MA A LAVORARE MAI? INGROIA SFILA IN PIAZZA E LA SANTADECHE’ LO AZZANNA: I MAGISTRATI NON POSSONO MANIFESTARE

1. SANTANCHÉ - "INGROIA INFANGA LA GIUSTIZIA IL CSM DEVE PROCESSARLO"
Andrea Cuomo per "il Giornale"

«Trovo che il fatto che un magistrato in ruolo anche se in ferie partecipi a una manifestazione con le bandiere di partito organizzata apertamente contro una parte politica e contro un governo sia scandaloso». Daniela Santanchè, deputata del Pdl, non ha sopportato lo spettacolo di Antonio Ingroia sabato alla manifestazione della Fiom di Roma.

E chiede al Csm di aprire una procedura contro l'ex procuratore di Palermo,oggi in carico alla Procura di Aosta. «Se il Csm non farà nulla sarà preoccupante».

Perché preoccupante?

«Perché vorrà dire che qualsiasi magistrato può fare quello che vuole. Peraltro Ingroia non si è limitato a una partecipazione silente alla manifestazione di sabato. No, ha rilasciato anche qualche dichiarazione. Ma lui non è più un leader politico, non può farlo».

Lui dice che era lì «al fianco del lavoratori, che sono i cittadini italiani che più pagano la crisi del Paese a causa delle politiche di rigore».

«Questo è l'aspetto che più mi fa infuriare di questa vicenda. Stiamo vivendo una crisi economica paurosa. Ingroia ha già beneficiato di una lunga aspettativa per condurre la sua campagna elettorale di odio contro un nemico. Ora, appena ritornato in servizio come magistrato, se ne va in ferie».

Lui direbbe che sta solo avvalendosi dei suoi diritti...

«Sì, ma è un pessimo esempio del mondo in cui possa essere inteso l'interesse pubblico da parte di un servitore dello Stato peraltro molto ben pagato. E un affronto nei confronti di tutti quelli che stanno soffrendo e di tutti i lavoratori in genere. Ingroia sabato era circondato da lavoratori che guadagnano 1.300 euro al mese, da precari, da disoccupati e dice di essere andato lì per loro. Ma mi sarei aspettata che venisse sonoramente fischiato da chi gli stava attorno. E invece no».

Però non è stato nemmeno osannato.

«Non mi importa. Trovo che non fosse quello il posto giusto per lui, né come magistrato né come politico. Ingroia non era degno di stare là. Un lavoratore comune che si comportasse come si è comportato lui nell'ultimo anno verrebbe probabilmente licenziato dal datore di lavoro».

Quanto conta nella sua rabbia il fatto che Ingroia è notoriamente un magistrato anti­berlusconiano?

«Ingroia è la manifestazione plastica di quello che noi diciamo da anni, cioè che una parte della magistratura, per fortuna piccola, che utilizzano la magistratura per fare politica e per rovesciare l'esito delle urne. La manifestazione plastica della persecuzione giudiziaria nei confronti di Berlusconi. Ma la cosa si ritorcerà contro Ingroia. Sa che le dico?».

Che ci dice?

«Che ora chiunque debba essere processato da Ingroia per qualcosa che abbia a che fare con le sue idee avrebbe diritto a far valere il legittimo impedimento, visto che Ingroia si è dimostrato non esattamente super partes in un mestiere che fa dell'imparzialità la sua ragion d'essere».

Prima delle elezioni lei in una trasmissione radiofonica disse che Ingroia le faceva schifo, che è «il peggio del peggio», che sarebbe stato meglio vedere Cosentino che lui in Parlamento (in realtà non vediamo né l'uno né l'altro). Ma quanto le sta antipatico il magistrato siciliano?

«Guardi, non è una questione di antipatia umana. Io, se vuole saperlo, Ingroia non l'ho nemmeno mai conosciuto. Ma il punto non è quello. Io non condivido nulla di lui. Da esponente politico non condivido come Ingroia intende il suo lavoro di magistrato. E da imprenditore non condivido come Ingroia intende il lavoro tout court . Le basta?».


2. INGROIA, IL PM CHE NON RINUNCIA AI CORTEI - LA FIOM CHIAMA A RACCOLTA TUTTI GLI ANTAGONISTI IN FUNZIONE ANTI PD. MA I MAGISTRATI NON POSSONO MANIFESTARE
Fabrizio Rondolino per "il Giornale"

Non s'era mai vista una manifestazione così imponente contro il Partito democratico, e per di più nella mitica piazza romana di San Giovanni. Tutta la sinistra di lotta e di autogoverno s'è raccolta intorno a Maurizio Landini, l'eroe della Fiom e dei talk show che piacciono alla gente che piace, per mettere sotto pubblico e popolare processo la scelta del Pd, sofferta e in gran parte subìta, di compiere un tratto di strada comune insieme al Pdl.

All'appello della Fiom, la rocca fortificata del movimento operaio che fu, hanno risposto grandi e piccini: Sinistra e libertà al gran completo con un Vendola radioso («Non do consigli ad Epifani, dico solo che sono di sinistra e se non vengo al corteo della Fiom non so dove altro potrei andare»), i comunisti combattenti di Ferrero e di Diliberto, il presidente mancato Stefano Rodotà (che dopo le medaglie grilline ha ricevuto anche la tessera onoraria della Fiom), l'immancabile Gino Strada, il valdostano renitente Antonino Ingroia (ma i magistrati possono andare in piazza?) e - novità politica di non poco conto - un certo numero di parlamentari e simpatizzanti del Movimento 5 stelle.

«Non capisco - ha scandito Landini fra gli applausi - come si possa essere al governo con Berlusconi e avere paura di essere qui». L'imputato contumace è il Pd, e sebbene la manifestazione fosse sulla carta «per il diritto al lavoro, all'istruzione, alla salute, al reddito, alla cittadinanza, per la giustizia sociale e la democrazia», in realtà è stata tutta contro il governo. O meglio: contro l'idea stessa di un governo Pd-Pdl, a prescindere. Così, l'assenza dalla piazza è diventata agli occhi dei manifestanti la prova provata del tradimento: «Chi non c'è parla da solo», ha minacciato Landini.

In realtà qualcuno del Pd in piazza c'era, e neppure dei meno importanti se si guarda all'imminente campagna congressuale: hanno sfilato con gli irriducibili il «giovane turco» Matteo Orfini e l'ex ministro Fabrizio Barca, ambizioso candidato alla segreteria, insieme all'intramontabile Sergio Cofferati, che si è pubblicamente lamentato per l'assenza del suo partito. Ma la loro presenza, certamente calcolata ai fini delle personali carriere, ha assunto il carattere di una sfida interna e di un posizionamento futuro che darà molto filo da torcere al governo.

La verità è che il Pd è il ground zero della politica italiana e l'elezione di Epifani alla segreteria appare sempre più, col passare dei giorni, il fragile tentativo di coprire l'assenza di una linea politica con un'assenza di leadership.

Non c'è, né al Nazareno né nelle assemblee parlamentari, un gruppo dirigente cosciente della situazione e del proprio compito. Nessuno ha mai fatto un'analisi anche superficiale della sconfitta elettorale e della situazione che ne è scaturita. Nessuno ha saputo spiegare con convinzione e ragionevolezza la necessità del governo Letta. Nessuno è stato capace di coglierne il valore positivo e di scorgervi l'occasione per una ridefinizione del sistema politico capace di portare vantaggi a tutti.

Al contrario, il corpaccione democratico ha subìto passivamente la nascita del governo e ogni giorno continua a subirne l'esistenza, vergognandosi in privato e in pubblico. «Noi siamo la parte migliore del paese», ha detto a un certo punto Landini: come a significare che il Pd sta invece con la parte peggiore. Epifani avrebbe dovuto rispondere a muso duro, e invece - siccome concorda in cuor suo con Landini sull'appartenenza alla «parte migliore» - ha chiesto goffamente scusa: «Non importa esserci, importa dare le risposte». Che è un po' come ammettere: il Pd non c'è (più), e se c'è dorme.

A San Giovanni non è nato un nuovo partito (non ancora, almeno), ma è stato gettato il seme di un nuovo governo, o almeno di una nuova maggioranza possibile. L'adesione dei Cinque stelle alla manifestazione è un inedito assoluto, e segna una tappa importante dell'Opa grillina sul Pd.

Con un'indubbia e divertita abilità tattica, Grillo ha mandato Bersani a schiantarsi due volte, prima con il suo «governo di cambiamento» e poi con la candidatura di Prodi al Quirinale: e ora che il Pd è al governo col Pdl, è pronto a prendersi tutti gli scontenti per ricominciare dalla casella iniziale. Che è, manco a dirlo, l'antiberlusconismo della «parte migliore» del Paese. Grillo, del resto, l'ha detto con chiarezza: al prossimo giro, quello finale, ci saremo soltanto noi e il Cavaliere. Stupisce che il Pd non sollevi obiezioni.

 

 

INGROIA AL CORTEO FIOM jpegSantanch daniela CORTEO FIOM A ROMA daniela santanchèGINO STRADA LANDINI E COFFERATI AL CORTEO FIOM ingroia bianco daniela santanchèAntonio Ingroia Ingroia firma autografi Antonio Ingroia

Ultimi Dagoreport

al thani bin salman zayed donald trump netanyahu saudita sauditi

DAGOREPORT – DOMANI TRUMP VOLA NEL GOLFO PERSICO, AD ATTENDERLO MILIARDI DI DOLLARI E UNA GRANA - PER CAPIRE QUANTI AFFARI SIANO IN BALLO, BASTA APRIRE IL PROGRAMMA DEL FORUM DI INVESTIMENTI USA-ARABIA SAUDITA. CI SARANNO TUTTI I BIG DELL’ECONOMIA USA: MUSK, ZUCKERBERG, ALTMAN, BLACKROCK, CITIGROUP, ETC. (OLTRE AL GENERO LOBBISTA DI TRUMP) - SAUDITI, EMIRATINI E QATARIOTI SONO PRONTI A FAR FELICE L'AMERICA "MAGA". MA PER INCASSARE LA CUCCAGNA, TRUMP QUALCOSA DEVE CONCEDERE: I REGNI MUSULMANI ARABI PERDEREBBERO LA FACCIA SENZA OTTENERE IL RICONOSCIMENTO DI UNO STATO PALESTINESE - L'INCONTRO DEI MINISTRI DEGLI ESTERI SAUDITA E IRANIANO PER UNA PACE TRA SCIITI E SUNNITI - PRESO PER IL NASO DA PUTIN SULL’UCRAINA E COSTRETTO DA XI JINPING A RINCULARE SUI DAZI, IL CALIGOLA DELLA CASA BIANCA HA DISPERATAMENTE BISOGNO DI UN SUCCESSO INTERNAZIONALE, ANCHE A COSTO DI FAR INGOIARE IL ROSPONE PALESTINESE A NETANYAHU…

starmer - zelensky - macron - tusk - merz - a kiev giorgia meloni fico putin

DAGOREPORT – DOVEVA ESSERE UNA “PONTIERA”, GIORGIA MELONI ORMAI È UNA “PORTIERA”. NEL SENSO CHE APRE E CHIUDE IL PORTONE AGLI OSPITI IN ARRIVO A PALAZZO CHIGI: L’ULTIMO CHE SAREBBE DOVUTO ARRIVARE TRA FRIZZI E LAZZI È ROBERT FICO, IL PREMIER SLOVACCO UNICO LEADER EUROPEO PRESENTE ALLA PARATA MILITARE, A MOSCA, SCAMBIANDOSI SMANCERIE CON PUTIN - PER NON PERDERE LA FACCIA, LA DUCETTA HA DOVUTO RIMANDARE LA VISITA DI FICO A ROMA AL 3 GIUGNO - QUESTI SONO I FATTI: L’AUTOPROCLAMATASI “PONTIERA”, TOLTA LA PROPAGANDA RILANCIATA DAI TROMBETTIERI DI ''PA-FAZZO'' CHIGI, NON CONTA NIENTE SULLO SCENA INTERNAZIONALE (LA PROVA? IL VIAGGIO DI MACRON, MERZ, STARMER E TUSK A KIEV E IL LORO ACCORDO CON TRUMP) - RUMORS: IL TEDESCO MERZ PERPLESSO SUL VIAGGIO IN ITALIA DI LUGLIO. E MELONI PUNTA A INTORTARLO DOMENICA ALLA MESSA DI INIZIO PONTIFICATO DI LEONE XIV, IN PIAZZA SAN PIETRO...

orchesta la scala milano daniele gatti myung whun chung myung-whun ortombina fortunato

DAGOREPORT: CHE GUEVARA VIVE ALLA SCALA – ALLA FINE DEL 2026, SARÀ IL DIRETTORE D’ORCHESTRA COREANO MYUNG-WHUN CHUNG IL SUCCESSORE DI RICCARDO CHAILLY - IL CONIGLIO (CONIGLIO, NON CONSIGLIO) DI AMMINISTRAZIONE DELLA SCALA AVEVA SUGGERITO IL NOME DEL MILANESE DI FAMA MONDIALE DANIELE GATTI. MA LA CGIL DELL’ORCHESTRA, SOTTOTRACCIA, HA SUBITO FATTO CAPIRE CHE NON ERA DI SUO GRADIMENTO: A GATTI VENIVA “RIMPROVERATO” UN ATTEGGIAMENTO UN PO’ SEVERO VERSO GLI ORCHESTRALI (POCO INCLINI A NON FARE QUEL CHE VOGLIONO) – ORA I SINDACATI RECLAMANO L’AUMENTO DI PERSONALE (DEL RESTO, LA SCALA, HA SOLO MILLE DIPENDENTI!), AUMENTI RETRIBUTIVI, SCELTA DELL’UFFICIO STAMPA ALL’INTERNO DEL TEATRO, FINANCO LA RICHIESTA DI PARCHEGGIARE I MONOPATTINI NEL CORTILETTO INTERNO…

orcel giorgetti nagel castagna bpm unicredit

DAGOREPORT - RISIKO INDIGESTO: LA PROTERVIA DI GIORGETTI A DIFESA DI BPM DALLE GRINFIE DI UNICREDIT, INDISPETTISCE FORZA ITALIA E I FONDI CHE HANNO INVESTITO MILIARDI IN ITALIA - GLI SCAZZI SUL DECISIONISMO DI ORCEL NEL BOARD DI UNICREDIT: IL CDA PRENDE TEMPO SULL'OFFERTA DI SCAMBIO SU BPM, CHE LA LEGA CONSIDERA LA "SUA" BANCA - LA STILETTATA DI NAGEL A LOVAGLIO ("PER BUON GUSTO NON RIPERCORRO LA STORIA DEL MONTE DEI PASCHI") E L'INSOFFERENZA DI CALTAGIRONE PER IL CEO DI BPM, CASTAGNA...

keir starmer emmanuel macron e friedrich merz sul treno verso kiev giorgia meloni mario draghi olaf scholz ucraina donald trump

DAGOREPORT - IL SABATO BESTIALE DI GIORGIA MELONI: IL SUO VELLEITARISMO GEOPOLITICO CON LA GIORNATA DI IERI FINISCE NEL GIRONE DELL'IRRILEVANZA. LA PREMIER ITALIANA OGGI CONTA QUANTO IL DUE DI PICCHE. NIENTE! SUL TRENO DIRETTO IN UCRAINA PER INCONTRARE ZELENSKY CI SONO MACRON, STARMER, MERZ. AD ATTENDERLI, IL PRIMO MINISTRO POLACCO TUSK. NON C'È PIÙ, COME TRE ANNI FA, L’ITALIA DI MARIO DRAGHI. DOVE È FINITA L’AUTOCELEBRATOSI “PONTIERA” TRA USA E UE QUANDO, INSIEME CON ZELENSKY, I QUATTRO CABALLEROS HANNO CHIAMATO DIRETTAMENTE IL ‘’SUO CARO AMICO” TRUMP? E COME HA INCASSATO L’ENNESIMA GIRAVOLTA DEL CALIGOLA DELLA CASA BIANCA CHE SI È DICHIARATO D’ACCORDO CON I VOLENTEROSI CHE DA LUNEDÌ DOVRÀ INIZIARE UNA TREGUA DI UN MESE, FUNZIONALE AD AVVIARE NEGOZIATI DI PACE DIRETTI TRA UCRAINA E RUSSIA? IN QUALE INFOSFERA SARANNO FINITI I SUOI OTOLITI QUANDO HA RICEVUTO LA NOTIZIA CHE TRUMP FA SCOPA NON PIÙ CON IL “FENOMENO” MELONI MA CON...

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - LA CAPITALE DEGLI AFFARI A MISURA DUOMO, A CUI IL GOVERNO MELONI HA LANCIATO L’ANATEMA “BASTA CON I BANCHIERI DEL PD”, È IN TREPIDA ATTESA DI COSA DELIBERERÀ UNICREDIT DOMENICA PROSSIMA, A MERCATI CHIUSI - SI RINCORRONO VOCI SULLA POSSIBILITÀ CHE ANDREA ORCEL ANNUNCI L’ADDIO NON SOLO ALL’OPS SU BPM MA ANCHE ALLA SCALATA DI COMMERZBANK, PER PUNTARE TUTTA LA POTENZA DI FUOCO DI UNICREDIT LANCIANDO UN’OPS SU GENERALI - DOPO LE GOLDEN MANGANELLATE PRESE SU BPM, ORCEL AVRÀ DI CERTO COMPRESO CHE SENZA IL SEMAFORO VERDE DI PALAZZO CHIGI UN’OPERAZIONE DI TALE PORTATA NON VA DA NESSUNA PARTE, E UN’ALLEANZA CON I FILO-GOVERNATIVI ALL’INTERNO DI GENERALI COME MILLERI (10%) E CALTAGIRONE (7%) È A DIR POCO FONDAMENTALE PER AVVOLGERLA DI “ITALIANITÀ” - CHISSÀ CHE COSA ARCHITETTERÀ IL CEO DI BANCA INTESA-SANPAOLO, CARLO MESSINA, QUANDO DOMENICA IL SUO COMPETITOR ORCEL ANNUNCERÀ IL SUO RISIKO DI RIVINCITA…