fratoianni letta conte

MA LETTA CERCA UN’ALLEANZA ELETTORALE PER NON FAR VINCERE LA DESTRA O UN’ALLEANZA POLITICA? IL SINISTRATO FRATOIANNI RECAPITA UN PIZZINO A ENRICHETTO: “SE IL TEMA SONO LE ALLEANZE ELETTORALI A DIFESA DELLA COSTITUZIONE, ALLORA LA COALIZIONE DEV'ESSERE LA PIÙ LARGA POSSIBILE E NON HA SENSO ESCLUDERE IL M5S. SE INVECE IL TEMA SONO LE ALLEANZE POLITICHE, LA VEDO DURISSIMA” – ANCHE IL COMPAGNO BERSANOV INVOCA L'ACCOZZAGLIA CON I 5STELLE…

Estratto dell'articolo di Gio.Vi. per "la Repubblica"

 

NICOLA FRATOIANNI VINTAGE

Sta aprendo a un'intesa tecnica con il Pd, Azione e Di Maio?

«Calma, calma, c'è una discussione in corso, bisognerà vedere come evolve, certo non dipende solo da noi. Abbiamo davanti due schemi: se il tema sono le alleanze elettorali a difesa della Costituzione, allora la coalizione dev' essere la più larga possibile e non ha senso escludere il M5S. Io sto lavorando e continuerò fino all'ultimo perché rientrino».

 

E l'altro schema?

«Se invece il tema sono le alleanze politiche occorrerà confrontarsi sui programmi, ma la vedo durissima: è difficile immaginare che il nostro sia compatibile con quello di partiti che accolgono esponenti di FI».

 

 

LETTA

Laura Cesaretti per “il Giornale”

 

«Sarà il sole o sarà la luna, ma il risultato di queste elezioni sarà chiaro», dice Enrico Letta. La metafora celeste gli serve per ribadire il concetto: o io o Meloni, o il Pd, che «è la sinistra», oppure la destra.

nicola fratoianni enrico letta

 

E «non ci sarà una terza strada che consentirà di fare chissà cosa», è l'avvertimento rivolto a chi coltiva ambizioni terzaforziste. Come i Cinque stelle di Conte (peraltro già bombardati di loro dal padre-padrone Beppe Grillo) o - soprattutto - come Carlo Calenda. Che continua a non sciogliere la riserva sull'alleanza chiestagli dal Nazareno («Tra qualche giorno saprete», risponde sibillino), facendo crescere l'allarme tra i dem.

 

fratoianni

Senza una «gamba» centrista e moderata, il Pd si ritroverebbe sbilanciato, con un fardello di alleati che reclamano posti (da Leu di Speranza a Sinistra italiana e verdi di Fratoianni-Bonelli a Demos che fa capo a Sant' Egidio al neo-partito di Di Maio) e non portano voti.

 

«Se Azione e Italia viva non corrono in coalizione con il Pd - avvertiva ieri il direttore dell'Istituto Cattaneo Salvatore Vassallo - le possibilità del centrosinistra di competere nei collegi si ridurrebbero ancora di più, aumentando le chance del centrodestra». A Letta il problema è chiaro, tanto che ha chiesto ai segretari regionali di Toscana e Emilia di lasciare liberi almeno una decina di collegi «buoni» sull'uninominale da offrire ai potenziali alleati.

 

Del resto una formazione calendian-renziana autonoma, è il timore ai vertici Pd, certo potrebbe drenare voti dall'area moderata di destra causandone la «non vittoria», come la chiama Calenda, ma «toglierebbe voti anche a noi del Pd», indebolendone fortemente le chance. E minando quello che è il primo obiettivo del segretario dem, ossia fare del Pd il primo partito italiano, battendo Fdi dato leggermente in testa nei sondaggi.

 

Un risultato che non cambierebbe più di tanto l'esito generale del voto, ma rafforzerebbe il Pd e la posizione del suo leader: anche in caso di sconfitta, difficilmente si aprirebbe la resa dei conti interna contro il segretario. Che nel frattempo, grazie alla scelta dei candidati su cui gli spetta l'ultima parola, cercherà di formare - nel nome del «rinnovamento» - dei gruppi parlamentari a lui fedeli. Anche per questo, dietro l'apparente unaniminismo registrato nella Direzione Pd di martedì, le tensioni interne sono assai forti.

giuseppe conte enrico letta 2

 

C'è chi, come Goffredo Bettini o il ministro Andrea Orlando, si è pronunciato apertamente contro l'alleanza con Calenda e contro le aperture di Letta agli ex di Forza Italia e al voto moderato. Sia perché, è il sospetto che qualcuno ammette dalle parti del Nazareno, «così la sconfitta sarebbe più netta, e quindi si potrebbero aprire le danze congressuali» (e Orlando potrebbe aspirare alla segreteria di un Pd spostato a sinistra, in salsa melenchoniana).

 

E sia perché una fetta consistente del partito guarda ancora al M5s come al partner politico più sexy e appetibile, e questo nonostante la visibile disintegrazione del partito contiano. La situazione è surreale: la rottura a livello nazionale è stata sancita irrevocabilmente da Letta, che ha accomunato Conte a Salvini e Berlusconi nel «trio di irresponsabili» che hanno provocato la caduta del governo Draghi.

 

giuseppe conte enrico letta 1

Ma in molte realtà l'alleanza con gli «irresponsabili» non solo permane, ma viene addirittura rivendicata o auspicata da autorevoli dirigenti del Pd. Per non parlare di chi, come l'ex segretario Pd Pierluigi Bersani (oggi in Leu, dunque in teoria alleato del Pd), continua a farsi portavoce del terremotato Giuseppi, supplicando il Pd di «ripensarci» e di non «fare fatwe» contro i poveri grillini: «Almeno un tentativo con loro va fatto». Gli replica Gianni Cuperlo: «Tra Turati e Bava Beccaris (ossia Conte, ndr) dobbiamo stare dalla parte giusta».

 

elly schlein giuseppe conte enrico letta

In Sicilia, allo stato, il Pd corre insieme ai 5s alle Regionali di novembre. Nel Lazio, il governatore Zingaretti (pronto a reclamare il seggio Roma 1, ipotecato in caso di alleanza anche da Calenda) inneggia all'intesa coi grillini - già presenti nella sua giunta - per le future regionali. Lo stesso fa il sindaco di Bologna Lepore: «Continueremo ad unire quel che altrove è diviso», gorgheggia.

 

Mentre il governatore emiliano Bonaccini è di tutt' altro avviso: «Mi dicevano: senza M5s perdi. Invece governiamo benissimo da otto anni con una coalizione che va da Renzi a Calenda alla Schlein». E anche il Lombardia è scontro: il capogruppo regionale del Pd Fabio Pizzul invoca il dialogo coi grillini: «Dobbiamo costruire un'alternativa con chiunque ci stia». Ma il sindaco di Milano Beppe Sala stoppa seccamente la deriva: «Dopo tutto quello che è successo, quando sento dire che dovremmo andare coi Cinque stelle la mia risposta è: not in my name. Io non ci sto».

fratoianniNICOLA FRATOIANNI ELLY SCHLEIN

Ultimi Dagoreport

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....