GUERRA FREDDA O PACE CALDA? IL FINTO ACCORDO OBAMA-PUTIN E LE GIUSTIFICAZIONI DEGLI USA ALL’EUROPA

Maurizio Molinari per "La Stampa"

Barack Obama trova una prima convergenza con Vladimir Putin sulla gestione del caso di Edward Snowden e rassicura gli europei sullo spionaggio fra alleati: «Gli daremo tutte le informazioni che vogliono».

Braccato dalle incessanti rivelazioni del Datagate durante il viaggio africano, il presidente americano sceglie di parlarne durante l'ultima tappa in Tanzania. Poche ore prima Putin ha chiarito la posizione di Mosca: «La Russia non ha mai consegnato nessuno e non lo farà adesso, se Snowden decide di andare in un luogo dove lo accettano può farlo quando vuole, ma se resta deve cessare di infliggere danni ai nostri partner americani, per quanto strane queste mie parole vi possano sembrare».

Fonti ufficiali russe aggiungono: «I presidenti Obama e Putin hanno concordato di assegnare ai rispettivi servizi di intelligence, Fbi e Fsb, la composizione del caso» inerente all'ex analista dell'intelligence che è fuggito dalle Hawaii divulgando i segreti della sorveglianza elettronica degli Stati Uniti.

Quando a Dar es Salaam i reporter al seguito chiedono a Obama di esprimersi sull'«accordo con Putin», la risposta è: «Posso confermarlo, vi sono state discussioni ad alto livello con i russi per cercare una soluzione al problema e siamo fiduciosi che, pur nell'assenza di un trattato di estradizione, il governo russo deciderà sulla base delle normali procedure internazionali, tenendo presente che Snowden è giunto a Mosca senza un valido passaporto».

Ciò significa che Mosca e Washington hanno raggiunto l'intesa di lavorare assieme per disinnescare il caso Snowden anche se l'esito non è ancora chiaro perché Putin ribadisce che «la Russia non consegna nessuno» e Obama chiede la consegna dell'ex analista della Nsa in ragione del fatto che non possiede un passaporto valido.

La conseguenza è il restringersi dello spazio di manovra di Snowden che reagisce compiendo quella che viene definita da alcuni funzionari moscoviti al «New York Times» una «mossa disperata»: presenta una richiesta di asilo a 15 diverse nazioni, inclusa la Russia. È Sarah Harrison, la militante di Wikileaks che lo ha accompagnato in aereo da Hong Kong, a consegnare le lettere ai rappresentanti consolari in un'area dell'aeroporto di Mosca diversa da quella di transito dove si trova Snowden.

Dmitri Peskov, portavoce di Putin, dice che «se riceveremo la richiesta di asilo la considereremo» con un linguaggio di apparente apertura ma l'impressione è che il Cremlino voglia tenere aperte tutte le strade in una partita nella quale ha più carte da giocare.

L'altro fronte della Casa Bianca sono gli europei infuriati per le rivelazioni di Snowden a «Der Spiegel» e «Guardian» sullo spionaggio della National Security Agency a danno degli alleati. «Gli europei sono alcuni degli alleati più importanti che abbiamo nel mondo - esordisce Obama - lavoriamo assieme su tutto, condividiamo l'intelligence in continuazione e la nostra prima preoccupazione sono le minacce alla sicurezza per le nostre nazioni».

Riguardo allo spionaggio fra alleati aggiunge: «Ogni servizio di intelligence, non solo il nostro ma quelli europei o asiatici, tenta di comprendere meglio il mondo da fonti non accessibili attraverso i media». Come dire, ascoltarsi è una pratica comune: «Vi posso garantire che nelle capitali europee ci sono persone interessate se non a cosa mangio a colazione certamente a cosa ho in animo di dire ai loro leader, è così che l'intelligence funziona».

Obama dunque assicura che «daremo ai nostri alleati tutte le informazioni che vogliono» ma tiene a precisare che l'importante è il rapporto di alleanza fra Usa ed Europa: «In ultima istanza sono io ad adoperare le informazioni di intelligence raccolte e se voglio chiamare la cancelliera Merkel, il presidente Hollande e il premier Cameron lo faccio perché ci scambiamo praticamente tutte le informazioni che abbiamo».

 

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