UNA VOLTA PER ATTACCARE L’IRAQ SI MILLANTAVA LA PRESENZA DI “ARMI CHIMICHE”, STAVOLTA GLI USA HANNO FATTO PARTIRE I RAID SOSTENENDO CHE IL GRUPPO TERRORISTA KHORASA “STAVA PER COLPIRE L’OCCIDENTE” (FUORI LE PROVE)
Paolo Mastrolilli per “la Stampa”
Il gruppo terroristico Khorasan era arrivato nello stadio finale, «imminente», della preparazione di un attentato contro l’Europa, o contro gli Stati Uniti. Questa è la ragione per cui i raid sono scattati ieri notte, e oltre a prendere di mira le basi dell’Isis, hanno colpito anche le strutture della formazione legata ad Al Qaeda e guidata da Muhsin al-Fadhli. Lo stesso leader, sulla cui testa c’era una taglia da 7 milioni di dollari, potrebbe essere morto nell’operazione.
Lo hanno rivelato fonti autorevoli dell’amministrazione americana, durante un briefing di background con i giornalisti. Fonti d’intelligence hanno specificato alla «Cnn» che i terroristi progettavano attentati con bombe sugli aerei.
I target dell’attacco erano stati approvati dal Obama durante la recente visita a Centcom, il comando che ha la responsabilità per il Medio Oriente. Il giorno dopo ha dato l’ordine di colpire, lasciando ai generali il compito di decidere quando, in base alle informazioni di intelligence sulla possibilità di infliggere il massimo danno.
Gli attacchi si sono concentrati in due regioni: quella vicina ad Aleppo, dove l’obiettivo era Khorasan; e quella di Abu Kamel, al confine tra Siria e Iraq, che invece ha preso di mira le postazioni Isis. Questo gruppo era il target anche nell’area di Raqqa, «capitale» dello Stato islamico, Hasaka e Deir al Zour.
Nel caso di Khorasan, le bombe hanno colpito basi e centri di addestramento, ma il Pentagono non ha negato che fra gli obiettivi ci fosse lo stesso al Fadhli rimasto ucciso nel blitz. I militari stanno ancora facendo il bilancio degli effetti dell’attacco, che hanno definito «molto efficace».
Nel caso dell’Isis è stato colpito il centro finanziario, una sede a Raqqa, campi di addestramento e reclutamento, depositi di munizioni, e postazioni operative sul terreno. L’ambasciatore all’Onu Samantha Power ha avvertito Damasco dei raid, senza però coordinarsi: Assad è considerato la causa dello sviluppo di questi gruppi, e la sua deposizione resta l’obiettivo che Washington vuole raggiungere proprio per riportare la stabilità.
Il presidente Obama ha detto che «colpiremo i terroristi ovunque si trovano, senza badare ai confini». Poi ha aggiunto: «Questa non è una guerra solo americana». Il capo della Casa Bianca ha sottolineato che i raid sono stati condotti con l’aiuto di Arabia, Giordania, Emirati, Bahrein e Qatar, con uno schieramento di alleati musulmani che quasi non si vedeva dalla Guerra del Golfo.
Si tratta di Paesi sunniti, intervenuti contro un gruppo terroristico sunnita, e questo dimostra che il punto delle operazioni non è la fede religiosa dei target, ma il loro comportamento criminale. Obama da ieri è all’Onu, dove oggi presiede un riunione del Consiglio di Sicurezza dedicata al contrasto del fenomeno dei jihadisti stranieri, con una risoluzione che obblighi i paesi membri a perseguirli, fermarli alle frontiere e processarli. La visita verrà usata anche per consolidare l’alleanza, e ottenere una legittimazione delle operazioni.
Nei giorni scorsi l’intelligence Usa aveva lasciato trapelare che Khorasan rappresentava un pericolo più immediato per l’Occidente, rispetto all’Isis. Lo Stato islamico ha concentrato finora i suoi sforzi nel costituire il «califfato», mentre il gruppo di al Fadhli è una costola di al Qaeda composta da afghani e pachistani, stabiliti in Siria per sfruttare il caos locale, reclutare jihadisti stranieri, e preparare attentati contro l’Europa e gli Usa. Il leader è giovane, nato nel 1981 in Kuwait, ma era molto vicino ad Osama bin Laden e una delle pochissime persone informate dei piani per gli attentati dall’11 settembre 2001. Ora sperava di ripeterli, o almeno imitarli.