“MANI PULITE? NON POTEVA CHE FINIRE IN FICTION” - L’INFELTRITO SU “1992”: “LA SERIE PIU' ATTENTA ALLO SPETTACOLO CHE ALLA VERITA' STORICA. ALCUNI PARTITI FURONO TRATTATI DA DI PIETRO MEGLIO DI ALTRI. FORZA ITALIA? NACQUE PER ARGINARE IL PDS"

Vittorio Feltri per “il Giornale”

1992 DI PIETRO1992 DI PIETRO

 

Mani pulite non poteva che finire in fiction. A forza di parlarne e scriverne, travisando la realtà allo scopo di trarre vantaggi politici, con il trascorrere dei decenni se n'è perso il significato. Gli autori televisivi di Sky hanno realizzato la serie utilizzando il «sentito dire», com'era ovvio che fosse, più attenti allo spettacolo che alla verità storica. Cosicché hanno confezionato un programma digestivo.

 

Ma quello che accadde nel 1992 e negli anni successivi fu ben altro. Tanto per essere precisi, l'inizio dell'inchiesta fu casuale, opera di Antonio Di Pietro, magistrato non particolarmente stimato e amato dai colleghi. I quali, anzi, alle prime battute delle indagini, lo presero sotto gamba, pensando che egli agisse per assicurarsi un fascio di luce sulla ribalta.
 

Solamente in un secondo tempo la Procura di Milano si accorse che lo scandalo si sarebbe gonfiato, provocando un terremoto micidiale, e si accodò volentieri al Pm molisano, accettandone la leadership assegnatagli dai media. Per alcuni mesi, da marzo 1992 alla fine dell'estate, giornali e tv non amplificarono - per scetticismo - la performance di Di Pietro nella convinzione che si trattasse di un fuoco di paglia. Poi, invece, compresero che Tonino era una tigre e lo cavalcarono.
 

antonio di pietro 6antonio di pietro 6

Fui il primo a intervistarlo (per intercessione di comuni conoscenti) e mi confidò che faticava a intensificare le investigazioni: sospettava di essere boicottato, addirittura, all'interno di quello che era chiamato il pool. Di Pietro era preoccupato e mi chiese di dargli una mano a demolire il muro di diffidenza che lo circondava. Il mio giornale, L'Indipendente, divenne così trombettiere di Mani pulite.

 

Le notizie mi arrivarono copiose, e io le pubblicavo con grande evidenza, aumentando così le vendite in edicola, al punto che all'inizio dell'autunno di quell'anno il quotidiano da me diretto - dato per morto - passò da 20mila copie (di febbraio) a oltre 55mila. Qualche scemo ancora oggi mi chiede perché fui tanto cinico da diventare un bieco giustizialista. Se guidi una testata destinata al cimitero e scopri la terapia per tenerla in vita e rilanciarla, la applichi al meglio. Non ero e non sono un missionario: dovevo salvare l'azienda e i posti di lavoro, e li salvai grazie alle «prodezze» di Tonino, frattanto promosso dal popolo eroe della giustizia.
 

Berlusconi e Di Pietro in ParlamentoBerlusconi e Di Pietro in Parlamento

Avrò sbagliato a enfatizzare certe operazioni (arresti con larga profusione di manette), ma non fallii il bersaglio: la classe politica fu colpita al cuore e stesa. Lo stesso dicasi di Di Pietro: commise vari errori, tra cui quello di esagerare nell'uso della galera finalizzato a far cantare gli indagati, senza contare l'eccesso di sicurezza in se medesimo, una spavalderia ai limiti dell'arroganza. Ma, al di là di ciò, la materia per proseguire nell'inchiesta con effetti speciali era abbondante. I partiti rubavano indecentemente e gli imprenditori avevano la loro bella convenienza a sganciare mazzette.
 

Il sistema era vizioso e sembrava immodificabile, quando invece si poteva e si doveva aggiustare. A chi toccava emendarsi? Alla maggioranza di governo che, in quanto tale, avrebbe avuto la facoltà di legiferare per rendere legittimo il finanziamento della politica. Evidentemente, se il meccanismo illecito non venne eliminato, una ragione ci sarà. Questa: ai ladri faceva comodo incassare sottobanco non solo per fornire liquidi ai partiti, ma anche per distrarne in quantità per se stessi. Altrimenti non si giustificherebbe il fatto che molti onorevoli e senatori vivessero al di sopra del loro censo, per esempio abitando in ville sull'Appia antica (a Roma) la cui pigione mensile superava l'indennità parlamentare. Dove andavano a raccattare i soldi costoro se non nelle tasche degli italiani?

miriam leonemiriam leone

 

D'altronde, se il finanziamento alle segreterie fosse avvenuto alla luce del sole, sarebbe stato obbligatorio trascrivere gli introiti nei bilanci, e questo avrebbe impedito ai furfanti di trattenere una parte del bottino e spenderlo personalmente. Il concetto non mi sembra difficile da afferrare.
 

Il volume delle tangenti era spaventoso. Dovunque cadesse l'occhio di Di Pietro, si manifestavano cifre ingenti che piovevano nel portafoglio di gente insospettabile. Pertanto è ridicolo pensare che Mani pulite sia stato un castello in aria fondato sul nulla. Altro che nulla: montagne di denaro.
 

1992 la serie miriam leone  veronica castello  estefano accorsi  leonardo notte 11992 la serie miriam leone veronica castello estefano accorsi leonardo notte 1

Tonino fu beatificato, era l'uomo più famoso d'Italia, più ammirato. E la classe politica giudicata quale associazione per delinquere, tant'è che il pentapartito fu sgominato: la Dc, il Psi, il Pli, il Psdi e il Pri inghiottiti dalla melma. Rimasero in piedi il Pci (poi Pds), la Lega e il Msi. Il primo era l'unico attrezzato per vincere le imminenti elezioni, gli altri due, benché cresciuti di qualche punto, erano nani se paragonati al gigante rosso, uscito indenne dall'ondata giudiziaria.
 

antonio di pietro 4antonio di pietro 4

Come mai i comunisti la scamparono? Perché erano onesti? Ma va' là. Proprio loro che si erano alimentati lustri e lustri con i rubli (tramutati in dollari, s'intende) di Mosca. Si dà il caso che sul declinare degli anni Ottanta fosse intervenuta un'elegante amnistia (votata entusiasticamente all'unanimità), equivalente a una pietra tombale sul reato. Inoltre, Mani pulite, così feroce con democristiani e socialisti, fu mansueta - diciamo non accanita - con gli ex amici dell'ex Urss, i quali anziché in galera si prepararono per andare al governo. Non osiamo affermare che le toghe rosse favorirono i compagni. Segnaliamo tuttavia che Di Pietro e Gerardo D'Ambrosio furono eletti in Parlamento coi voti della sinistra. Ma questo è un dettaglio che lasciamo valutare ai lettori.
 

Veniamo piuttosto a Silvio Berlusconi. Non è assolutamente vero che costui - contrariamente a quanto scritto ieri da Beppe Severgnini sul Corriere della Sera - fondò Forza Italia per sentirsi meno solo dopo l'abbattimento di Bettino Craxi.

 

downloaddownload

Il Cavaliere si inventò e costruì un partito in tre mesi per fronteggiare la «gioiosa macchina da guerra» di Achille Occhetto, che si apprestava a stravincere le elezioni in programma per la primavera 1994. Senza il contrasto formidabile del patron di Fininvest, il Pds, che allora sfoggiava nel simbolo una quercia, si sarebbe impadronito di Palazzo Chigi e di tutto il resto. Ecco perché Berlusconi si è ricoperto di una patina di odio: la sua colpa è quella di aver tardato di quasi vent'anni la conquista del potere da parte dei trasformisti comunisti.
 

1992 poster altro1992 poster altro

Quello che è accaduto dopo è notorio, l'abbiamo vissuto. Qualcuno sostiene che Tangentopoli ha fatto un gran casino, ma non ha cambiato nulla. C'è del vero. Essendo sfuggito al repulisti, il vecchio Pci, pur sotto mentite spoglie, è rimasto quale incrostazione indistruggibile e ha impedito, morta la Prima Repubblica, lo sviluppo della seconda che in pratica è abortita. Ne paghiamo le conseguenze.
 

berlusconi mentana occhettoberlusconi mentana occhetto

A rottamare i compagni d'antico pelo ha provveduto Matteo Renzi con un colpo di ramazza. Se questo non è un cambiamento... Chi ha ferito il Cavaliere, adesso sanguina a sua volta ed è obbligato a cedere spazio alla generazione verde, che del rosso non sa che farsene. Indubbiamente, l'Italia non è progredita avendo perso anni a combattere con ogni arma Berlusconi, e Berlusconi ne ha persi altrettanto per difendersi, debilitandosi. Ma questa è un'altra storia che la fiction ha preferito trascurare, come ha trascurato altre cose troppo importanti per essere tradotte in povere immagini televisive.

per zucconi con di pietro sindaco arrivano i poderi fortiper zucconi con di pietro sindaco arrivano i poderi fortiBERLUSCONI MENTANA OCCHETTOBERLUSCONI MENTANA OCCHETTOcraxi e martelli GetContent jpegcraxi e martelli GetContent jpeg

 

Ultimi Dagoreport

donald trump giorgia meloni keir starmer emmanuel macron

DAGOREPORT - DIMENTICATE SCAZZI E VAFFA, DOMANI A ROMA TRA MACRON E MELONI SOLO BACI E ABBRACCI – SE L’EUROPA A TRAZIONE “VOLENTEROSI” HA BISOGNO DELL’ITALIA, DALL’ALTRA LA DUCETTA HA CAPITO DI ESSERE FINITA NEL VICOLO DELL’IRRILEVANZA - ACCANTONATI I SOGNI DI DIVENTARE LA REGINA DELLA DESTRA EUROPEA, MERZ E MATTARELLA LA SPINGONO VERSO IL PPE, USCENDO DAL GRUPPO DESTRORSO DI ECR - MACRON E MELONI SONO AMBEDUE ALLE PRESE CON L’ULTRA DESTRA DI MARINE LE PEN E DI MATTEO SALVINI (MA IL SECONDO SIEDE A PALAZZO CHIGI) - IL RENDEZ-VOUS DI DOMANI DOVRÀ RASSICURARE LA SORA GIORGIA CHE NON SARÀ PIÙ ESCLUSA DAI TAVOLI DEI NEGOZIATI SULL’UCRAINA, COME È SUCCESSO A TIRANA - SECONDO: ASSICURARSI L’INSOSTITUIBILE PRESENZA DELL’UNICO ALLEATO EUROPEO DOTATO DI POTENZA NUCLEARE ALLA CONFERENZA DEL 7 LUGLIO A ROMA SULLA RICOSTRUZIONE DELL’UCRAINA. SENZA MACRON, SAREBBE NON SOLO UN FALLIMENTO TOTALE, MA INUTILE - IL PRAGMATICO MERZ SI STAGLIA SEMPRE PIÙ COME IL LEADER PER ECCELLENZA DELL’UNIONE EUROPEA: MERCOLEDÌ È ATTESO A WASHINGTON. DI SICURO NON SI RIPETERÀ IL PESTAGGIO SUBITO DA ZELENSKY: A FAR COMPAGNIA A MUSK CON UN OCCHIO NERO QUESTA VOLTA SAREBBE IL CALIGOLA DI MAR-A-LAGO - VIDEO

massimo martinelli azzurra francesco gaetano caltagirone guido boffo roberto napoletano

FLASH! – MISTERO BOFFO! È DURATO APPENA UN ANNO GUIDO BOFFO ALLA DIREZIONE DE “IL MESSAGGERO”, CHE SARÀ AFFIDATA AD INTERIM AL DIRETTORE EDITORIALE MASSIMO MARTINELLI – BOFFO FU UNA SCELTA DI AZZURRA CALTAGIRONE, IN BARBA A PAPÀ CALTARICCONE – ALLA SCADENZA, ESATTAMENTE DOPO UN ANNO, IL CONTRATTO DI BOFFO NON È STATO RINNOVATO – NEL CUORE DI CALTA C’È IL RITORNO DI ROBERTO NAPOLETANO, ATTUALE DIRETTORE DE “IL MATTINO” DI NAPOLI, ALTRO QUOTIDIANO DEL GRUPPO CALTAGIRONE…

antonio tajani matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - IL PRANZO DEI VELENI È SERVITO: LUNEDÌ A PALAZZO CHIGI SONO VOLATI PIATTI E BICCHIERI TRA I TRE CABALLEROS DEL GOVERNO - MELONI E TAJANI HANNO MESSO ALL’ANGOLO IL "PATRIOTA" TRUMPUTINIANO SALVINI, ACCUSANDOLO DI SABOTARE L'ESECUTIVO CON LE SUE POSIZIONI ANTI-EUROPEE E GLI ATTACCHI A MATTARELLA SUL CODICE ANTI-MAFIA DEL PONTE DELLO STRETTO – QUANDO SONO ARRIVATI I RISULTATI DELLE COMUNALI, CON LA DEBACLE DEL CENTRODESTRA, "IL TRUCE" DELLA LEGA E' PARTITO ALL'ATTACCO, INCOLPANDO LA ''GIORGIA DEI DUE MONDI'' (COLLE OPPIO E GARBATELLA) PER LA SCONFITTA A GENOVA: SE NON AVESSE CONVINTO BUCCI A LASCIARE LA POLTRONA DI SINDACO DI GENOVA PER CORRERE PER LA PRESIDENZA DELLA REGIONE LIGURIA (STOPPANDO IL LEGHISTA RIXI), IL SINDACO SAREBBE RIMASTO AL CENTRODESTRA. A QUEL PUNTO, SI E' SVEGLIATO TAJANI CHE HA RICORDATO A ENTRAMBI CHE SENZA I VOTI DI CLAUDIO SCAJOLA OGGI CI SAREBBE IL PD DI ANDREA ORLANDO ALLA REGIONE LIGURIA…

benjamin netanyahu matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT – QUANTO POTRÀ DURARE IL SILENZIO IMBARAZZATO E IMBARAZZANTE DI GIORGIA MELONI DI FRONTE AI 50MILA MORTI DI GAZA? LA DUCETTA NON VUOLE SCARICARE NETANYAHU PER NON LASCIARE A MATTEO SALVINI LA "PRIMAZIA" DEL RAPPORTO CON "BIBI". MA ANCHE PER NON IRRITARE LA POTENTE COMUNITÀ EBRAICA ITALIANA, STORICAMENTE PENDENTE A DESTRA – ORMAI ANCHE URSULA VON DER LEYEN E ANTONIO TAJANI (NON CERTO DUE CUOR DI LEONE) CONDANNANO LE STRAGI NELLA STRISCIA CON PAROLE DURISSIME: “AZIONI ABOMINEVOLI” – ANCHE LA POPOLAZIONE ISRAELIANA VUOLE SFANCULARE “BIBI”, COME STA FACENDO GIÀ TRUMP, CHE NEI GIORNI SCORSI HA ATTACCATO LA CORNETTA IN FACCIA A SEMPRE PIÙ IN-GAZATO PREMIER ISRAELIANO (OGGI HA RIVELATO DI AVERGLI "DETTO DI NON ATTACCARE L'IRAN")

andrea orcel castagna fazzolari meloni milleri caltagirone giuseppe giovanbattista giorgia giancarlo giorgetti

DAGOREPORT - IL GARBUGLIO DEL SUPER RISIKO BANCARIO SPACCA NON SOLO LA FINANZA MILANESE (DUELLO UNICREDIT-INTESA) MA STA FACENDO DERAGLIARE ANCHE IL GOVERNO DI DESTRA-CENTRO -GONG! OGGI È ANDATO IN SCENA UN PESANTISSIMO SHOWDOWN TRA MELONI, CHE È FAVOREVOLE AD APERTURE SUL GOLDEN POWER A UNICREDIT SULL’OPERAZIONE BANCO BPM CON TAJANI SOSTENITORE INDEFESSO DEL LIBERO MERCATO, E LA LEGA DI SALVINI CHE È PRONTA A FAR CADERE IL GOVERNO PUR DI NON MOLLARE IL “SUO” BANCO BPM A UNICREDIT - OGGI, ARMATO DI BAZOOKA, È SCESO IN CAMPO IL MINISTRO DELL’ECONOMIA, GIANCARLO GIORGETTI. INCALZATO DAI CRONISTI SULLE POSSIBILI APERTURE DEL GOVERNO ALLE PRESCRIZIONI DEL GOLDEN POWER APPLICATE ALLA BANCA DI ORCEL, L’ECONOMISTA DI CAZZAGO È SBOTTATO COME UN FIUME IN PIENA: “SE CI FOSSE IL MINIMO DISALLINEAMENTO (CON MELONI), NON CI SAREBBE UNA MINACCIA DI DIMISSIONI, MA LE DIMISSIONI STESSE. NON SI ANNUNCIANO LE DIMISSIONI, LE SI DANNO…”

donald trump zelensky vladimir putin russia ucraina

DAGOREPORT - TRUMP STREPITA MA NON COMBINA UN CAZZO – ZELENSKY PROPONE UN INCONTRO A TRE CON IL TYCOON E PUTIN MA NESSUNO LO CONSIDERA: PUTIN SI CHIAMA FUORI (“SOLO DOPO ACCORDI SPECIFICI”). E IL TYCOON? NON VUOLE UN INCONTRO DIRETTO CON PUTIN PERCHE', IL MOLTO PROBABILE BUCO NELL'ACQUA, SAREBBE L'ENNESIMA CONFERMA DELLA SUA INCAPACITA' DI RISOLVERE LA CRISI UCRAINA. LUI, CHE PRIMA DELLE ELEZIONI DICEVA “PORTERÒ LA PACE IN 24 ORE”, E A PIU' DI QUATTRO MESI DALL’INSEDIAMENTO SI RITROVA CON I DRONI E I MISSILI RUSSI CHE MARTELLANO PIÙ CHE MAI KIEV...