ENRICHETTO RIMANDATO - HA SCELTO DI NON FARE IL SIGNOR NO (COME TREMONTI E MONTI) E L’ALLEANZA TRA GIOVANI RECLUTE E VECCHI MARPIONI L’HA FATTO SCIVOLARE SUL SALVA ROMA - A CHE SERVE SACCOMANNI?

Ugo Magri per "La Stampa"

A confronto con le grandi abbuffate della Prima Repubblica, quando i partiti non si curavano di aprire voragini nei conti dello Stato, le ultime manovre varate dal Parlamento potrebbero apparire uno snack, una cena di magro in stile francescano. Parliamo in fondo di «mance» a questa o quella categoria che, nell'insieme, rappresentano una goccia nel mare del debito pubblico.

Eppure, mai come stavolta la razzia è risultata offensiva al senso comune, in quanto l'avidità delle lobby viene di solito tollerata finché regna l'abbondanza; risulta viceversa imperdonabile quando sul tavolo restano poche briciole che dovrebbero bastare per un intero Paese.

A fronte di questo assalto condotto con la forza della disperazione, la classe di governo nel suo insieme è sembrata debole quando non complice. C'è voluto un intervento di Napolitano (nessuno lo accusi, please, di avere esorbitato dai propri poteri) per stoppare l'obbrobrio di una legge su Roma Capitale.

Una legge dov'era stato infilato di tutto, comprese le norme sulle «slot machines» bollate da Renzi come «una porcata», al netto del tira-e-molla sugli affitti di Stato da disdettare, anzi no, anzi sì... Ma se si allarga lo sguardo all'intera manovra finanziaria, quel tanto di buono che contiene viene sommerso dalla pioggia di mini-contributi erogati senza un filo di coerenza, scandalosi proprio in quanto premiano istanze capaci di farsi largo a discapito di altri interessi non meno degni.

E così ritroviamo i «Virtuosi» di Verona trattati alla stregua dei chioschi abusivi sulle spiagge, l'Orchestra del mediterraneo a braccetto con i pensionati d'oro, i mondiali del volley femminile sovvenzionati insieme all'emittenza radio-televisiva.

Troppo facile farne carico a Letta e ai suoi ministri. Molte di queste e altre generosità sono opera del Parlamento, dove le giovani reclute hanno fatto comunella con i vecchi marpioni per mettere al primo posto le ragioni della propria sopravvivenza. Certi onorevoli della vasta maggioranza, per quanto de-berlusconizzata, mostrano di avere come minimo comune denominatore soprattutto il tirare a campare, sembrano affratellati dalla paura di tornare alle urne. Visibilmente manca loro un progetto forte che non sia il «carpe diem».

L'errore del governo, se tale possiamo considerarlo, è di avere impostato i rapporti con il Parlamento su un piano di correttezza e civiltà, passando dalle maniere forti di un recente passato alla ricerca del dialogo, o quantomeno del galateo. Rispetto ai tempi in cui Tremonti, con i suoi no, era l'uomo più detestato del governo Berlusconi, e a confronto con il passo tecnocratico del professor Monti, accusato di essere più «rigorista» di Frau Merkel, forse l'educato Letta ha confidato troppo nella maturità dei suoi interlocutori. Libera finalmente di esprimersi, la politica vi ha provveduto con la «p» minuscola anziché con la maiuscola.

E' auspicabile che il nuovo patto programmatico di cui si parla, richiesto da Renzi e cavalcato da Letta, conferisca alla maggioranza il senso di una missione. E dunque si ristabiliscano delle nette gerarchie. Eppure, dietro alle debolezze rimproverate all'esecutivo, c'è molto più di quanto si voglia vedere.

Ci sono tutte le fragilità delle nostre istituzioni che non c'è nemmeno bisogno di elencare, tanto sono note. La più anacronistica è rappresentata da un bicameralismo che moltiplica almeno per due, spesso per tre o per quattro, gli assalti alla diligenza, secondo una dinamica bollata dal vice-ministro Fassina come «insostenibile» per le casse dello Stato.

A ogni passaggio parlamentare, i governi sono costretti a cedere qualcosa in commissione (terreno ideale per le imboscate lobbistiche) e poi in aula. I deputati non accetteranno mai di approvare le regalie distribuite dai senatori, senza prima averne elargite di proprie. E viceversa, naturalmente.

Qualche economista con nozioni di politica si spinge a sostenere che per un'Italia in bolletta e affamata, la riforma del bicameralismo sia addirittura più urgente della stessa riforma elettorale, su cui pure si accapigliano i partiti. Come dare loro torto?

 

LETTA E SACCOMANNI images LETTA, ALFANO, SACCOMANNIcamera dei deputatiQUIRINALE CERIMONIA PER LO SCAMBIO DI AUGURI CON LE ALTE CARICHE DELLO STATO NAPOLITANO LETTA BOLDRINI GRASSO

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