PIU’ GRILLI, MENO GRILLO! - MOLLANDO IL MINISTERO A GRILLI, MONTI GLI HA APPIOPPATO LA RESPONSABILITÀ DIRETTA DEI SETTORI PIÙ IMPOPOLARI: DALLE TASSE ALLA RAI, DALL’IMU AI TAGLI ALLA RICERCA - COSÌ IL PREMIER Può FARE IL PADRE DELLA PATRIA IN VISTA DI UN BIS, SE LE ELEZIONI VANNO COME IN GRECIA (CON GRANDE COALIZIONE), O PER IL QUIRINALE DOVE RE GIORGIO A MALINCUORE LASCIA: SPERAVA DI RESTARE MA DA PALERMO…

Marco Palombi per il "Fatto quotidiano"

Vittorio Grilli sale di un gradino e, da vice, diventa il nuovo ministro dell'Economia succedendo a Mario Monti, che aveva finora conservato l'interim. Il premier, comunque, si garantisce un controllo sull'operato del Tesoro attraverso il neonato Comitato per il coordinamento della politica economica e finanziaria di cui faranno parte, oltre al presidente del Consiglio, proprio Grilli, Corrado Passera e, di volta in volta, altri ministri interessati.

Dopo il giuramento al Quirinale, nel pomeriggio di ieri, il primo a congratularsi a mezzo stampa col neoministro è stato Silvio Berlusconi (fu il Cavaliere, o meglio Tremonti, a nominarlo Ragioniere generale dello Stato nel 2002), mentre il commissario Ue all'Economia Olli Rehn ha aspettato l'insediamento, in serata, per benedirne "il ruolo chiave nella gestione della crisi dell'Eurozona".

Si coronano così mesi di discrete pressioni del nostro per assurgere alla poltrona ministeriale, considerando da quella di vice una sorta di diminutio, pressioni a cui peraltro Monti aveva sempre resistito. Il punto è: perché proprio ora? La nomina, infatti, è arrivata piuttosto a sorpresa e persino alcuni ministri non ne erano stati messi al corrente. Gli ordini di motivi, sembra di capire, sono due: uno riguarda il funzionamento del governo, l'altro il ruolo che Mario Monti si va ritagliando.

Quanto al primo, Vittorio Grilli raccoglie i frutti del lavoro fatto in questi mesi accanto al premier in Italia e all'estero: "Con la situazione drammatica che c'è in Europa - spiega una fonte governativa - è normale che si vada verso una condizione di normalità nell'esecutivo: il presidente si concentrerà sul livello dei capi di governo e ai vertici tra ministri andrà Grilli". Al Tesoro, d'altronde, Monti s'è sempre fatto vedere pochissimo e la macchina è rimasta saldamente in mano al suo ex vice.

Niente di strano: ci lavora dagli anni Novanta, ne è tra i massimi dirigenti dal 2002, la sua esperienza e i suoi contatti interni hanno fatto la differenza specialmente in questo momento, quando cioè il nuovo direttore generale Vincenzo La Via - arrivato a fine marzo per espresso volere di Monti - non è ancora un vero contropotere. Grilli, in definitiva, è riuscito a far dimenticare in Europa - e forse anche al premier - il rapporto strettissimo con Giulio Tremonti che l'ha portato ai vertici di via XX settembre.

Non al Pd, però: "Siamo senza parole. Non riusciamo a capire perché Monti abbia ceduto alla richieste di Grilli: allora era meglio nominare direttamente Tremonti", spiega una fonte democratica che ‘segue' le vicende del Tesoro. Eppure il presidente del Consiglio s'era premurato di avvisare nella sera di martedì Bersani, Casini e Alfano, rassicurandoli sulla "natura esclusivamente tecnica e organizzativa" dell'avvicendamento. Niente da fare, la mossa non ha convinto l'ala sinistra della strana maggioranza.

Nel palazzo, peraltro, circola una versione del tutto diversa delle intenzioni dell'ex preside della Bocconi. Lasciando il Tesoro, infatti, Monti lascia pure la parte più fastidiosa - a livello di immagine - dell'attività di governo: da Equitalia alle beghe sulla Rai, dall'Imu ai tagli alla ricerca e via dicendo. Il professore dei professori potrà così ritagliarsi, in vista dei mesi di feroce campagna elettorale che ci separano dalle politiche del 2013, un ruolo più istituzionale, tutto strette di mano coi potenti della terra e conferenze stampa con abbondante uso d'inglese.

Il suo obiettivo, però, non è certo rimanere a palazzo Chigi: l'anno abbondante che ci passerà gli basta e gli avanza, né il nostro è tipo da sottoporsi alla prova delle elezioni. Niente di nuovo, l'ha detto cento volte, l'ultima martedì: "Io di nuovo a capo del governo? Lo escludo". C'è un'altra poltrona, però, che si libererà nel primo semestre dell'anno prossimo e pare più adeguata per le disposizioni di spirito del professore. Ci si riferisce a quella di presidente della Repubblica che l'attuale inquilino del Quirinale, dicono, lascerebbe molto volentieri all'uomo che lui stesso ha portato a Roma e innalzato ai vertici del governo. Tutto perfetto, tranne forse il fatto che l'elezione del capo dello Stato funziona come un conclave: chi entra Papa, esce cardinale.

 

VITTORIO GRILLI GIURA DA NAPOLITANOVITTORIO GRILLI ELSA FORNERO MARIO MONTI CORRADO PASSERA GIULIO TREMONTI GRILLI MONTI

Ultimi Dagoreport

tommaso labate mario giordano

DAGOREPORT - VA AVANTI IL PROGETTO DI PIER SILVIO BERLUSCONI DI “RIEQUILIBRARE” POLITICAMENTE LE RETI MEDIASET (TROPPO SOVRANISMO FA MALE ALL'AUDIENCE): L'ULTIMO ARRIVATO E' L’ACERBO TOMMASO LABATE, IN ODORE DI SINISTRA DEM, A CUI È STATO AFFIDATA LA PRIMA SERATA DEL MERCOLEDÌ - LA SUA SCELTA HA FATTO INVIPERIRE MARIO GIORDANO, SBATTUTO ALLA DOMENICA SERA CON IL SUO “FUORI DAL CORO”. E, GUARDA CASO, GIORDANO È DIVENTATO IMPROVVISAMENTE OSTILE AL GOVERNO MELONI: “NON STA DANDO LE RISPOSTE CHE SI ASPETTAVANO GLI ITALIANI, SEMBRA UN GOVERNO MELONI-FORLANI”

antonio tajani pier silvio marina berlusconi forza italia

DAGOREPORT: CHE CE FAMO CON FORZA ITALIA? È IL DUBBIO CHE ASSILLA I FRATELLI BERLUSCONI: MOLLARE AL SUO DESTINO IL PARTITO FONDATO DA "PAPI" O NE CAMBIAMO I CONNOTATI, A PARTIRE DAL "MAGGIORDOMO" DI CASA MELONI, ANTONIO TAJANI? -CON PIER SILVIO CHE SCALPITA PER SCENDERE IN POLITICA ALLE POLITICHE 2027, I DUE FRATELLI HANNO COMMISSIONATO UN SONDAGGIO SUL BRAND BERLUSCONI IN CHIAVE ELETTORALE. RISULTATO: L’8% DEI CONSENSI DI CUI È ACCREDITATO IL PARTITO, LA METÀ, CIOÈ IL 4%, È RICONDUCIBILE AL RICORDO DI SILVIO BERLUSCONI - ALTRO DATO: SE SCENDESSE IN CAMPO “UN” BERLUSCONI, I CONSENSI DI FORZA ITALIA CRESCEREBBERO FINO QUASI A RADDOPPIARSI - QUEL CHE COLPISCE È CHE IL PARTITO RACCOGLIEREBBE PIÙ VOTI CON PIER SILVIO LEADER DI QUANTI NE CONQUISTEREBBE CON MARINA - (SE SCENDE IN CAMPO, O PIER SILVIO PRENDERA' PIU' VOTI DI MELONI, STRAPPANDOLI A FDI E LEGA, E FARA' IL PREMIER OPPURE LO VEDREMO CHE PRENDERA' ORDINI DALLA DUCETTA...)

orazio schillaci gemmato meloni ministero salute

DAGOREPORT – ALLA SALUTE DI GIORGIA! IL FEDELISSIMO DELLA MELONI, IL SOTTOSEGRETARIO MARCELLO GEMMATO, È DESTINATO A ESSERE PROMOSSO A VICEMINISTRO DELLA SALUTE – MA A FRENARE LA SUA NOMINA È IL MINISTRO ORAZIO SCHILLACI, CHE NUTRE DUBBI SUL POSSIBILE CONFLITTO D’INTERESSI DEL SOTTOSEGRETARIO, TITOLARE DI UNA FARMACIA IN PUGLIA – BASTA VEDERE IL PROVVEDIMENTO CHE HA FATTO FELICI I FARMACISTI: ORA POSSONO VENDERE CON RICCHI MARGINI DI GUADAGNO UNA SERIE DI FARMACI CHE PRIMA ERANO NELLA CATEGORIA “ASSISTENZA DIRETTA” ED ERANO DISTRIBUITI DAGLI OSPEDALI – LA DUCETTA HA CAPITO CHE ANCHE MATTARELLA POTREBBE STORCERE IL NASO DAVANTI ALLA NOMINA DI GEMMATO, E PER ORA PRENDE TEMPO…

beppe sala manfredi catella giancarlo tancredi stefano boeri

MILANO TREMA: L’INCHIESTA SU “PALAZZOPOLI” POTREBBE INGROSSARSI – NELLA CAPITALE A-MORALE DEL PAESE, IMPRENDITORI, POLITICI E BUSINESSMAN SONO AMMUTOLITI E TERRORIZZATI DALLE POSSIBILI INDAGINI – SE IL GIP, DOPO GLI INTERROGATORI DI OGGI, DOVESSE CONFERMARE LE MISURE CAUTELARI RICHIESTE DALLA PROCURA, L’INCHIESTA TROVEREBBE NUOVO VIGORE, E LO SCANDALO ESPLODEREBBE IN MODO ANCORA PIÙ DECISO. A QUEL PUNTO IN TANTI, DI FRONTE AL RISCHIO DI FINIRE INDAGATI E INGUAIATI, POTREBBERO INIZIARE A PARLARE…

luigi lovaglio giorgia meloni giancarlo giorgetti alberto nagel milleri caltagirone

FLASH! – ENTRO LA FINE DI LUGLIO, AL MASSIMO ENTRO L’8 SETTEMBRE, ARRIVERÀ IL VERDETTO DELLA PROCURA DI MILANO SULL’OPERAZIONE CHE HA PORTATO BPM, ANIMA SGR, LA DELFIN DELLA FAMIGLIA DEL VECCHIO E CALTAGIRONE AD ACQUISTARE IL 15% DI AZIONI MPS ATTRAVERSO BANCA AKROS, MERCHANT BANK DEL BPM SU SPECIFICO MANDATO DEL MINISTERO DEL TESORO DI GIORGETTI – UN VERDETTO CONTRO L’OPERAZIONE MPS È RIMASTO L’ULTIMA SPERANZA PER MEDIOBANCA E GENERALI DI NON FINIRE NELLE FAUCI DI CALTARICCONE…