renzi grasso napolitano boldrini criscuolo

I “PAPABILI” AI PIEDI DI RE GIORGIO - AD ASCOLTARE LE ULTIME VOLONTA’ DI NAPOLITANO, C’ERANO TUTTI I POSSIBILI SUCCESSORI: DA GRASSO A VELTRONI, DALLA FINOCCHIARO A PADOAN, PASSANDO PER GENTILONI E MONTI, AMATO COMPRESO - MANCAVA SOLO PRODI…

stefania gianninistefania giannini

Sebastiano Messina per “la Repubblica

 

Il grande assente era lui, Romano Prodi, che il giorno prima aveva salito le scale di Palazzo Chigi, sei anni e mezzo dopo aver passato la campanella a Silvio Berlusconi. Ma a parte l’ex premier, affondato l’anno scorso dai 101 franchi tiratori quando sembrava a un passo dal Colle, ieri c’erano tutti i volti del toto-presidente, nel salone dei Corazzieri. «Guardandomi intorno, ho avuto la netta sensazione che in quella sala fosse seduto il prossimo capo dello Stato», sussurrava un parlamentare della maggioranza mentre faceva la fila per ritirare il cappotto al guardaroba.

 

stefania giannini nunzia de girolamostefania giannini nunzia de girolamo

E forse aveva ragione, perché erano almeno una dozzina i papabili venuti a sentire l’ultimo messaggio di Napolitano alle alte cariche dello Stato (cerimonia disertata anche quest’anno dai grillini e dai leghisti).

 

Il primo, Pietro Grasso, era seduto proprio accanto al presidente, e a chi ascoltava il suo discorso d’auguri all’inquilino del Quirinale è sembrato di cogliere un tentativo di solennità, una prova generale in vista della delicatissima supplenza che ne farà — dopo le dimissioni di Napolitano — il presidente ad interim. Da quella posizione, forse chiunque si lascerebbe accarezzare da una segreta speranza. Perché non dovrebbe farlo chi oggi occupa la seconda carica dello Stato, e domani — sia pure provvisoriamente — addirittura la prima?

renzi grasso napolitano boldrinirenzi grasso napolitano boldrini

 

Mentre Napolitano parlava, Grasso guardava davanti a sé, e chissà se si domandava chi scenderà in pista per il prossimo settennato, osservando per esempio il volto pensieroso di Pier Carlo Padoan, seduto in prima fila (posto riservato dal cerimoniale ai ministri più importanti: gli altri hanno dovuto accontentarsi della seconda fila).

 

Padoan, che è schivo di carattere, non ha detto una sola parola, e non sapremo mai se mentre socchiudeva gli occhi osservando l’altorilievo rinascimentale che sovrastava Napolitano (“La lavanda dei piedi” di Taddeo Landini) rifletteva sul peso che potrebbero avere a un certo punto il suo prestigio internazionale e la sua indipendenza dal Pd.

 

renzi grasso napolitano boldrini criscuolorenzi grasso napolitano boldrini criscuolo

Accanto a lui, indaffarato a chiacchierare sottovoce con il Guardasigilli Orlando, c’era Paolo Gentiloni, un altro ministro il cui nome rimbalza puntualmente quando si parla di Quirinale. Lui è uno dei pochi renziani dei quali all’estero si conoscono i nomi, anche se non è certo un indipendente: ma non è detto che questo non si riveli un punto a favore, se la partita dovesse prendere una certa piega.

 

Con gli occhialini inforcati come al solito sul naso, Giuliano Amato ascoltava il discorso insieme agli altri giudici costituzionali, e faceva probabilmente il ragionamento opposto, domandandosi se l’endorsement a freddo di Berlusconi («Al Quirinale voteremmo uno come lui») gli impedirà definitivamente di entrare nella rosa dei candidati, dopo che i grillini già l’altra volta avevano lanciato una campagna contro di lui per le pensioni che cumula con vitalizi e indennità.

poletti martina padoan orlando gentilonipoletti martina padoan orlando gentiloni

 

A Walter Veltroni il cerimoniale ha riservato un posto a metà sala, subito dietro a Enrico Letta che sarebbe anche lui un candidato se non si trovasse nella situazione in cui era Saragat nel 1948: molti facevano il suo nome, quasi tutti dimenticavano che non aveva ancora compiuto i 50 anni richiesti dalla Costituzione.

 

Veltroni, che poi è uscito dal palazzo insieme a Piero Fassino — suo successore alla guida dei Ds — quella soglia l’ha invece varcata da nove anni, ma sa bene che nella corsa al Quirinale, come nel Conclave, chi entra papa esce cardinale, e dunque non dice una sola parola sull’argomento. Però deve avergli fatto piacere, quell’invito categorico di Napolitano a «non attentare in qualsiasi modo alla continuità di questo nuovo corso», perché lui è uno dei pochi che certamente garantirebbe quella continuità.

pinotti gentilonipinotti gentiloni

 

Una beffarda regola del cerimoniale ha fatto sedere l’uno accanto all’altro Massimo D’Alema e Gianfranco Fini, invitati non per le cariche ricoperte in passato ma come presidenti di due fondazioni culturali (e dunque come rappresentanti della società civile).

 

L’ex premier entrò in gara nel 2006, ma subì la stessa sorte di Fanfani, di Nenni e degli altri leader che ci avevano provato prima di lui: ormai non ci spera più, e ieri — aspettando l’arrivo di Napolitano — mostrava a Fini le ricche decorazioni dorate del soffitto, intorno al simbolo di Casa Savoia che è ancora lì.

 

napolitano alfanonapolitano alfano

Triste era invece lo sguardo di Mario Monti, seduto vicino al presidente dei senatori Pd Luigi Zanda, forse al pensiero che se non avesse ceduto alle lusinghe di Casini sarebbe stato lui il candidato naturale, l’anno scorso: ma ormai quel treno è passato. Del resto è passato anche per Casini, leader di un centro sempre più sottile, ed è passato anche per la signora che gli stava a fianco: Anna Finocchiaro, nome di punta della squadra dalemiana, otto anni fa tra i papabili come primo presidente donna.

 

napolitano alfano pinottinapolitano alfano pinotti

Ma alla vecchia ruggine con Renzi si sono aggiunti i guai giudiziari di suo marito, sotto processo per truffa aggravata per un appalto nella sanità, e la senatrice siciliana ieri era tra quelli che scendevano le scale del Quirinale, come avrebbe detto Vittorio Gassman, con un grande avvenire dietro le spalle.

 

matteo renzi al quirinalematteo renzi al quirinale

Ultimi Dagoreport

massimo martinelli azzurra francesco gaetano caltagirone guido boffo roberto napoletano

FLASH! – MISTERO BOFFO! È DURATO APPENA UN ANNO GUIDO BOFFO ALLA DIREZIONE DE “IL MESSAGGERO”, CHE SARÀ AFFIDATA AD INTERIM AL DIRETTORE EDITORIALE MASSIMO MARTINELLI – BOFFO FU UNA SCELTA DI AZZURRA CALTAGIRONE, IN BARBA A PAPÀ CALTARICCONE – ALLA SCADENZA, ESATTAMENTE DOPO UN ANNO, IL CONTRATTO DI BOFFO NON È STATO RINNOVATO – NEL CUORE DI CALTA C’È IL RITORNO DI ROBERTO NAPOLETANO, ATTUALE DIRETTORE DE “IL MATTINO” DI NAPOLI, ALTRO QUOTIDIANO DEL GRUPPO CALTAGIRONE…

antonio tajani matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - IL PRANZO DEI VELENI È SERVITO: LUNEDÌ A PALAZZO CHIGI SONO VOLATI PIATTI E BICCHIERI TRA I TRE CABALLEROS DEL GOVERNO - MELONI E TAJANI HANNO MESSO ALL’ANGOLO IL "PATRIOTA" TRUMPUTINIANO SALVINI, ACCUSANDOLO DI SABOTARE L'ESECUTIVO CON LE SUE POSIZIONI ANTI-EUROPEE E GLI ATTACCHI A MATTARELLA SUL CODICE ANTI-MAFIA DEL PONTE DELLO STRETTO – QUANDO SONO ARRIVATI I RISULTATI DELLE COMUNALI, CON LA DEBACLE DEL CENTRODESTRA, "IL TRUCE" DELLA LEGA E' PARTITO ALL'ATTACCO, INCOLPANDO LA ''GIORGIA DEI DUE MONDI'' (COLLE OPPIO E GARBATELLA) PER LA SCONFITTA A GENOVA: SE NON AVESSE CONVINTO BUCCI A LASCIARE LA POLTRONA DI SINDACO DI GENOVA PER CORRERE PER LA PRESIDENZA DELLA REGIONE LIGURIA (STOPPANDO IL LEGHISTA RIXI), IL SINDACO SAREBBE RIMASTO AL CENTRODESTRA. A QUEL PUNTO, SI E' SVEGLIATO TAJANI CHE HA RICORDATO A ENTRAMBI CHE SENZA I VOTI DI CLAUDIO SCAJOLA OGGI CI SAREBBE IL PD DI ANDREA ORLANDO ALLA REGIONE LIGURIA…

benjamin netanyahu matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT – QUANTO POTRÀ DURARE IL SILENZIO IMBARAZZATO E IMBARAZZANTE DI GIORGIA MELONI DI FRONTE AI 50MILA MORTI DI GAZA? LA DUCETTA NON VUOLE SCARICARE NETANYAHU PER NON LASCIARE A MATTEO SALVINI LA "PRIMAZIA" DEL RAPPORTO CON "BIBI". MA ANCHE PER NON IRRITARE LA POTENTE COMUNITÀ EBRAICA ITALIANA, STORICAMENTE PENDENTE A DESTRA – ORMAI ANCHE URSULA VON DER LEYEN E ANTONIO TAJANI (NON CERTO DUE CUOR DI LEONE) CONDANNANO LE STRAGI NELLA STRISCIA CON PAROLE DURISSIME: “AZIONI ABOMINEVOLI” – ANCHE LA POPOLAZIONE ISRAELIANA VUOLE SFANCULARE “BIBI”, COME STA FACENDO GIÀ TRUMP, CHE NEI GIORNI SCORSI HA ATTACCATO LA CORNETTA IN FACCIA A SEMPRE PIÙ IN-GAZATO PREMIER ISRAELIANO (OGGI HA RIVELATO DI AVERGLI "DETTO DI NON ATTACCARE L'IRAN")

andrea orcel castagna fazzolari meloni milleri caltagirone giuseppe giovanbattista giorgia giancarlo giorgetti

DAGOREPORT - IL GARBUGLIO DEL SUPER RISIKO BANCARIO SPACCA NON SOLO LA FINANZA MILANESE (DUELLO UNICREDIT-INTESA) MA STA FACENDO DERAGLIARE ANCHE IL GOVERNO DI DESTRA-CENTRO -GONG! OGGI È ANDATO IN SCENA UN PESANTISSIMO SHOWDOWN TRA MELONI, CHE È FAVOREVOLE AD APERTURE SUL GOLDEN POWER A UNICREDIT SULL’OPERAZIONE BANCO BPM CON TAJANI SOSTENITORE INDEFESSO DEL LIBERO MERCATO, E LA LEGA DI SALVINI CHE È PRONTA A FAR CADERE IL GOVERNO PUR DI NON MOLLARE IL “SUO” BANCO BPM A UNICREDIT - OGGI, ARMATO DI BAZOOKA, È SCESO IN CAMPO IL MINISTRO DELL’ECONOMIA, GIANCARLO GIORGETTI. INCALZATO DAI CRONISTI SULLE POSSIBILI APERTURE DEL GOVERNO ALLE PRESCRIZIONI DEL GOLDEN POWER APPLICATE ALLA BANCA DI ORCEL, L’ECONOMISTA DI CAZZAGO È SBOTTATO COME UN FIUME IN PIENA: “SE CI FOSSE IL MINIMO DISALLINEAMENTO (CON MELONI), NON CI SAREBBE UNA MINACCIA DI DIMISSIONI, MA LE DIMISSIONI STESSE. NON SI ANNUNCIANO LE DIMISSIONI, LE SI DANNO…”

donald trump zelensky vladimir putin russia ucraina

DAGOREPORT - TRUMP STREPITA MA NON COMBINA UN CAZZO – ZELENSKY PROPONE UN INCONTRO A TRE CON IL TYCOON E PUTIN MA NESSUNO LO CONSIDERA: PUTIN SI CHIAMA FUORI (“SOLO DOPO ACCORDI SPECIFICI”). E IL TYCOON? NON VUOLE UN INCONTRO DIRETTO CON PUTIN PERCHE', IL MOLTO PROBABILE BUCO NELL'ACQUA, SAREBBE L'ENNESIMA CONFERMA DELLA SUA INCAPACITA' DI RISOLVERE LA CRISI UCRAINA. LUI, CHE PRIMA DELLE ELEZIONI DICEVA “PORTERÒ LA PACE IN 24 ORE”, E A PIU' DI QUATTRO MESI DALL’INSEDIAMENTO SI RITROVA CON I DRONI E I MISSILI RUSSI CHE MARTELLANO PIÙ CHE MAI KIEV...

tommaso cerno antonio giampaolo angelucci alessandro sallusti il giornale

FLASH! – UCCI UCCI, SENTO AVVICINARSI GLI ANGELUCCI! IN ALLARME PER LA DECRESCITA INFELICE DEI LORO TRE QUOTIDIANI, ALESSANDRO SALLUSTI AVREBBE I GIORNI CONTATI ALLA DIREZIONE DE “IL GIORNALE” - GIA’ CADUTO IN DISGRAZIA CON MARINA BERLUSCONI, REO DI AVER SOSTITUITO “PAPI” CON GIORGIA, ORA GIAMPAOLO ANGELUCCI AVREBBE IN MENTE DI RIMPIAZZARE IL BIOGRAFO DELLA DUCETTA CON QUEL RAMPANTISSIMO “BEL AMI” DEL POTERE CHE SI CHIAMA TOMMASO CERNO: SENZA FARE UN PLISSE’, DA DIRETTORE DELL’’’ESPRESSO” E DEPUTATO DEL PD BY RENZI, OGGI E’ ALLA GUIDA DE “IL TEMPO”, TALMENTE SCHIERATO CON LA DESTRA CHE VEDE I FASCISTI A SINISTRA… (VIDEO STRACULT!)