI NEL MARE MAGNUM INSIDIOSO DELL’ECONOMIA, SOMMERSA E SPESSO AFFONDATA - “IO E LEI APPARTENIAMO A ZOO DIVERSI”, FU IL VATICINIO DI CUCCIA – LUI, UNICO TESTIMOME A RACCOGLIERE LO SFOGO DI EUGENIO CEFIS SU QUEL “MATTO” DI CUCCIA CHE NEL GIORNO DELLE SUE CLAMOROSE DIMISSIONI DA MONTEDISON L’AVEVA ACCOLTO CON UN BEFFARDO: “DOTTORE, PENSAVO VOLESSE FARE UN COLPO DI STATO…”