A CHI BANKITALIA? A NOI! - VITTORIO GRILLI NON VEDE L’ORA DI ATTUARE LA LEGGE SULLA NAZIONALIZZAZIONE DELLA BANCA D’ITALIA VOLUTA DA GIULIETTO TREMONTI - SI OPPONE IL SOTTOSEGRETARIO POLILLO, “PORTACROCE” DELLE BANCHE AZIONISTE CONTRARIE AL PASSAGGIO ALLO STATO DI BANKITALIA - AZIONISTE DE CHE? LE QUOTE DELLA BANCA SONO FERME AL VALORE NOMINALE DEL 1936: 156.000 EURO! - SE PASSASSE LA LINEA DELL’ABI, VARREBBERO 10 MILIARDI…

Sergio Luciano per
http://www.ilmondo.it/economia/2012-08-02/bankitalia-conflitti-interni-chi-deve-detenere-propriet-stato-o-banche_68696.shtml

Milano, 2 ago. Due anime si confrontano, all'interno del ministero dell'Economia, sul tema della proprietà di Banca d'Italia: un confronto pacato e cavilloso, non certo sostanzialista né acceso, visti i tempi. Eppure un confronto serrato: quella istituzionalista e gradualista rappresentata dal neo-ministro Vittorio Grilli, e quella più movimentista incarnata dal sottosegretario Gianfranco Polillo. Grilli è contrario a cambiare le cose, Polillo, e dietro di lui molti altri opinion-leader, spinge affinché si cambi.

Inutile dire che la partita è vinta a tavolino dal ministro sul Sottosegretario: ma solo al primo round, perché nel prosieguo gli equilibri potrebbe cambiare. Di che si tratta? La sostanza riguarda l'abrogazione ufficiale della legge del 2005 con cui il governo Berlusconi, ministro dell'Economia Giulio Tremonti, direttore generale del Tesoro Vittorio Grilli, stabilì che la proprietà del capitale di Bankitalia avrebbe dovuto passare dalle banche che attualmente la detengono allo Stato. Quella legge è rimasta lettera morta perché di lì a poco la legislatura terminò e questo avvenne prima che venisse promulgato il controverso regolamento d'attuazione.

Ora le banche, sia attraverso l'Acri che attraverso l'Abi, rivendicano a gran voce l'abrogazione ufficiale della legge per arrivare a una successiva rivalutazione contabile delle loro quote di capitale in Banca d'Italia, che apporterebbe loro circa 10 miliardi di nuovo patrimonio "di vigilanza" (quello che Basilea 3 conteggia ne famosi ratio e rappresenta quindi una base per poter erogare nuovo credito).

In soldoni, le quote che oggi valgono nominalmente 156 mila euro, potrebbero essere rivalutate a quota 10 miliardi. Questo produrrebbe per l'erario un prezioso miliardo di imposta di registro; e per le banche avrebbe un valore patrimoniale capace di attivare una leva di nuovi crediti per 125 miliardi di euro, il tutto senza spendere neanche un euro "vero".

Non c'è da scandalizzarsi: tutta la costruzione di Basilea 3 è infarcita di simili nominalismi euroburocratici, basti pensare all'assurdo per cui i titoli di Stato in portafoglio vengono contabilizzati col criterio del mark-to-market (in altre parole devono essere iscritti a bilancio per il loro valore di mercato e non per quello facciale, che pure è garantito al 100% in sede di rimborso) mentre i derivati finanziari verso controparti private non devono essere registrati con questo criterio ma discrezionalmente ...

E' chiaro che Banca d'Italia non potrà mai essere venduta, né dallo Stato, se, come pure quella legge prescriveva, ne avesse acquisito la proprietà, né dalle banche che oggi nominalmente la detengono. Ma insomma, in tempi di penuria, l'operazione andrebbe fatta e appunto mai con tanta energia sia l'Abi che l'Acri l'avevano rivendicata. Ma mentre Polillo aveva rilasciato una dichiarazione più che possibilista, il "niet" di Grilli, per quanto informale, è stato perentorio. E ha fatto capire ai banchieri che c'è ancora molto, ma molto da lavorare per ottenere un obiettivo di buon senso ...

Sembra l'uovo di Colombo. Anche perché l'idea è di un genovese puro come Giovanni Berneschi, classe 1937, da 55 anni fedele prima alla Cassa di Risparmio di Genova, poi a Banca Carige, di cui è presidente dal 2003. Idea semplice ma non banale: ripatrimonializzare la Banca d'Italia attraverso un aumento di capitale gratuito da 10 miliardi che permetterebbe alle banche azioniste di rafforzare a loro volta il patrimonio, liberare 125 miliardi di nuovo credito e remunerare lo Stato con un assegno da 1,6 miliardi a titolo d'imposta.

Per Berneschi è un vecchio cavallo di battaglia. Ma ora che è appena stato rieletto alla vicepresidenza dell'Abi, è convinto che sia la volta buona. Sono anni che si parla delle quote di Bankitalia...«Da almeno 5-6 anni me ne occupo in forma riservata e nelle sedi opportune, attraverso un lavoro nascosto che, come la goccia che batte sulla roccia apuana e prima poi fa il buco, ora comincia a dare i suoi frutti: il riassetto del capitale di Bankitalia è uno dei punti del documento finale del convegno Acri di Palermo. Siamo usciti allo scoperto, ponendo la questione a livello istituzionale».

Si tratta di rivalutare il capitale della Banca Centrale, fermo a valori storici: ci spieghi bene.«L'attuale capitale della Banca d'Italia risale al '36 quando, non a caso dopo una crisi come questa, enti pubblici e Casse di risparmio investirono 300 milioni di lire a titolo oneroso. E forzoso. Da allora non è stato più toccato e oggi ammonta a 156mila euro. Ma nel frattempo l'Istituto ha accumulato, imputandoli a riserva, 25 miliardi di euro di utili non distribuiti. Allora la proposta è questa: di quei 25 miliardi di patrimonio trasformiamone una parte, per esempio 10, in capitale, attraverso un aumento gratuito».

Operazione solo cartacea ... «Certo. Ma con conseguenze concrete: il sistema bancario oggi privato che, in seguito alle trasformazioni delle Casse di risparmio, alla nascita delle Fondazioni, a fusioni e acquisizioni detiene il capitale di via Nazionale, avrebbe all'istante 10 miliardi di patrimonio in più; con questi, sulla base dei rapporti tra impieghi e capitale, sarebbero immediatamente disponibili 125 miliardi di nuovi crediti a famiglie e imprese; infine, applicando l'imposta sostitutiva del 16% sulle rivalutazioni, le banche verserebbero alle casse dello Stato 1,6 miliardi: soldi veri».

Detta così non è male. Ma c'è il rischio di consegnare definitivamente Bankitalia nelle mani di Intesa, Unicredit & c. «Ma no. L'indipendenza dell'Istituto centrale va salvaguardata e ciò è già garantito dallo statuto della Banca d'Italia: i soci di capitale non hanno alcun potere decisionale. Da essi dipende solo il Consiglio superiore, un organo essenzialmente di controllo, mentre i poteri di gestione vera e propria spettano al Direttorio, cioè al governatore (nominato dal Consiglio dei ministri, ndr), insieme con direttore generale e i suoi tre vice (nominati su proposta del governatore stesso, ndr)». Non c'è nemmeno il rischio che la rivalutazione delle quote finisca nelle tasche delle banche azioniste?«No. L'operazione non transita dal conto economico, ma è confinata nello stato patrimoniale».

Una boccata d'ossigeno anche per la sua Carige, che ha il 4% di Bankitalia: conflitto d'interesse?«Ma che c'entra? Questa operazione non fa che aumentare il rapporto tra patrimonio e attività come viene richiesto dall'Eba e dalle regole di Basilea 3. E di sicuro sarebbe di grande aiuto soprattutto per le banche minori, quelle con maggiori difficoltà nel raccogliere nuovo capitale». C'è però il problema della legge sul risparmio, la 262-2005, che prevede l'esatto contrario, cioè la «nazionalizzazione» di Bankitalia. «Vero, infatti quella legge va modificata: è l'unico passaggio parlamentare necessario per avviare la ricapitalizzazione, l'unico reale problema da superare».

È questo il motivo per cui non si è mai fatta la rivalutazione?«Diciamo che quella della statalizzazione, più o meno strisciante, della Banca d'Italia era un'idea fissa di Giulio Tremonti che ha trovato terreno fertile nella fase politica ed economica della metà del decennio scorso. Ma ora siamo in un mondo completamente diverso».E com'è il clima politico e istituzionale per procedere in questa direzione? Cosa ne pensa il governo?«Il clima, nel Governo e nel Parlamento, a differenza del passato è oggi molto più positivo: il ministro Passera è favorevole; lo sono anche le banche e i loro grandi azionisti; il progetto è noto al governatore a cui lo abbiamo sottoposto. L'operazione si può fare subito. Anche perché sarebbe urgente dare ossigeno all'economia.

 

 

VITTORIO GRILLI GIURA DA NAPOLITANOVITTORIO GRILLI GIULIO TREMONTI GIULIO TREMONTI VITTORIO GRILLI BANCA ITALIAIGNAZIO VISCO

Ultimi Dagoreport

matteo renzi sergio mattarella elly schlein maurizio landini

DAGOREPORT – IL REFERENDUM ANTI JOBS-ACT PROMOSSO DALLA CGIL DI LANDINI, OLTRE A NON ENTUSIASMARE MATTARELLA, STA SPACCANDO IL PD DI ELLY SCHLEIN - NEL CASO CHE UNA DECINA DI MILIONI DI ITALIANI SI ESPRIMESSERO A FAVORE DELL’ABOLIZIONE DEL JOBS-ACT, PUR NON RIUSCENDO A RAGGIUNGERE IL QUORUM, LANDINI ASSUMEREBBE INEVITABILMENTE UN'INVESTITURA POLITICA DA LEADER DELL'OPPOSIZIONE ANTI-MELONI, EMARGINANDO SIA SCHLEIN CHE CONTE - E COME POTRANNO I RIFORMISTI DEM, I RENZIANI E AZIONE DI CALENDA VALUTARE ANCORA UN PATTO ELETTORALE CON UN PD "LANDINIZZATO", ALLEATO DEL POPULISMO 5STELLE DI CONTE E DE SINISTRISMO AVS DI BONELLI E FRATOIANNI? - A MILANO LA SCISSIONE DEL PD È GIÀ REALTÀ: I RIFORMISTI DEM HANNO APERTO UN CIRCOLO IN CITTÀ INSIEME A ITALIA VIVA E AZIONE. MA BONACCINI DIFENDE ELLY SCHLEIN

sergio mattarella giorgia meloni

DAGOREPORT - L'ARDUO COMPITO DI MATTARELLA: FARE DA ARBITRO ALLA POLITICA ITALIANA IN ASSENZA DI UN’OPPOSIZIONE - IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NON VUOLE SOSTITUIRSI A QUEGLI SCAPPATI DI CASA DI SCHLEIN E CONTE, NÉ INTENDE SCONTRARSI CON GIORGIA MELONI. ANZI, IL SUO OBIETTIVO È TENERE IL GOVERNO ITALIANO DALLA PARTE GIUSTA DELLA STORIA: SALDO IN EUROPA E CONTRO LE AUTOCRAZIE – IL PIANO DI SERGIONE PER SPINGERE LA PREMIER VERSO UNA DESTRA POPOLARE E LIBERALE, AGGANCIATA UN'EUROPA GUIDATA DA FRANCIA, GERMANIA E POLONIA E LONTANA DAL TRUMPISMO - LE APERTURE DI ''IO SONO GIORGIA" SUL 25 APRILE E AFD. MA IL SUO PERCORSO VERSO IL CENTRO E' TURBATO DALLL'ESTREMISMO DI SALVINI E DALLO ZOCCOLO DURO DI FDI GUIDATO DA FAZZOLARI...

francesco micheli

DAGOREPORT - IN UNA MILANO ASSEDIATA DAI BARBARI DI ROMA, SI CELEBRA LA FAVOLOSA CAPITALE DEGLI AFFARI CHE FU: IL CAPITALISMO CON IL CUORE A SINISTRA E IL PORTAFOGLIO GONFIO A DESTRA - A 87 ANNI, FRANCESCO MICHELI APRE, SIA PURE CON MANO VELLUTATA E SENZA LASCIARE IMPRONTE VISTOSE, IL CASSETTO DEI RICORDI: “IL CAPITALISTA RILUTTANTE” È IL DIARIO DI BORDO DELL’EX BUCANIERE DELLA FINANZA CHE, SALITO SULL’ALBERO PIÙ ALTO DEL VASCELLO, HA OSSERVATO I FONDALI OSCURI INCONTRATI NEL MARE MAGNUM INSIDIOSO DELL’ECONOMIA, SOMMERSA E SPESSO AFFONDATA - “IO E LEI APPARTENIAMO A ZOO DIVERSI”, FU IL VATICINIO DI CUCCIA – LUI, UNICO TESTIMOME A RACCOGLIERE LO SFOGO DI EUGENIO CEFIS SU QUEL “MATTO” DI CUCCIA CHE NEL GIORNO DELLE SUE CLAMOROSE DIMISSIONI DA MONTEDISON L’AVEVA ACCOLTO CON UN BEFFARDO: “DOTTORE, PENSAVO VOLESSE FARE UN COLPO DI STATO…”

romana liuzzo

DAGOREPORT! UN MOTO DI COMPRENSIONE PER I TELESPETTATORI DI CANALE5 CHE HANNO AVUTO LA SFORTUNA DI INTERCETTARE LA MESSA IN ONDA DELLO SPOT AUTO-CELEBRATIVO (EUFEMISMO) DEL PREMIO “GUIDO CARLI” - CONFUSI, SPIAZZATI, INCREDULI SI SARANNO CHIESTI: MA CHE CAZZO È ‘STA ROBA? - AGGHINDATA CON UN PEPLO IN STILE “VESTALE, OGNI SCHERZO VALE”, PIAZZATA IN UN REGNO BOTANICO DI CARTONE PRESSATO, IL “COMMENDATORE”  ROMANA LIUZZO REGALA 20 SECONDI DI SURREAL-KITSCH MAI VISTO DALL'OCCHIO UMANO: “LA FONDAZIONE GUIDO CARLI VI SARÀ SEMPRE ACCANTO PER COSTRUIRE INSIEME UN MONDO MIGLIORE”. MA CHI È, LA CARITAS? EMERGENCY? L'ESERCITO DELLA SALVEZZA? - VIDEO!

friedrich merz - elezioni in germania- foto lapresse -

DAGOREPORT – LA BOCCIATURA AL PRIMO VOTO DI FIDUCIA PER FRIEDRICH MERZ È UN SEGNALE CHE ARRIVA DAI SUOI "COLLEGHI" DI PARTITO: I 18 VOTI CHE SONO MANCATI ERANO DI UN GRUPPETTO DI PARLAMENTARI DELLA CDU. HANNO VOLUTO MANDARE UN “MESSAGGIO” AL CANCELLIERE DECISIONISTA, CHE HA STILATO UNA LISTA DI MINISTRI SENZA CONCORDARLA CON NESSUNO. ERA UN MODO PER RIDIMENSIONARE L’AMBIZIOSO LEADER. COME A DIRE: SENZA DI NOI NON VAI DA NESSUNA PARTE – DOMANI MERZ VOLA A PARIGI PER RIDARE SLANCIO ALL’ALLEANZA CON MACRON – IL POSSIBILE ANNUNCIO DI TRUMP SULLA CRISI RUSSO-UCRAINA