NELL’ERA DELLE SCAPEZZOLATE FEMEN SCOPPIA LA GUERRA ALLE TETTE! IL TABLOID “SUN” SOTTO ACCUSA PER FEMMINICIDIO DI CARTA

Claudio Gallo per "La Stampa.it"

Nel magazzino inconscio degli affezionati lettori del «Sun» saranno accatastate milioni di tette, di tutte le forme e colori, appese a giovani bellezze levigate dalla gioventù e (nel caso) da photoshop, come quelle che spuntano quotidianamente dalla terza pagina del tabloid di Murdoch.

Lucy-Anne s'era trovata il «Sun» tra le mani nel giorno della vittoria olimpica della Ennis nell'eptathlon. A pagina 3 c'era un servizio sulla prodigiosa Jessica. Finalmente, pensò Lucy, parlano di una donna per quel che vale, con le tette avranno chiuso. Ma la solita modella popputa in slip l'aspettava a pagina 13. «L'immagine mi riportò fuori dalla bolla egualitaria in cui mi ero illusa di essere».

In quel momento Lucy-Anne Holmes, attrice e scrittrice, 36 anni, decise di fare qualcosa. Oggi la campagna che lei ha lanciato un anno fa con lo slogan «Dominic Mohan togli le tette nude dal Sun» ha raccolto quasi 90 mila adesioni. Lo stesso Big Boss Rupert Murdoch ha dovuto risponderle su Twitter e ieri, poi, si è unita la Girlguiding, l'associazione scoutistica femminile, con le sue 500 mila iscritte.

Lucy parla sbirciando lo schermo del suo Mac al bar in cima alla libreria Waterstone's, a Piccadilly: «Ma quale moralismo - dice - ogni giorno leggiamo di violenze sessuali contro le donne, perché allora martellare la gente con immagini di donne il cui scopo primario è il piacere sessuale degli uomini? Non possiamo essere altro noi donne?».

Era questo il tenore della lettera che Lucy-Anne scrisse nei giorni dell'Olimpiade a Dominic Mohan, il direttore del giornale. La risposta non arrivò, ma in seguito Mohan giustificò davanti alla commissione Leveson sugli eccessi dei media le foto in topless come un'esaltazione della bellezza e della gioventù, «un'innocua istituzione britannica».

Come già successo alla decana del Labour duro e puro Claire Short che aveva avviato anni fa una campagna simile, ora la scrittrice è nel mirino della macchina del fango dei tabloid. Senza contare gli insulti e le minacce su Twitter. La cosa più gentile che insinuano è che sia gelosa della bellezza delle modelle.

«Bella roba - dice Lucy - immaginate se a pagina 3 mettessero un bello scroto maschile. Giovane, grosso e glabro scroto. E se un padre se ne uscisse e dicesse: ho dei figli giovani, quando vanno per strada gli afferrano le palle e gli dicono, fatecele vedere. E a loro non piace per niente. Hanno dei grandi problemi di auto-stima. Per cortesia, non si potrebbe smettere con gli scroti a pagina 3? E se a questo punto si alzasse una donna: "In realtà lo dici perché sei geloso". Sarebbe ridicolo, non le pare?».

Lucy-Anne racconta che la petizione è firmata non soltanto da moltissime donne ma anche da molti uomini. «È incredibile pensare che di solito neppure i direttori amano pagina 3, se ne vergognano pure un po'. E poi, sa una cosa? Molti giornalisti dubitano che serva ad attirare più lettori».

Un paio di mesi fa, quando la campagna lanciò una giornata su Twitter a Rupert Murdoch, in risposta al Tweet: «Seriamente, la pagina 3 è superata, così secolo scorso», lui ha scritto: «Potreste aver ragione. Non so ma ci penso. Forse una cosa a metà strada con qualche stilista alla moda».

Ieri a pagina 17 del «Sun» (a pagina 3 per una volta c'era la Thatcher) occhieggiava Rosie, 21 anni, vestita di un essenziale slip rosso. Se comprate la versione online potrete vederla a 360 gradi. Il tabloid rilancia con il lato B?

2 - SOTTO IL TOPLESS, GLI SCANDALI VERI
Vittorio Sabadin per "la Stampa"

Il «Sun» pubblicò il primo topless in terza pagina il 17 novembre del 1970. Il seno nudo era quello di Stephanie Rahn, una prosperosa ragazza di origine tedesca della quale non si conoscono altri meriti. Ma non l'avrebbe mai fatto se il suo principale concorrente, il «Daily Mirror», non avesse da pochi giorni cominciato a pubblicare foto di ragazze in bikini, con la scusa di mostrare la nuova moda dei costumi da bagno.

A Londra la guerra fra i giornali è una cosa seria, e se qualcuno ha una idea che funziona bisogna copiarla, ma più in grande. Il «Daily» si era inventato una striscia di fumetti chiamata Garth e il «Sun» replicò con una striscia chiamata Scarth, aggiungendone un'altra sulle vicende di una coppia, disegnata quasi sempre con pochissimi indumenti addosso.

Il «Daily» aveva una rubrica delle lettere che si chiamava Lively Letters? Il «Sun» rispondeva subito con Liveliest Letters. Il passaggio al topless quotidiano in terza pagina fu un colpo basso in questa guerra e un piccolo choc per l'Inghilterra, che resta, fuori dalla privacy della propria camera da letto, un Paese di puritani. Ma le proteste in Parlamento e le manifestazioni delle femministe contro la violazione della dignità delle donne non servirono a niente: le ragazze facevano la fila per farsi fotografare a seno nudo e i lettori aumentavano. Il proprietario del giornale, Rupert Murdoch, ha un'idea precisa sui quotidiani di qualità: per lui sono quelli che vendono di più.

Due milioni di copie del «Sun» distribuite al giorno sembrerebbero dargli ragione, soprattutto tenendo conto del fatto che il 45% dei lettori sono donne, per nulla disturbate dall'esibizione di quanto si può vedere senza scandalo d'estate in ogni spiaggia. Le ragioni per le quali bisognerebbe prendersela con il «Sun» sono ben altre, e più serie.

La vergognosa inosservanza dei principi etici del giornalismo, i titoli sensazionalistici basati sul nulla, le foto contraffatte, le storie inventate, la corruzione di funzionari di polizia, la violazione continua della privacy e della dignità delle vittime di fatti di cronaca, la perversa insistenza sulle inclinazioni sessuali dei personaggi dello spettacolo.

Fare una campagna contro il «Sun» per il topless in terza pagina equivale a nascondere il vero problema di quel giornale, anche perché un seno nudo non fa da tempo più scandalo. E poi, che cosa si dovrebbe dire alle Femen che compaiono in topless un po' dovunque? Anche loro, tutto sommato, usano il seno nudo per «vendere» qualche copia in più dei loro volantini di protesta.

 

 

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