QUESTIONI DI PASSERA - “QUALE CONFLITTO DI INTERESSI? IO FACCIO SOLO IL MINISTRO”. PECCATO CHE COME MINISTRO DOVRÀ DECIDERE LA VENDITA DI ALITALIA AD AIR FRANCE, DOPO CHE SABELLI HA LANCIATO L’ALLARME: “NON ARRIVEREMO AL BREAK EVEN”. LA STESSA ALITALIA CHE LUI HA CREATO, COL FARDELLO AIRONE E LA BAD COMPANY A SPESE DEI CONTRIBUENTI, CHE EBBE UN SOLO VINCITORE: BANCA INTESA - PER NON PARLARE DELLE POSTE E DI QUELLA RIFORMA AD HOC, O DELLA CONDANNA PER FALSO IN BILANCIO (POI DEPENALIZZATO) AI TEMPI DELLA OLIVETTI DI DE BENEDETTI…

1 - SONO AFFARI DI PASSERA - IL MINISTRO NON RISPONDE SUI CONFLITTI DI INTERESSE LEGATI A BANCA INTESA. EPPURE SONO TANTI
Vittorio Malagutti per "il Fatto quotidiano"

Conflitto d'interessi? Quale conflitto d'interessi? "Io faccio solo il ministro e non ho niente a che fare con altro". Parola di Corrado Passera, la superstar del nuovo governo Monti che ieri ha liquidato così il suo ingombrante passato da banchiere. "Vedrete con i fatti", ha promesso l'ex numero uno di Intesa. Discorso chiuso, quindi. Se ne riparla, forse, quando Passera avrà preso qualche provvedimento. L'indipendenza del nuovo ministro dello Sviluppo economico - par di capire - andrebbe valutata solo sui fatti concreti. Questa almeno è la posizione del diretto interessato.

Questione di opinioni, certo. Ma anche di comportamenti concreti. Prendiamo Mario Draghi, che pochi giorni fa ha traslocato dalla poltrona di governatore di Bankitalia a quella di presidente della Bce a Franco-forte. Nel gennaio del 2006, quando Draghi prese il posto di Antonio Fazio in via Nazionale, più di un commentatore fece notare il potenziale conflitto d'interessi del neogovernatore, che dopo aver speso dieci anni come direttore generale del Tesoro a partire dal 2001 si era accasato alla Goldman Sachs, vera superpotenza a stelle e strisce della finanza internazionale.

Appena insediato nel nuovo incarico in Bankitalia, Draghi fece sapere con un comunicato di poche righe che "per il periodo di un anno" si sarebbe astenuto "da decisioni concernenti direttamente Goldman Sachs ovvero istituzioni per cui Goldman Sachs agisce o agirà da advisor". Di più: trascorsi dodici mesi dalla nomina, Draghi promise di astenersi sui provvedimenti "in merito a operazioni in cui Goldman Sachs era stata coinvolta o direttamente o in qualità di advisor" quando il nuovo governatore lavorava per la banca d'affari. Insomma, cinque anni fa Draghi prese il problema di petto e preferì autoescludersi da ogni decisione che avesse anche lontanamente a che fare con il suo vecchio datore di lavoro.

Va detto che se Passera decidesse di fare la stessa cosa potrebbe correre il rischio di diventare un ministro nullafacente. Non potrebbe occuparsi di aerei perchè Intesa ha di fatto creato la nuova Alitalia. Dovrebbe starsene zitto a proposito di treni perchè come banchiere ha finanziato i nuovi treni superveloci targati Ntv, cioè Montezemolo e Della Valle. Men che mai Passera potrebbe controfirmare atti riguardanti Telecom Italia di cui Intesa è azionista importante. L'elenco potrebbe continuare a lungo, tali e tante sono le società a cui è legata la banca guidata fino a due giorni fa dal ministro.

Insomma, Draghi per primo aveva individuato il problema di un potenziale conflitto d'interessi e lo aveva dribblato con l'astensione. Passera però non può permettersi di imitare l'ex governatore, altrimenti resterebbe disoccupato, e allora chiede di essere giudicato sui fatti concreti. A proposito di fatti concreti si potrebbe per esempio cominciare dai suoi precedenti incarichi. E allora si fanno scoperte interessanti, notizie piuttosto trascurate dalle ampie agiografie circolate in questi giorni. E' noto per esempio che Passera nel 1998 è approdato alla guida delle Poste.

Il manager bocconiano arrivava dall'esperienza di due anni alla guida del Banco Ambroveneto (destinato a trasformarsi in Intesa) e prima ancora dalla lunga militanza nel gruppo De Benedetti. Quest'ultima parentesi si era chiusa nel 1996 in modo piuttosto turbolento, con l'Olivetti che colava a picco in Borsa, e gli costò anche una condanna (patteggiata) a 51 milioni di lire (25 mila euro) per un episodio di falso in bilancio.

Una pena poi revocata nel 2003 perchè dopo la riforma berlusconiana quel falso in bilancio non era più un reato. Alle Poste invece Passera trasformò il vecchio carozzone pubblico in un'azienda con bilanci in utile. Alcuni studiosi della materia non hanno però mancato di rilevare che il nuovo amministratore riuscì ad avvantaggiarsi di una riforma del servizio postale che allargava l'area delle attività riservate per legge all'azienda pubblica. In pratica il monopolio fu allargato fino al massimo consentito dalla normativa europea.

La riforma fu salutata con grande favore da Passera. Il quale, lasciate le Poste e approdato a Intesa, tornò a caldeggiare un monopolio cucito su misura per lui. Nel 2008 il banchiere si fece in quattro per far passare un altro provvedimento come la cosiddetta legge salva Alitalia. Una legge studiata apposta per consentire a Intesa e alla cordata degli imprenditori patrioti di portare a termine con successo il salvataggio della ex compagnia di bandiera. Tra le norme varate in Parlamento nell'estate 2008 dalla maggioranza di centrodestra c'era anche quella che di fatto sospendeva i poteri dell'Antitrust sulla nuova Alitalia.

In questo modo la compagnia finanziata da Intesa ha potuto assorbire AirOne di Carlo Toto conquistando il monopolio della rotta Milano Linate - Roma Fiumicino senza subire conseguenze di sorta. Vale la pena ricordare che questa tratta è di gran lunga la più frequentata e redditizia di tutto il mercato nazionale. Una tratta ora gestita in regime di monopolio dalla nuova Alitalia. Grazie a Berlusconi. E a Passera. Il quale da ministro diventerà di sicuro un campione delle liberalizzazioni. Ma questo è un altro discorso, direbbe il banchiere. Pardon, ministro.


2 - ALITALIA, ADDIO AL BREAK EVEN ORA LA GRANA TORNA A PASSERA
Francesco Nati per Finanza&Mercati

Il dossier Alitalia torna come un boomerang nella mani di Corrado Passera. L'ex banchiere potrebbe infatti essere costretto - questa volta nelle vesti di ministro dei Trasporti - ad occuparsi di nuovo delle sorti della compagnia di bandiera che, nonostante l'operazione di salvataggio da lui orchestrata nel 2008, sembra destinata a finire nelle braccia di Air France. L'emergenza, per la verità mai superata, è tornata a farsi sentire ieri con le dichiarazioni di Rocco Sabelli. «La caduta del traffico business, con un -10% a settembre e punte del 30-50% tra ottobre e dicembre, frena le previsioni economiche di Alitalia per fine anno, rendendo più difficile centrare il break even.

E, in prospettiva, anche quelle per il 2012», ha annunciato l'amministratore delegato della compagnia. Un dietrofront che, dopo i ripetuti annunci di pareggio lanciati dal management in corso d'anno, ha tutto il sapore di un de profundis. «Noi ci siamo portati in buona posizione nei primi nove mesi - ha spiegato il top manager - e adesso abbiamo questo quarto trimestre veramente pesante e difficile. C'è sicuramente un impatto della crisi dell'economia reale, del Pil che cresce a livelli molto modesti o addirittura non cresce. Tutto ciò - ha continuato Sabelli - rende più difficile cogliere il pareggio di bilancio a fine anno, ma soprattutto pone degli interrogativi nel 2012».

L'ad ha spiegato poi che «da metà settembre, con un'accentuazione a ottobre e con le prenotazioni di novembre e dicembre, abbiamo un buon flusso di passeggeri, come volumi siamo in linea con i nostri trend. Sfortunatamente da metà settembre si è fermata l'industria italiana. Le prime 50 industrie hanno bruscamente frenato, con un calo del traffico su Alitalia a settembre del 10 per cento rispetto allo stesso mese del 2010». E la frenata, ha proseguito, si sta accentuando. «Speriamo che ci sia una reazione emotiva e psicologica, che non sia un dato strutturale ma solo transitorio. Vedremo se la discontinuità di governo apporterà una reazione positiva in termini di credibilità sui mercati finanziari. Lo speriamo tutti».

Di fatto, l'ennesima marcia indietro sull'obiettivo del pareggio, e ancor più le grosse incognite sul prossimo biennio tirano per la giacca Passera. La vendita della società ai francesi sembra rimasta l'unica rotta possibile. E il neominisro dei Trasporti non è certamente in una posizione facile per il ruolo avuto tre anni fa, quando con Intesa Sanpaolo fu il coordinatore dell'operazione che portò la compagnia nella mani della cosiddetta cordata italiana. La questione è delicata, e sull'ipotesi di una cessione a Parigi, nemmeno una parola.

Sabelli si è invece limitato a commentare il recente cambio alla guida di Air France, con l'avvicendamento tra Pierre-Henri Gourgeon e Jean-Cyril Spinetta, dicendosi «un po' sorpreso» ma sottolineando che «Spinetta è stato, è e sarà, il più convinto sostenitore dell'alleanza con Alitalia. Nulla cambia dal punto di vista dei processi di integrazione industriale tra le due compagnie». Infine il manager ha concluso manifestando la sua preoccupazione per il blocco degli investimenti deciso da Adr a Fiumicino in attesa dell'adeguamento tariffario: «Solo l'alleanza Skyteam, che vale il 55-60% del traffico dello scalo romano, saturerà la capacità di Fiumicino in capo a due anni».

 

Corrado Passera in Senato CARLO CARACCIOLO CARLO DE BENEDETTI E CORRADO PASSERAPASSERA POSTINOMARIO DRAGHI carlo toto03 lapAlitaliaROCCO SABELLI COLANINNO SPINETTA

Ultimi Dagoreport

francesco saverio garofani sergio mattarella giorgia meloni maurizio belpietro

DAGOREPORT - MA QUALE “COMPLOTTO DEL QUIRINALE CONTRO GIORGIA MELONI”! DIETRO ALLA DIFFUSIONE DELLE PAROLE DI FRANCESCO SAVERIO GAROFANI ALLA “VERITÀ” DI BELPIETRO C'E' UNA “GOLA PROFONDA” UN PO’ PASTICCIONA, CHE SI E' FATTA SGAMARE IN MEZZA GIORNATA - DAGOSPIA È IN GRADO DI AGGIUNGERE ALCUNI DETTAGLI SULLA CENA DI GIOVEDÌ 13 NOVEMBRE ALLA TERRAZZA BORROMINI. A TAVOLA C’ERANO SEDICI PERSONE: OLTRE ALL’ORGANIZZATORE, LUCA DI BARTOLOMEI E A FRANCESCO GAROFANI, C’ERANO MANAGER, CONSULENTI, UN AD DI UNA BANCA, DUE CRONISTI SPORTIVI E…UN GIORNALISTA CHE IN PASSATO HA LAVORATO IN UN QUOTIDIANO DI DESTRA, GIA' DIRETTO DA BELPIETRO. SARÀ UN CASO CHE LA MAIL A FIRMA “MARIO ROSSI”, DA CUI È NATO LO “SCANDALO”, SIA STATA INVIATA ANCHE AL MELONIANO "IL GIORNALE" (CHE PERO' L'HA IGNORATA)? - IL CONTESTO ERA CONVIVIALE, SI PARLAVA DI CALCIO E DEL PD, MA GAROFANI NON HA MAI PRONUNCIATO LA PAROLA “SCOSSONE”, CHE INFATTI NELLA MAIL ORIGINALE NON C’È - L’AUDIO? ANCHE SE CI FOSSE, BELPIETRO NON POTREBBE PUBBLICARLO PERCHÉ SAREBBE STATO CARPITO ILLEGALMENTE...

maurizio belpietro giorgia meloni la verita

DAGOREPORT - IL GIOCO DI PRESTIGIO DI MAURIZIO BELPIETRO: LO "SCOOP" SUL PRESUNTO “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È BASATO SULLE PAROLE “PROVVIDENZIALE SCOSSONE”, CHE IL CONSIGLIERE DEL COLLE, FRANCESCO SAVERIO GAROFANI, AVREBBE PRONUNCIATO ALLA CENA DOPO L’EVENTO IN RICORDO DI AGOSTINO DI BARTOLOMEI. MA NELLA MAIL ANONIMA CHE SEGNALA LA VICENDA A "LA VERITA'" QUELLE DUE PAROLE NON SONO VIRGOLETTATE: SEMBRANO ESSERE UN RAGIONAMENTO DELL’AUTORE, IL MISTERIOSO "MARIO ROSSI" – “LINKIESTA”: “PER CAPIRE COSA PENSI MELONI BISOGNA LEGGERE ‘LA VERITÀ’, ESATTAMENTE COME PER CAPIRE COSA PENSI GIUSEPPE CONTE BISOGNA LEGGERE ‘IL FATTO’. QUANTI SI BEVONO OGGI LA FAVOLA DELLA SVOLTA ATLANTISTA ED EUROPEISTA DI MELONI, FAREBBERO BENE A LEGGERE ‘LA VERITÀ’, SMACCATAMENTE FILO-PUTINIANO, NO VAX E NO EURO. LA VERITÀ DEL GOVERNO MELONI STA LÌ”

tommaso cerno antonio giampaolo angelucci alessandro sallusti il giornale

FLASH! – COME PREVISTO, ANTONIO E GIAMPAOLO ANGELUCCI HANNO DECISO CHE, A PARTIRE DAL PRIMO DICEMBRE, AVVERRÀ IL CAMBIO DI DIREZIONE DE “IL GIORNALE” CON L’ARRIVO DI TOMMASO CERNO CHE, A SUA VOLTA, VERRÀ RIMPIAZZATO A “IL TEMPO” DA DANIELE CAPEZZONE – MALGRADO LA PROPOSTA DI ANDARE ALLA DIREZIONE EDITORIALE DE “IL GIORNALE”, AL POSTO DI VITTORIO FELTRI, CHE PASSEREBBE A QUELLA DI “LIBERO”, ALESSANDRO SALLUSTI NON L’HA PRESA BENE: IL BIOGRAFO DI GIORGIA MELONI LO CONSIDERA UNA DIMINUTIO PER IL SUO PRESTIGIO E MIREREBBE A DARE VITA A UN PROGETTO MEDIATICO CON NICOLA PORRO…

maurizio belpietro giorgia meloni francesco saverio garofani

A CIASCUNO LA SUA “VERITÀ” - L’ARTICOLO PUBBLICATO DAL QUOTIDIANO DI BELPIETRO SUL "PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” È PRATICAMENTE IDENTICO ALLA MAIL RICEVUTA DA MOLTI ALTRI QUOTIDIANI, DA UN ANONIMO CHE SI FIRMAVA "MARIO ROSSI", CHE HANNO DECISO DI IGNORARE LA VICENDA PERCHÉ NON VERIFICABILE - PERCHE' BELPIETRO HA DECISO DI DARE SPAZIO E RISALTO A UNA STORIA COSI' AMBIGUA? HA IN MANO ANCHE UN AUDIO O CI SONO ALTRE RAGIONI? DI CERTO, L'EX ALLIEVO DI VITTORIO FELTRI È UN PO' IN DIFFICOLTÀ: LE COPIE VENDUTE DAL SUO GIORNALE CALANO E "LA VERITÀ" STA DIVENTANDO POST-VERITÀ, CON LO SPAZIO CONCESSO A COMPLOTTISTI, NO VAX E PUTINIANI - FORSE CREARE UN PO’ DI CACIARA CON IL GAROFANI-GATE SERVE A RIPORTARE IL QUOTIDIANO SOTTO I RIFLETTORI - DI SICURO HA FATTO UN FAVORE A GIORGIA MELONI. DEL RESTO, FU LEI NEL 2023 A OPPORSI ALLA VENDITA DEL GIORNALE AD ANGELUCCI, E A TROVARE IN FEDERICO VECCHIONI, AD DI "BONIFICHE FERRARESI" E CARO A LOLLOBRIGIDA, IL "SALVATORE" PRONTO A RILEVARE IL 25% DELLA SOCIETA' EDITRICE BY BELPIETRO - DA ALLORA FIOCCANO INSERZIONI DELLE PARTECIPATE E PEZZI PRO-GIORGIA...

matteo salvini giorgia meloni donald trump vladimir putin sergio mattarella

DAGOREPORT - COME MAI GLI ARTICOLI DELLA “VERITÀ” SUL “PIANO DEL QUIRINALE PER FERMARE LA MELONI” ARRIVANO IL GIORNO DOPO LA RIUNIONE DEL CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA, DI CUI GAROFANI È SEGRETARIO, IN CUI SI È RIBADITA LA LINEA DI “PIENO SOSTEGNO ITALIANO ALL’UCRAINA”? - LA LINEA PRO-KIEV DI GIORGIA MELONI SI E' AFFIEVOLITA DA TEMPO (HA MESSO IN “PAUSA” L'ADESIONE DELL'ITALIA AL PIANO PURL PER LE ARMI USA A KIEV) E SALVINI E' IL SOLITO "FIGLIO DI PUTIN" CHE SI OPPONE A OGNI SOSTEGNO A ZELENSKY - NON SOLO: MATTARELLA, ORMAI DA ANNI, INFIOCINA I SOVRANISMI DI MEZZO MONDO, HA PIU' VOLTE CRITICATO TRUMP, PUTIN, ORBAN, NETANYAHU E AFD (GUARDA CASO TUTTI AMICI DI MELONI E SALVINI) - SE L'AUDIO DI GAROFANI ESISTE, E CERTIFICA UN "COMPLOTTO" E NON UN SEMPLICE RAGIONAMENTO POLITICO, PERCHÉ BELPIETRO NON LO PUBBLICA? IL COLLOQUIO DELL'EX DEPUTATO DEL PD È STATO CARPITO AL RISTORANTE IN UNA "CHIACCHERATA TRA AMICI". SE ESISTE L'AUDIO, CHI LO HA REGISTRATO? UN AMICO? UN PRIVATO CITTADINO CHE HA RICONOSCIUTO GAROFANI, NONOSTANTE FOSSE UN VOLTO POCO NOTO? O IL CONSIGLIERE DI MATTARELLA ERA "ATTENZIONATO"? DA CHI?