GLI S-TOGATI DI RE GIORGIO - LA TERRIBILE MINACCIA DI INGROIA: “ORA MI DEDICHERO’ IN PIENO ALLA POLITICA”

Daniele Mammoliti per LaStampa.it

"La chiave del mio isolamento è legato alle indagini sulla trattativa Stato-Mafia". Poco prima di andare alla procura di Aosta per certificare il suo addio alla toga, Antonio Ingroia ha parlato. Poche carezze e molti attacchi, come quello al vicepresidente del Csm, Michele Vietti, "poco elegante nei miei confronti". Alloggiato in un hotel alle porte della città Ingroia, accolto da un gruppo di suoi sostenitori, si concede.

Che giornata è quella di oggi?
«È una giornata piena di sentimenti e di emozioni, sia se guardo indietro sia se guardo avanti. Se guardo indietro ho un po' di malinconia per una porta che si chiude, un capitolo importante della mia vita che è stata soprattutto lavoro, lavoro e lavoro, è stata soprattutto impegno da magistrato e per la giustizia.

Mi scorrono tante immagini del mio impegno professionale, sempre in prima linea nella lotta alla mafia: dagli inizi della mia carriera vicino a Falcone e Borsellino sino agli ultimi anni difficili, anche con le amarezze legate alle indagini sulla trattativa Stato-Mafia e le polemiche che ne sono conseguite. Ma nel contempo, se guardo avanti, si apre un'altra porta, direi forse un portone, con lo stesso entusiasmo e la stessa passione.

Un impegno dalla stessa parte ma in una veste diversa: sempre dalla parte dei cittadini e della Costituzione, per difendere i diritti dei cittadini senza diritti e senza potere, nella consapevolezza che questo compito ormai era difficile portarlo avanti da magistrato.

Dunque lo porto avanti da politico. Arriviamo a una scadenza importante con la prima assemblea nazionale del movimento che ho fondato, Azione Civile, che ha di fronte una sfida, una battaglia: quella di difendere la Costituzione, di cui sembra tutti si siano dimenticati. Azione Civile è un'azione per la Costituzione».

Quali sono i ricordi più belli della sua carriera?
«I momenti di soddisfazione sono stati tanti. Ricordo il primo giorno in cui Falcone mi chiese se mi sarebbe piaciuto occuparmi di indagini di mafia, ricordo il momento in cui Paolo Borsellino mi assegnò di fatto la prima indagine sulla mafia.

E, ancora, i momenti in cui il mio lavoro nei processi più difficili è stato riconosciuto da sentenze di condanna degli imputanti eccellenti di cui mi sono occupato: dal processo Contrada nei confronti di uno dei capi dei servizi segreti degli Anni 90 al processo nei confronti dell'ex senatore Dell'Utri, anche lui condannato per i rapporti tra mafia e politica».

E i momenti peggiori?
«Quelli della politica, che negli ultimi tempi è stata ingenerosa nei miei confronti. E poi questi ultimi giorni. Non tanto per la decisione di dimettermi ma per il fatto che non ho trovato riconoscimento per il lavoro che ho fatto. Eppure ho dedicato 25 anni allo Stato senza mai risparmiare nulla in termini di energia, di rischi personali, di sacrifici sul piano della vita privata.

Si può essere, per carità, critici nei confronti della attività politica che ho svolto. Ma che il vicepresidente del Csm Vietti se la sia cavata con una battuta rispetto alla notizia delle mie dimissioni dicendo "ce ne faremo una ragione"... Non sono state parole eleganti».

Cosa pensa abbia pesato, all'interno del Csm, riguardo al mancato incarico alla Procura nazionale antimafia?
«Come diceva anche un presidente della Repubblica che è stato magistrato, Oscar Luigi Scalfaro, mi sento sempre magistrato anche dopo aver lasciato la toga. Dunque non farò mai a nessuno processi alle intenzioni in mancanza di elementi di prova. Di certo sono incomprensibili l'atteggiamento e le scelte del Csm nei miei confronti, in linea di continuità con l'ostilità che il mondo politico ha dimostrato nei miei confronti soprattutto negli ultimi anni: prima da un'unica parte politica quando mi occupavo del processo Dell'Utri, poi tutte le parti quando mi sono occupato della trattativa Stato-Mafia.

Il ceto politico si è rivoltato contro di me perché io rappresento quel modello di magistrato che non guarda in faccia a nessuno. Con la Presidenza della Repubblica c'è stato un noto conflitto di attribuzione ma mi auguro che non sia stato questo a pesare. Spero che la mia vicenda non determini preoccupazione nella magistratura, ovvero che non si possano verificare meccanismi di omologazione. Dobbiamo difendere i magistrati, la loro autonomia e l'indipendenza dalle pressioni della politica. Per questo mi occupo di politica: per cambiarla, per avere un politica più rispettosa».

Il nodo che ha portato a questo epilogo è l'indagine sulla trattativa Stato-Mafia?
«Credo sia sotto gli occhi di tutti. Dopo questa indagine è scattato contro di me, già da magistrato e poi da politico, un coro quasi unanime dalla politica. Questo non è mai successo. La chiave del mio isolamento istituzionale è legato a quell'indagine».

Si è molto ricamato sul suo no ad Aosta. Qualche valdostano c'è rimasto male.

«Ho massimo rispetto e simpatia nei confronti dei cittadini valdostani e del lavoro dei colleghi della Procura e del Tribunale di Aosta che sono impegnati anche su settori difficili. So benissimo che se fossi venuto a fare il pm ad Aosta avrei trovato anche materia di mafia di cui occuparmi perché le infiltrazioni della 'ndrangheta queste parti sono note.

Ma il punto non è un rifiuto rispetto alla Procura di Aosta. Avrei rifiutato anche la Procura di Trento, o di Bari. Il punto è che ormai il mio rientro nella magistratura, dopo la mia esperienza breve politico-elettorale, poteva avere senso solo se fossi stato messo in grado, e avevo diritto di farlo, di riannodare i fili dell'indagine che avevo avviato sulla trattativa Stato-Mafia. Lo potevo fare dalla Procura nazionale antimafia. Era l'unico ufficio al quale il Csm poteva destinarmi.

Non potevo essere destinato a nessun altro ufficio di procura d'Italia. Neanche Aosta, perché Aosta è compresa nel distretto di Torino dove io ero candidato. Quello del Csm è stato un provvedimento politico per tenermi lontano da quell'indagine. Per questa ragione mi sono ribellato e opposto. Ho cercato di far rispettare le regole e ho fatto ricorso al Tar.

Ma il Tar, in modo un po' pilatesco, ha preferito non decidere, rinviando sempre la decisione. L'ultima volta l'ha rinviata a fra quasi un anno, nel 2014... Beh, intanto i tempi corrono, c'è un'emergenza costituzionale e, sia pur con rammarico, ho capito che il mio posto è in politica e a quella dedicherò tutto il mio impegno».

Quanto le costa lasciare la toga?
«Mi è costato molto, è una decisione sofferta e travagliata perché è un lavoro che mi piaceva, non è un lavoro come gli altri, io mi sentivo davvero la toga cucita addosso. penso che continuerò a sentirla così per un po'. perché ho dedicato tutta la mai vita a quella attività. Ma quando il troppo è troppo, quando si è passato ogni limite, non potevo subire in silenzio quelli che sono stati dei soprusi del ceto politico attraverso il Csm e ho reagito come bisognava fare».

 

STRETTA DI MANO TRA INGROIA E GRASSO INGROIA Antonio Ingroia e Paolo Floris D Arcais Ingroia e Di Pietro INGROIA TRAVAGLIO ANTONIO INGROIA E MARCO TRAVAGLIO ALLA FESTA DEL FATTO jpegGiorgio NapolitanoCiancimino

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