POLITICI PALLONARI - L’ULTIMO È MARONI, CHE ACCUSA LA CANCELLIERI DI AVER ABOLITO LA TESSERA DEL TIFOSO PER FAR CONTENTA LA ROMA, “DI CUI È TIFOSISSIMA” - LE CURVE DI MONTECITORIO: L’EX VERDE PAOLO CENTO ORGANIZZA LE CENE DEL “ROMA CLUB MONTECITORIO”, PANIZ DIFENDE LA CAUSA JUVENTINA, LA RUSSA ULTRAS INTERISTA, GASPARRI REGGE IL FRONTE LAZIALE - LE TRE TESSERE (MSI, DC E PLI) DI FERLAINO…

Malcom Pagani per il "Fatto quotidiano"

Sostiene Roberto Maroni, ritrovando almeno un po' del movimentismo che 15 anni fa, ai tempi delle cariche della polizia in via Bellerio, consigliava Calderoli a dichiararsi "prigioniero di guerra" che chi gli è subentrato al Viminale tifi Roma oltre il lecito. Adombra la lobby, "Bobo".

Qualche giorno fa su Facebook (a ogni tempo le proprie piazze) derubricava la cancellazione della tessera del tifoso (sostituita in fidelity card anche se il capo della polizia, Antonio Manganelli, nega) alla resa dell'ex prefetto a logiche di calcolata passione: "Hanno vinto le tifoserie violente e le società come la Roma, di cui è tifosissima la ministra Anna Maria Cancellieri, che mai avevano accettato le regole".

CALCIO E POLITICA
Da sempre. Club Montecitorio dedicati alle squadre. Incontri trasversali tra ali estreme in nome delle fede comune. A tavola o in tv, che è un po' la stessa cosa. Accadde tra il milanista Fausto Bertinotti e Silvio Berlusconi con la terza camera di Bruno Vespa elevata a Yalta d'occasione, tra orologi e copie della Costituzione in omaggio. E poi interrogazioni parlamentari su gol annullati, pranzi sospetti e complotti.

Dietrologia e manovre, "movimenti" di pressione capaci di cambiar le carte in tavola (Maroni, nel descrivere gli ultras dell'Olimpico come barbari non resiste allo stanco teatrino su "Roma ladrona", ma non mente in assoluto sulle connessioni esistenti, vedi alla voce legge sugli stadi), incroci pericolosi. Nell'ultimo mezzo secolo c'è stata un'evoluzione. Non più il totale controllo della politica sul pallone attraverso le proprie correnti nelle società , ma il contrario.

Se ieri il calcio era al servizio dell'"idea", oggi è una politica in asfissia a sdraiarsi sui potenziali ritorni di immagine. Un'inversione di rotta di cui Beppe Pisanu, il predecessore di Maroni e Cancellieri, (che pure, gestendo l'immediato caos seguito dall'omicidio dell'agente Filippo Raciti a Catania, si occupò di curve sull'orlo di una crisi di nervi) sbandierò l'esempio perché non c'è "eletto dal popolo" che non abbia almeno una Torres nel cuore.

La sorte del club di Sassari interessava l'ex ministro al punto di conversarne con Luciano Moggi: "(...) Oggi ci siamo ritrovati un arbitro... Che aveva già combinato guai. Lo hanno rimandato a Sassari mentre se lo potevano tenere da qualche altra parte", con l'interlocutore, conciliante: "(...) Ora me la vedo io". Anche senza il grande orecchio in ascolto, tra deputati e dirigenti di serie A esiste un continuo scambio di pareri, biglietti e gentilezze.

Si organizzano per l'Europa charter più rumorosi dei low cost per Ibiza in cui svestirsi dal ruolo e riscoprirsi, finalmente "ecceziunali veramente". Milanisti, interisti o juventini, anche se Abatantuono non incontra più l'avvocato "Gnello", perché in tribuna le parate (come certificato dal "Cafonal" di Umberto Pizzi su Dagospia) sono settimanali e coprono i languori dell'intero arco costituzionale. Paolo Cento, ex verde che è rimasto al timone del Roma club Montecitorio mette sull'omonimo sito i verbali delle assemblee alternando l'approvazione del bilancio al preoccupato avviso per la cena sociale da "Checco allo scapicollo" ("prenotarsi") dove si saziano giocatori e allenatori.

I vasi sono comunicanti ed è facile che dalla Pandora delle nefandezze subìte possa uscire un'istanza da difendere davanti ai massimi organi dello Stato. Maestro della confusione tra i due campi è Ignazio La Russa. Dichiarazionista compulsivo su tutto lo scibile interista, fraterno amico dell'avvocato Peppino Prisco (uno che le dinamiche di palazzo, anche oscure, le conosceva bene), l'ex ministro della Difesa scelse il terreno della pur sacrosanta irritazione per il caso Battisti e nel 2009 lo trasformò in crisi diplomatica a tinte pallonare.

"La partita amichevole Italia-Brasile? Non si dovrebbe giocare perché non ci sono ragioni di amicizia tra i due Paesi". Idea che gli piacque al punto da ripeterla, con poche variazioni, anche negli anni a venire. La disfida di Calciopoli, naturalmente, ha spinto i club di Montecitorio e i relativi Benito Fornaciari all'incontinenza verbale da Borgo-rosso.

"Credo che l'Inter dovrebbe stare solo zitta. Dopo aver reclamato lo ‘scudetto degli onesti', ora si trova inchiodata" argomentava Maurizio Paniz, juventino, nel 2011 con accenni simili a quelli del collega Maurizio Gasparri a proposito dell'imbarazzante Lazio-Inter 0-2, maggio 2010: "Pagina vergognosa . L'Inter vincerà lo scudetto, ma sarà un titolo simile a quello ottenuto con le telefonate di Facchetti agli arbitri".

Una canea da stadio a cui l'analisi del deputato Udc Armando Dionisi, alfiere della cellula laziale in Transatlantico offriva altra benzina: "Clima surreale frutto dell'ultimo derby, con Totti che con i pollici rivolti alla curva Nord si ‘augurava' che la Lazio potesse retrocedere in serie B".

La Repubblica della sfera ha cambiato sistema. Ieri dentro le società, oggi fuori, tra il Senato e la Camera - come hanno insegnato Berlusconi e Vittorio Cecchi Gori (all'epoca senatore e presidente della Fiorentina) - dove si può fare meglio e non c'è bisogno dei bizantinismi dell'ex padrone del Napoli Corrado Ferlaino. Uno che usava la politica come un taxi, stringendo tra le dita tre tessere (Msi, Dc e Pli) e in cda imponeva parlamentari come il demitiano Clemente Mastella.

Il presente richiede prontezza di spirito. Legislazioni da manipolare. Un controllo più discreto di quello che Giulio Andreotti esercitò sulla Roma (da Franco Evangelisti, "A Frà che te serve?", numero uno nel '65, a Giuseppe Ciarrapico). E a niente serve il folklore che spinse due allievi del "Divo" in cortocircuito come Luciano Gaucci e Vincenzo Matarrese lontani dai fasti della Dc (era il '99, suo fratello Tonino fu cinque volte deputato) a un passo dallo scontro fisico a Perugia. Matarrese sul predellino, provocatorio, all'attacco per il suo Bari: "Gaucci, siamo di serie A" e l'altro che divincola il quintale dalle guardie: "Lasciami, gliene devo dire quattro" per poi tracimare sotto la pioggia: "Vai a fare in culo te e tuo fratello, venduto, zozzone, cornuto, figlio di mignotta, li mortacci tua".

 

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