1- L’ITALIETTA DEI “NON VOTANTI” (321) DA IL COLPO DI GRAZIA A BERLUSCOLANDIA (308 SÌ) 2- BTP: SPREAD RISALE A 490 PUNTI BASE DOPO IL VOTO DELLA CAMERA SUL RENDICONTO 3- RIUNIONE STRAORDINARIA BANANA, BOSSI, MARONI E TREMONTI: LEGA ESCE DAL GOVERNO? 4- UNDICI MESI VISSUTI PERICOLOSAMENTE: DAL FALLITO ASSALTO NEL DICEMBRE SCORSO AI MINISTERI LEGHISTI DI MONZA: UN LENTO DECLINO PER IL BERLUSCONISMO SENZA LIMITISMO (CHE COSA GLI È TOCCATO DI FARE, E CHE COSA CI È TOCCATO DI VEDERE) 5- LO SPREAD HA SUPERATO I 500 PUNTI E IL CAVALIERE SALE AL QUIRINALE ALLE 18.30

1- OK RENDICONTO,308 SI', 1 ASTENUTO,321 NON VOTANO. I NON VOTANTI SUPERANO I SI'...
(ANSA)
- L'Aula della Camera ha approvato il disegno di legge di rendiconto generale dello Stato per il 2010. I voti a favore sono stati 309, nessun contrario, un astenuto. I non votanti sono stati 321.

BERSANI: VOTO CERTIFICA GOVERNO SENZA MAGGIORANZA
(TMNews)
- "Questo voto ha certificato su un atto dirimente per la governabilità del paese che il governo non ha la maggioranza in quest'aula". Lo ha detto il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, prendendo la parola in Aula alla Camera subito dopo il voto sul Rendiconto.

E' STRADELLA IL DEPUTATO PDL CHE SI È ASTENUTO
(TMNews)
- Il deputato che si è astenuto sul Rendiconto è Franco Stradella (Pdl). Nei giorni scorsi aveva espresso perplessità sulla linea del governo.

BORSA MILANO: CONTINUA CORSA DOPO VOTO SU RENDICONTO...
(ANSA)
- Piazza Affari continua la sua corsa dopo il voto della Camera sul rendiconto dello Stato, passato senza il voto di 321 deputati. Il Ftse Mib avanza del 2,41%.

RIUNIONE BERLUSCONI-BOSSI-MARONI-TREMONTI...
(ANSA)
- E' in corso presso la Sala del Governo una riunione straordinaria a cui partecipano il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ed i ministri Umberto Bossi, Giulio Tremonti e Roberto Maroni.

2- BTP: SPREAD RISALE A 490 PUNTI BASE DOPO IL VOTO DELLA CAMERA SUL RENDICONTO
Radiocor -
Spread tra BTp e decennali tedeschi in risalita a 490 punti base dopo il voto della Camera sul Rendiconto, che ha di fatto dimostrato che il Governo Berlusconi non ha piu' la maggioranza assoluta a Montecitorio, ma con un esito della crisi politica italiana ancora avvolto nell'incertezza. Il rendimento teorico sul decennale italiano si attesta in questi minuti intorno al 6,69%.


3- UNDICI MESI VISSUTI PERICOLOSAMENTE: DAL FALLITO ASSALTO NEL DICEMBRE SCORSO AI MINISTERI LEGHISTI DI MONZA: UN LENTO DECLINO PER IL GOVERNO
Mattia Feltri per "La Stampa"

Che cosa gli è toccato di fare, e che cosa ci è toccato di vedere. Il governo è infine sopravvissuto dieci altri mesi durante i quali ha trascinato la sua carcassa in giro per il Paese e per il mondo. Il 14 dicembre la faccia di Gianfranco Fini, che aveva perduto la battaglia a cui era stato trascinato da pessimi consiglieri, sarebbe stata la faccia di tutti noi, se non avesse semplicemente riguardato la carriera politica del presidente della Camera, affossata nel rimpianto di pochi in quel tragico assalto alla baionetta. Un fuoriclasse della persuasione, diciamo così, come Silvio Berlusconi fece il capolavoro e si conquistò una fiducia minima: 314 a 311.

«Abbiamo una maggioranza numericamente ridotta ma più coesa», disse il premier dopo essersi liberato del tardivo e scapestrato avversario interno. La scena di quella serata d'inverno fu un antipasto, e lì si accese la stella di Domenico Scilipoti, ex dipietrista passato in maggioranza per senso di responsabilità e presto promosso al ruolo di totem. Ce ne sono tanti come lui (arrivarono dal partito di Pier Ferdinando Casini, dall'Mpd di Raffaele Lombardo, persino dai finiani) che si è conquistato il monumento della legislatura per questioni antropologiche e onomatopeiche.

Una maggioranza così, con una terza gamba così, non poteva che mettere fuori tutte le facce di tolla di cui disponeva. Ma ogni volta ci si chiedeva se fosse possibile scialacquare una reputazione, come a febbraio fece Maurizio Paniz, avvocato sin lì noto per la trionfale difesa di Unabomber, alzandosi alla Camera per sostenere che il presidente del Consiglio, quando chiamò la questura di Milano per ottenere la liberazione di Ruby Rubacuori, era «nella convinzione» che la ragazza fosse «parente di un presidente di Stato».

Bisognerebbe affiggere una targa sui muri di Montecitorio, disse Giampiero Mughini, per scriverci che 315 deputati avevano convalidato una così luminosa panzana. Che cosa gli è toccato di fare per restare all'impiedi, persino di spedire in carcerazione preventiva un deputato, Alfonso Papa, per reati che non erano di sangue né legati all'eversione: nemmeno il Parlamento degli inquisiti, quello assediato dalla procura di Milano, era riuscito a tanto. Ci volle il voto decisivo dei leghisti imbarazzati dai risultati delle amministrative e dalla rabbia dei padani: alcuni di loro si fotografarono col telefonino la mano votante per testimoniare che non c'era stata pietà.

Era luglio e sarebbero bastate le villeggiature per ricondurre i leghisti verso un garantismo rigidamente berlusconiano: Marco Milanese, che non era un ex magistrato borbonico ma il portavoce dell'amico Giulio Tremonti, venne invece salvato a settembre, e nonostante il ministro se la fosse nel frattempo svignata. In casi del genere, e dopo Papa, ci vuole più pelo sullo stomaco a restare in aula o a prendere un aereo per Washington? Ognuno si risponda. Tanto qui il coraggio non è mai mancato: a maggio se ne trovò in quantità per nominare nove freschi sottosegretari, i più provenienti dall'eroico gruppo dei Responsabili, come Catia Polidori, Giampiero Catone e Bruno Cesario, e ci fu posto anche per Daniela Melchiorre.

Che cosa ci è toccato di vedere: questa signora, che già aveva mollato Romano Prodi e poi aveva mollato Berlusconi, era adesso tornata e se ne sarebbe ripartita dopo che il presidente del Consiglio - altra scenetta da pelle d'oca - si era intrattenuto con Barack Obama per spiegargli quanto fosse santa e urgente la riforma della giustizia. All'ex magistrato Melchiorre, ignara, servì per aprire gli occhi sulla disposizione d'animo del premier verso le toghe. Che importa, l'andirivieni è frenetico: il 14 si è votata l'ultima fiducia, dopo che l'esecutivo era andato sotto sul rendiconto, e il 15 sono arrivate le medaglie: due viceministri e due sottosegretari.

Fossero stati tutti lì, i problemi. Si è trascorsa l'estate a varare una manovra o un progetto di manovra dietro l'altro, sempre a cercare l'equilibrio perfetto e impossibile, l'aumento dell'Iva annunciato oggi e smentito domani, le Province sì e le Province no, il taglio alla casta sventolato di giorno e ripiegato la notte, una quadratura di bilancio giocata alla morra e mai raggiunta, come si è visto dalle villanzone risatine internazionali. E però quelli della Lega intanto si davano da fare, e mentre aspettavano che il federalismo fiscale sbocciasse in una primavera italiana di cui non s'è vista una rondine, giocavanoal piccolo traslocatore istituendo quattro sedi di ministero alla Villa Reale di Monza. Senza telefoni, come tutti sanno, ma col quadretto di Umberto Bossi alle pareti.

Fa niente se poi il grande capo doveva battersela nottetempo dall'albergo di montagna preso di mira da pochi ma scandalosi dissidenti. Chissà se davvero i colonnelli padani credevano che bastasse mettere qualche dicastero in Brianza per nasconderci dietro la nomina a ministro di un Saverio Romano, mal indagato in Sicilia e mal graduato a Roma. Che cosa gli è toccato di fare, e per quanto tempo, per finire comunque, e comunque senza gloria.

 

VIGNETTA ECONOMIST BERLUSCONI DRAGHIVignetta di Benny da "Libero"Berlusconi vignetta Giannellivignetta Vincino Berlusconi e l'economiaBOSSI - MARONIDOMENICO SCILIPOTI Tremonti e Bersani VIGNETTA GIANNELLI - BERLUSCONI PERSEGUITATO DAI MERCATIruby rubacuori MARCO MILANESE GIULIO TREMONTI SILVIO BERLUSCONI GIANFRANCO FINI FRANCESCO SAVERIO ROMANO

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