VIVA VIVA LA TRATTATIVA! - INGROIA SI PRENDE LA RIVINCITA: A GIUDIZIO BOSS, POLITICI E GENERALI - IL 27 MAGGIO INIZIA IL PROCESSO ALLA PRIMA REPUBBLICA - CI FU UN ACCORDO TRA LO STATO E LA MAFIA PER FERMARE LE STRAGI? ALLA SBARRA BAGARELLA, BRUSCA, CIANCIMINO, CINÀ, DE DONNO, DELL’UTRI, MANCINO, MORI, RIINA, SUBRANNI - LE 4 TELEFONATE TRA NAPOLITANO E MANCINO DA DISTRUGGERE ANCORA BLOCCATE…

Da "la Repubblica"

Fra le novemila conversazioni dell'ex ministro Mancino, intercettate nell'ambito dell'inchiesta Trattativa, quattro sono state con il presidente della Repubblica Napolitano. «Conversazioni irrilevanti per l'indagine», hanno sempre ribadito i pm. Dopo il conflitto di attribuzione sollevato dal Quirinale, la Corte Costituzionale ha stabilito a dicembre la distruzione delle conversazioni. A gennaio, il gup Ricciardi ha disposto la cancellazione dei file, ma uno degli imputati, Massimo Ciancimino, ha chiesto di ascoltare i dialoghi. Dopo il "no", Ciancimino si è rivolto alla Cassazione. Ricciardi ha rinviato la distruzione in attesa della decisione della Suprema Corte.

2 - TRATTATIVA, LO STATO ALLA SBARRA A GIUDIZIO BOSS, POLITICI E GENERALI
Salvo Palazzolo per "la Repubblica"

Dieci nomi risuonano nell'aula del tribunale di Palermo. Sono i nomi dei capi della mafia siciliana, ma anche i nomi di alcuni rappresentanti delle istituzioni. Il giudice Piergiorgio Morosini li scandisce lentamente: «Bagarella Leoluca Biagio, Brusca Giovanni, Ciancimino Massimo, Cinà Antonino, De Donno Giuseppe, Dell'Utri Marcello, Mancino Nicola, Mori Mario, Riina Salvatore, Subranni Antonio».

Dal 27 maggio, saranno gli imputati del primo processo per la trattativa fra mafia e Stato, che si sarebbe consumata durante le stragi del '92-'93. È questo il verdetto di una lunga udienza preliminare, durata cinque mesi. Ed è il primo vaglio dell'inchiesta condotta dal pool che fino a settembre era coordinato dal procuratore aggiunto Antonio Ingroia, formato dai pm Nino Di Matteo, Lia Sava, Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia.

Il gup ha accolto in pieno l'impostazione dell'accusa: nelle 34 pagine del decreto di rinvio a giudizio ripercorre ed evidenzia i passaggi principali dei 100 faldoni che racchiudono un'inchiesta durata quattro anni. Ma un appunto viene fatto alla procura, sull'organicità dell'atto d'accusa: «Il copioso materiale probatorio a sostegno della richiesta di rinvio a giudizio (300 mila pagine) - scrive Morosini - non è pervenuto ordinato per indice dei temi principali del processo».

Un'altra critica riguarda la memoria presentata da Antonio Ingroia in udienza prima di partire per il Guatemala: «Non affronta neppure il tema delle fonti di prova a sostegno della richiesta di rinvio a giudizio sui diversi punti della piattaforma accusatoria - prosegue il giudice - limitandosi a generiche affermazioni sulle finalità dell'inchiesta». Poi, però, Morosini loda il pm Di Matteo per la sua requisitoria finale in aula, sintesi di tutto l'atto d'accusa del pool, oggi coordinato da Vittorio Teresi.

È proprio Di Matteo il primo a intervenire dopo il rinvio a giudizio: «Questa decisione fa giustizia delle critiche preconcette di chi ha parlato di fantasia e teoremi», dice. È il concetto che ribadisce anche Ingroia. Di Matteo aggiunge: «Critiche gratuite sono arrivate da esponenti politici di diverse fazioni e purtroppo da certi settori della magistratura associata. Ma noi andremo avanti nell'inchiesta».

Prima del processo per la trattativa, che si terrà in corte d'assise, i pm di Palermo hanno però un'altra scadenza importante: il 20 marzo inizierà il rito abbreviato per Calogero Mannino. C'era anche lui nella prima lista della Procura per il dialogo Stato-mafia,
ma l'ex ministro ha chiesto di essere giudicato subito. L'udienza preliminare è stata invece sospesa per Bernardo Provenzano: i periti nominati da Morosini hanno appurato che il capomafia corleonese è «incapace» di stare in giudizio per le sue «deteriorate condizioni psichiche».

In attesa del processo, tutte le attenzioni sono concentrate sulle 34 pagine del provvedimento firmato dal gup di Palermo: non è una motivazione, ma un'indicazione
ragionata delle «fonti di prova» a sostegno del rinvio a giudizio. Le prove raccolte dalla procura e dal centro operativo Dia di Palermo. Otto imputati rispondono di «attentato a un corpo politico».

L'ex ministro dell'Interno Mancino risponde di falsa testimonianza. Il figlio dell'ex sindaco mafioso di Palermo, Ciancimino, il supertestimone della procura, deve difendersi invece dall'accusa di associazione mafiosa e di calunnia nei confronti dell'ex capo
della polizia Gianni De Gennaro.

Ma alcuni documenti portati da Ciancimino junior, appartenuti al padre, sono comunque ritenuti importanti da Morosini per provare il dialogo fra Stato e mafia. Uno su tutti, la fotocopia del "papello" su cui Riina avrebbe scritto le condizioni per fermare le stragi. Il generale Mori nega di averlo mai avuto fra le mani. Il suo avvocato, Basilio Milio, dice: «Il processo che si apre è vuoto».

 

ANTONIO INGROIA CON IL SIMBOLO DELLA SUA LISTA Antonio Ingroia MASSIMO CIANCIMINOGIOVANNI BRUSCANICOLA MANCINO Marcello Dell'UtriToto Riina

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