1. RIGOR MONTIS E MARPIONNE UNITI NELLA LOTTA: ARRIVA IL GOVERNO DEI PADRONI! 2. DA “IL FATTO” AL “FOGLIO”, DESTRA E SINISTRA, CONTRO LA NUOVA ANOMALIA ITALIANA 3. FERRARA: ‘’ORA C’È UNA NOVITÀ ASSOLUTA DA OSSERVARE: UN PROGETTO DI CONSENSO E DI COALIZIONE SOCIALE GUIDATO DA UN PORTAVOCE DELLA BORGHESIA INDUSTRIALE E FINANZIARIA OSTILE ALLA CONCERTAZIONE, E SOSTENUTO DA SERGIO MARCHIONNE” 4. LANDINI: “CANDIDANDOSI, MONTI DIMOSTRA DI NON ESSERE MAI STATO UN TECNICO, UN NEUTRO, UN SALVATORE DELLA PATRIA. QUELLO CHE FINORA HA FATTO È STATO IL FRUTTO DI UNA PRECISA SCELTA POLITICA, COME È STATA POLITICA LA DECISIONE DI ANDARE A MELFI POCHE ORE PRIMA DELL’ANNUNCIO UFFICIALE. MONTI E MARCHIONNE HANNO LE STESSE IDEE DI STATO E DI SOCIETÀ. QUESTA VISITA È UN’OPERAZIONE POLITICA”

1 - ARRIVA FINALMENTE IL GOVERNO DEI PADRONI...
Giuliano Ferrara per "il Foglio"

Che cosa cambia con Mario Monti in corsa per le politiche, alla testa di una lista centrista? Parecchio. Intanto la prevedibile affermazione del Pd e dei suoi alleati trova in teoria un argine politico serio; c'è ora un interlocutore difficile, un "estraneo" molto diverso dai tecnici puri del prodismod'alemismo come Ciampi e Padoa-Schioppa, con cui trattare la formazione del governo, la sua guida, il suo programma, e la carica di capo dello stato: di questo parla il fastidio di Massimo D'Alema, il suo strambo veto "morale" alla investitura democratica di Monti e dei suoi.

Berlusconi, Grillo e la Lega avranno campo libero in quella che si annuncia come una disgraziata rincorsa demagogica antifiscale e antieuropea, sempre suscettibile di trovare qualche robusto consenso ma oggi sulla carta anacronistica. Vedremo. Dipenderà tutto dalla capacità di persuasione dal basso di una proposta politica e di programma che fino a ora è stata convincente (con riserve) ma solo dall'alto, formalizzata come una necessità imposta dalle circostanze e da "color che sanno e possono".

Bisogna anche vedere la ricettività popolare della faccenda: gli italiani, dopo le lezioni del ventennio che ha chiuso con una transizione incompiuta la storia della Prima Repubblica, vogliono essere governati con acribia e una punta di arida solerzia professionale o intendono continuare a giocare? Monti in politica che cerca voti è comunque una nuova anomalia.

Era anomalo, è anomalo, il governo del presidente della Repubblica, composto di ministri non designati dai partiti, arrivato quando nel novembre del 2011 la coalizione eletta nel 2008 si è dissolta nei numeri e nella credibilità internazionale, e nel pieno di una spettacolare crisi finanziaria da debito, con conseguenze destabilizzanti nella battaglia dei mercati internazionali: si decise con un accordo di unità nazionale di non votare, caso unico al mondo, perché l'offerta politica di maggioranza e opposizione non era considerata all'altezza della crisi (votarono sotto la neve i greci, gli spagnoli, i portoghesi, gli irlandesi, gli italiani no).

Con Monti ora a capo di una coalizione l'anomalia raddoppia, e non solo o non tanto per la questione della non candidabilità diretta di un senatore a vita. Raddoppia, l'anomalia, perché oltre ai partiti nazionali (il Pd) e territoriali (la Lega), oltre al movimento carismatico personale (il Pdl di Berlusconi), ora è in campo un gruppo di ottimati e di tecnocrati che prendono il posto da tempo in esaurimento del vecchio centro politico post democristiano, e tentano da posizioni di potere e di governo non democraticamente legittimate, fondate su una maggioranza coatta a ricasco dell'Europa e dei mercati finanziari e delle alte burocrazie dell'Unione, la scalata al potere democratico, quello legittimato dagli elettori, con una scelta di blocco sociale (il sostegno di Fiat e sindacati non classisti) e un programma riformatore che Mario Monti dovrà esporre tra qualche giorno ed è in parte implicito nel suo anno di governo tra decreti, leggi e dossier, nelle cose fatte e in quelle rinviate.

Come noi, sono tutti presi di sorpresa da questa decisione di Monti, che entra in gioco pur cercando di mantenere una distanza di sicurezza di tipo istituzionale: Scalfari e la sua lobby avrebbero fatto carte false, come ha scritto il Fondatore, per evitarlo, e anche il presidente della Repubblica non è un sostenitore della scelta azzardata e a rischio fatta dal premier.

Insomma, l'anomalia è in questo: il sistema dei partiti non è rinato a tanti anni dalla sua morte nei primi anni Novanta, quello bipolare e di alternativa fondato sulle coalizioni costruite intorno alla funzione carismatica dei leader si è impantanato e dissolto, e ora un uomo che sembrava destinato alla terzietà, alla cultura di governo e alla prefigurazione ideologica europea, una specie di Jean Monnet, di cattolico liberale aperto al mercato e al marchio sociale dell'economia capitalistica, fa una scelta di coalizione, dunque si schiera, e prova a rilanciare dal basso quel che era nato dall'alto.

Osserviamo qui da quasi vent'anni, ora con ironia e ora con malinconia, le convulsioni tipiche della formazione di una nuova classe dirigente, e tutte le atipicità del caso sono state passate in rassegna e analizzate da noi senza boria e sopracciò, con un coinvolgimento tormentato ma anche ironico nel fenomeno rivoluzionario costituito per anni, e nelle premesse, dal privato Berlusconi che irrompeva nella politica pubblica con le sue grandi e celebri mattane.

Ora c'è una novità assoluta da osservare: un centro un po' più robusto del solito è una cosa tutto sommato minore, un progetto di consenso e di coalizione sociale guidato da un portavoce della borghesia industriale e finanziaria ostile alla concertazione, e sostenuto da Sergio Marchionne, è un'altra cosa, forse anche più interessante.

2 - MONTI & MARCHIONNE PATTO DI POTERE PER GUIDARE IL PAESE...
Giorgio Meletti per il "Fatto quotidiano"

John Elkann forse non se ne rende conto, ma dedica a Mario Monti gli stessi toni enfatici e adoranti che il suo trisnonno Giovanni Agnelli, fondatore della Fiat, esattamente ottant'anni fa riservò a Benito Mussolini in visita al Lingotto. "Monti ha ricollegato l'Italia con il mondo, noi auspichiamo che la ritrovata stabilità non venga meno".

Il patto è sancito. Davanti ai più entusiasti operai dello stabilimento di Melfi, la Fiat si schiera per il Monti non bis ma eterno, e il premier ricambia facendo sua l'Agenda Marchionne e gettandola a sorpresa sul tavolo della campagna elettorale. Se finora il governo tecnico aveva ostentato distacco dalla crisi dell'auto, dallo scontro tra il Lingotto e la Cgil, dalla spaccatura nel sindacato, adesso Monti cambia il gioco. Regala al centro-sinistra il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera, che ancora pochi giorni fa si dichiarava critico con Sergio Marchionne, e corre a festeggiare il manager italo-canadese.

Marchionne aveva in programma da tempo la solenne presentazione di Melfi: un miliardo di investimenti per la nuova linea che produrrà dal 2014 due mini Suv gemelli, uno con marchio Jeep e uno con marchio Fiat 500. Ma solo negli ultimi due-tre giorni è nata l'idea della presenza di Monti su cui costruire un'operazione politica alla quale ha lavorato molto il presidente della Ferrari Luca di Montezemolo.

La regia è stata impeccabile. Monti, Marchionne ed Elkann sono entrati insieme nel capannone dove oggi si produce, come vent'anni fa e ancora per poco, la Punto; ad attenderli centinaia di operai tra i più entusiasti dello stabilimento Sata, con impeccabili tute bianche candide. Per l'occasione anche il direttore dello stabilimento, Angelo Coppa, si è messo la tuta da operaio per fare gli onori di casa. Dopo il breve ma intenso saluto del presidente Elkann, Marchionne legge con precisione un discorso imperniato sull'elogio del premier: "L'agenda del suo governo dimostra coraggio e lungimiranza".

Il manager però ripercorre i punti salienti del suo modello, parlando direttamente "ai nostri operai", che ricambiano con applausi frequenti e scroscianti, salvo quel tragico minuto di silenzio glaciale quando il boss ha ricordato che anche il 2013 sarà "anno di sacrifici per voi e le vostre famiglie", leggasi cassa integrazione a go-go. Marchionne non perde l'occasione di ricordare che lui è il manager che ha spaccato il fronte dei lavoratori, e si rivolge grato ai sindacalisti che non gli hanno mai detto no. Raffaele Bonanni della Cisl, Luigi Angeletti della Uil, Roberto di Maulo della Fismic, sono seduti in seconda fila, subito dietro Monti. A loro, "che hanno compreso la gravità del momento e la necessità di restare uniti", Marchionne chiede di "continuare a credere che insieme possiamo dare un contributo determinante".

Monti prende la parola e ci dà dentro come non mai, a cominciare da uno slogan che conia sul momento per il momento Fiat: "A Melfi nel ‘93 è nata la Punto, oggi nasce punto e a capo, cioè una svolta, una ripartenza nel rapporti tra la Fiat e l'Italia". Poi riconosce a Marchionne di aver indicato la strada, per esempio insegnando il "linguaggio della verità", mentre c'è ancora qualcuno che "vorrebbe rifar piombare gli italiani in uno stato leggermente nirvanico" (sembra riferita a Berlusconi ma chissà).

Quello del premier è un breve ma energico programma elettorale. "L'azione del governo è solo all'inizio, anche se quella di questo governo è terminata". C'è dunque ancora molto da fare, e infatti, spiega, "sarebbe irresponsabile dissipare i tanti sacrifici che gli italiani si sono assunti, non oso pensare che avvenga".

Avanti così, quindi, con le riforme strutturali che aprono la strada al futuro. Un coming out con il quale oggi finalmente Monti rivendica di essere stato il motore della riforma dell'articolo 18, lasciata passare per molto tempo come frutto delle sventatezze del ministro del Welfare Elsa Fornero: "Bisogna accettare le riforme per coglierne le opportunità, e non essere legati da una catena che inchioda al passato, il rifiuto del cambiamento che ci fa restare aggrappati ad un passato che non tornerà, arroccati a forme di tutela degli interessi dei lavoratori che nel tempo hanno l'effetto opposto".

È Marchionne che parla o Monti? È Monti, ma non importa, usano la stessa lingua e le stesse parole. Marchionne ringrazia Monti, Monti ringrazia Marchionne "per il senso di responsabilità verso l'Italia". È Monti che dice di voler "spiegare agli italiani che serve un cambio di mentalità", ma è Marchionne il suo modello di nuova mentalità.
Monti è in campo nel segno del modello Fiat: casualmente ha scelto proprio uno dei temi più divisivi in casa Pd. Infatti Bersani tace. Ma adesso il gioco si fa davvero duro.

3 - LANDINI: "LUI E MARCHIONNE HANNO LE STESSE IDEE QUESTA VISITA È UN'OPERAZIONE POLITICA"
Luisa Grion per "la Repubblica"

Candidandosi, Mario Monti dimostra di «non essere mai stato un tecnico, un neutro, un salvatore della Patria». «Quello che finora ha fatto è stato il frutto di una precisa scelta politica, come è stata politica la decisione di andare a Melfi poche ore prima dell'annuncio ufficiale». Per Maurizio Landini, leader della Fiom, la visita fatta ieri dal premier all'amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne ha un significato preciso: i due sono uguali, «hanno in mente lo stesso modello di Stato e di società».

E cosa prevede questo modello?
«La negazione della democrazia e della contrattazione. La volontà di non metter mano alle vere cause che hanno originato la crisi».

Dove vede l'uguaglianza di comportamento fra i due?
«Cosa ha fatto Marchionne alla Fiat? Ha negato il contratto nazionale e la discussione con le controparti, ha lasciato fuori dagli stabilimenti chi non la pensava come lui, ha deciso di portare la testa dell'azienda fuori dall'Italia. E cosa ha fatto Monti? Ha ripetuto quel modello riformando lavoro, pensioni e articolo 18 senza ascoltare le parti sociali, ha fatto in modo che la Bce diventasse la testa della politica italiana. In comune hanno l'eliminazione della mediazione sociale e la cancellazione stessa dello Stato sociale. Due punti di contatto forti che li contraddistinguono».

Se vince Monti, secondo lei, cosa succede?
«Il modello Melfi diventa modello Paese. Per uscire dalla crisi non s'investe, come dovrebbe essere, su lavoro e democrazia. L'Italia va a destra, arretra, aumentano le diseguaglianze e parte l'attacco alla Costituzione ».

Attacco alla Costituzione?
«Marchionne è stato condannato da dodici tribunali per comportamento antisindacale e il premier va a trovarlo a Melfi, proprio là, dove la Fiat, non rispettando la decisione della magistratura, paga tre operai, ma non li fa lavorare. È rispetto per la legge questo? Io invito il premier ad andare anche a Termini Imerese o all'Irisbus per vedere cosa succede, prima di lodare le scelte della Fiat».

D'Alema ha definito la candidatura di Monti «immorale». E' d'accordo?
«No, sinceramente non ho capito a cosa si riferisca. Forse si sente tradito per impegni presi - che non conosco - e che non sono stati rispettati».

Ma se Monti è così dichiaratamente di destra, perché la sinistra dovrebbe temere la sua candidatura?
«Perché la sua candidatura ufficiale fa venire a galla quella che è sempre stata una antica contraddizione mai risolta. L'Italia doveva andare al voto un anno fa, era la cosa migliore da fare allora ed era esattamente quello che il Paese voleva. La grande partecipazione ai referendum, la storia dell'elezione del sindaco di Milano lo avevano chiaramente dimostrato».

Cosa si aspetta dalle prossime elezioni?
«Mi auguro un'alternativa, l'uscita dalle logiche del potere e della finanza e la rimessa al centro del lavoro, della democrazia, della redistribuzione della ricchezza. Le uniche scelte che possono davvero far uscire questo Paese dalla crisi».

 

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