1. LA “MILANO DA SBALLO” ESULTA: PER UN “FURBIZIO” CORONA CHE VA (AL GABBIO) C’È UN SUPERMARIO BALOTELLI CHE VIENE (IN DISCO) E QUANDO Può SI PRESENTA IN CAMPO 2. L’ACQUISTO DELLA “MELA MARCIA” OLTRE A MOVIMENTARE LE NOTTI E LE LENZUOLA SOTTO LA MADUNINA, SERVE AL BANANA PER PORTARE OTTANTAMILA VOTI AL PDL IN LOMBARDIA, QUATTROCENTOMILA IN TOTALE: PIÙ O MENO QUELLI PERSI CON L’ADDIO A COSENTINO MA LA PARTITA DEL SENATO SI GIOCO SUL FILO DI POCHI DECIMALI IN LOMBARDIA 3. A LONDRA FESTEGGIANO L’ADDIO DI BALOTELLI PUBBLICANDO LE IMMAGINI DI UN TIFOSO-ANIMALE CHE SI SLACCIA I PANTALONI E PISCIA SULLA SUA PRESTIGIOSA BENTLEY 4. PIÙ CHE UN NUOVO ACQUISTO, BALOTELLI È AL MOMENTO LA VARIANTE ATLETICA DEL “MENO TASSE PER TUTTI”. UN NUOVO MIRACOLINO ITALIANO. IL FUOCO D’ARTIFICIO - FORSE FATUO - DI UNA REPUBBLICA DI SALÒ-MILANELLO CHE SPARA LE ULTIME CARTUCCE

Andrea Malaguti per "la Stampa"

Sabato sera, piuttosto tardi, Sky Uno manda in onda un servizio su Fabrizio Corona che racconta col solito impeccabile stile la sua vita da fronte del porto. Molte immagini sono d'archivio. Tribunali, donne, smargiassate. La sua storia, insomma. A un certo punto il cellulare dell'ex fidanzato di Belen suona e lui, Corona, lo guarda inarcando un sopracciglio. Poi, con un sorriso vuoto e accattivante, dice: «Questo è Balotelli, mi telefona cinquanta volte al giorno. E' convinto di essere la mia reincarnazione. Un pazzo».

Non lo può sapere, ma quella frase, oggi, sembra un passaggio di testimone. Uno sparisce dalla scena e quell'altro ci arriva trionfalmente. Venti milioni al Manchester City e sul suo conto corrente quattro milioni netti all'anno fino al 2017. Le notti di Milano sono salve. Il lavoro dei paparazzi anche.

Il Bad Boy di Palermo, «Why always me?», Perché sempre io?, a ventidue anni torna a casa, portandosi sulle spalle la fama del fenomeno potenziale e due stagioni di fallimenti inglesi. L'ultima fotografia che resta incollata nel suo diario britannico è quella di un tifoso-animale (probabilmente dello United) che si slaccia i pantaloni e fa la pipì sulla sua prestigiosa Bentley. Miseria e grandezza, volgarità e ricchezza. In quello scatto c'è tutto, perché SuperMario è uno che spacca le folle. Lo odi o lo tolleri sperando che ti spalanchi le porte del Paradiso. Difficilmente lo ami. E del resto lui se ne frega di farsi amare, con una sola vera eccezione, Silvia, la sua mamma adottiva.

E' tornato a casa il figliol prodigo o una «mela marcia»? Il copyright è di Silvio Berlusconi, che dopo avere preso le distanze da Balotelli ha deciso di trasformarlo nel nuovo predellino della sua complicata campagna elettorale. Lo scultoreo centravanti nero di origini ghanesi schierato al centro dell'attacco assieme al meraviglioso bimbo buono di origini egiziane, Stephan El Shaarawy.

Uno con l'aria un po' svaccata di chi passa le notti trascinandosi da un locale all'altro senza decidersi di andare a dormire, l'altro col viso dolce dell'atleta modello abituato a mangiare petti di pollo e insalata. I figli migliori del nostro Paese, il rossonero che si fa azzurro esaltando una fusione di origini e di destini programmata per fare esplodere il talento.

Un esperimento estremo, l'ennesimo, che sul campo può garantire il successo a Massimiliano Allegri e nelle cabine elettorali - secondo i primi sbrigativi e piuttosto fragili sondaggi - ottantamila voti al Pdl in Lombardia, quattrocentomila in totale. Più o meno di quelli persi con l'addio a Cosentino?

Speculazioni inevitabili, mentre Bad Balo pianta l'ultima pugnalata nella schiena del suo passato. Dall'Inter al Milan, da una chiesa all'altra, avendo bene impressa nella mente una frase che Vincenzo Esposito, ex tecnico delle giovanili nerazzurre, pronunciò con disprezzo: «Mario è un provocatore. Il problema è che non sa calcolare le conseguenze dei suoi gesti».

Lui come Corona, che a Sky raccontava, «non ho mai creduto di fare niente di illegale e ho sempre pensato: perché tutto questo?». Why always me? Ma se il Re ribelle della Movida ha trascinato la sua parabola fino al carcere di Busto Arsizio, Mario Barwuah Balotelli, Cassano rovesciato capace di fare innamorare i giornalisti del Time, ha piantato la bandiera della sua ambizione sulla montagna che sogna da sempre, quella rossonera del Milan. Se sbaglia qui è finito? Forse. Finito ma ricco.

Quando lo presentarono a Manchester Noel Gallagher, stella degli Oasis, gridò invaso da un fiotto di compiaciuta euforia: «Dimenticatemi gente, la nuova rock star qui è Balotelli». Ma lui, SuperMario sembrava già stanco, il collo rigido, gli occhi imbambolati e stanchi e una saudade precoce da italiano vero. Pensava a Milano, voleva la mamma, certo da sempre che in fondo sia lei e solo lei - l'adorabile Silvia del bacio tedesco - l'unico angelo di cui ha sempre avuto davvero bisogno.

2- BALOTELLI AL MILAN, TALENTO E TAMARRAGGINE
Andrea Scanzi per Il Fatto

Con uno sprezzo smisurato - dunque autentico e certo non inedito - per la coerenza, Silvio Berlusconi ha avallato un acquisto più volte osteggiato. Dopo due stagioni e mezzo al Manchester City, Mario Balotelli torna in Italia. Ancora Milano, stavolta in rossonero, come sperava di fare sin da quando giocava - spesso in via meramente teorica - all'Inter. E magari sorrideva ai tapiri di Striscia la notizia.

Gli osservatori plaudono la strategia di Adriano Galliani, che dopo aver garantito pure lui tre giorni fa il contrario ("Balotelli non arriva al 99,5% periodico"), ne ha ottenuto l'acquisto a prezzi quasi vantaggiosi. Gli sceicchi erano partiti chiedendo 37 milioni di euro, il Milan lo ha avuto per 22. Sei subito, gli altri 16 in 4 rate da 4 milioni l'una ogni anno.

L'attaccante si è ridotto l'ingaggio, da 6 milioni di euro a stagione a 3.5 milioni più bonus. Scadenza: 30 giugno 2017.

Disquisire del Balotelli calciatore è operazione capziosa. Tutto è già noto. Prototipo 2.0 dell'icona genio e sregolatezza. Un rapporto direttamente proporzionale tra talento e tamarraggine. Incostante come neanche George Best. Spesso più ricordabile per le acconciature alla Enzo Salvi pseudo-punk che per i dribbling. Se Mario Brega poteva essere ferro e piuma, SuperMario - soprannome così banale da non somigliargli, o forse sì - è piuttosto un'orchestra barocca di scintillii abbaglianti e fragorose rovine.

Un giorno simula Hulk dopo avere sconfitto la Germania quasi da solo, quello dopo fa ridere il mondo per aver dato fuoco a casa sua bombardandola - chissà come, chissà perché - con i petardi in bagno. In lui la sciocchezza suole assumere i connotati della cazzata smargiassa: greve, truzza. Se Gigi Meroni o Ezio Vendrame sapevano elevare - in campo e fuori - la stravaganza a forma romanzabile di follia, Balotelli pare un discolo istintivo con troppi soldi da spendere.

E' la sua apparenza: la superficie di donnaiolo che colleziona figurine e figuracce (e una figlia, Pia, da Raffaella Fico). Dentro, a voler scavare, una corazza non comune. Un passato di dolore e indigenza. Interviste arroganti ma non stupide, che ne fotografano la fattura umana. La nascita a Palermo nel '90, i genitori immigrati ghanesi, l'affido familiare (quando si era già trasferito a Bagnolo Mella, nel bresciano). La convinzione di essere stato abbandonato dai genitori reali.

I fratelli acquisiti a fargli da procuratori. Le stimmate del fenomeno, già a 18 anni. Il carattere da Gascoigne più incazzoso che spensierato. San Bartolomeo, Lumezzane, Inter. La conquista del triplete, però da "traditore", mai perdonato dai tifosi - e da Mourinho - per aver gettato la maglia a terra dopo Inter-Barcellona 3-1. L'approdo in Inghilterra, gli scazzi con Mancini (che lo volle in prima squadra all'Inter). Le gemme, le espulsioni. La vittoria in Premier League. L'Europeo da protagonista. E la saturazione di un rapporto mai decollato appieno. Dal 9 dicembre a oggi ha giocato neanche un'ora, il resto sono crisi di nervi e desiderio di fuga.

Il Milan non aveva bisogno di lui, o quantomeno il problema della squadra di Allegri - che lo definisce "patrimonio del calcio" con entusiasmo scarsamente contagioso - non è l'attacco. Casomai una difesa che mette malinconia (ai tifosi; agli avversari, no). Un trio Montolivo-El Shaarawy-Balotelli è in via teorica strepitoso, anche in chiave azzurra, ma a Milanello ci sono già Niang, Pazzini e (purtroppo per il Milan) Robinho. Balotelli è la ciliegina su una torta mai nata.

Più ancora: un'allegra cafonata elettorale. L'ennesima. Berlusconi propina la ricetta da decenni. Prima garantì ai tifosi della Lazio che non gli avrebbe mai scippato Nesta, aggiungendo - per spruzzarsi di austerity - che non era il caso di sperperare denaro. Poi, va da sé, lo comprò. Giurò che Kakà mai se ne sarebbe andato. Quindi a bocce (elettorali) ferme, lo lasciò andare. Anche Pato era incedibile, salvo poi essere (s)venduto.

Balotelli era addirittura la mela marcia. Il 7 gennaio, ad Antenna Tre, Berlusconi disse: "Mi spiace doverlo dire, ma nel Milan è molto importante l'aspetto umano. Se metti una mela marcia nello spogliatoio può infettare tutti gli altri. Io ho avuto modo di dare un giudizio sulla persona Balotelli, non accetterai mai che facesse parte dello spogliatoio del Milan". Su Youtube la registrazione c'è.

Una settimana dopo, informato di quanto Mario non avesse gradito, si esibì a Sky in un mirabile mirror climbing: "Non mi riferivo a Balotelli, era un discorso sulla necessità che nello spogliatoio ci fossero delle presenze positive. Mi scuso per la mia incompletezza nei suoi confronti. Non ho mai sentito di un'apertura ad una trattativa per Balotelli da parte di nessuno della mia società.

Né Allegri o Galliani me ne hanno parlato come un nostro obiettivo". Il 24 gennaio, ovvero sei giorni fa, altro cambio di scenario: "Balotelli o Kakà? Nessuno dei due. Non è possibile in tempi come questi. Galliani spera sempre, ma poi il linguaggio duro e inevitabile dei conti lo trattiene dall'operare". Ieri la conclusione, oltremodo prevedibile.

Più che un nuovo acquisto, Balotelli è al momento la variante atletica del "Meno tasse per tutti". Un nuovo miracolino italiano. Il fuoco d'artificio - forse fatuo - di una Repubblica di Salò-Milanello che spara le ultime cartucce. La preghierina in gennaio agli elettori. Se Balotelli dribblerà gli avversari come il Caimano la sua coerenza, vincerà il Pallone d'Oro. Se si darà invece - e nuovamente - in pasto al gossip senza aspettare il 24 febbraio, assurgerà a Mussari del centrodestra. Comunque vada, per ora sembran più voti che gol.

 

 

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