LOST IN PD - AL NAZARENO NON ESCLUDONO CHE DOPO BERSANI TOCCHI A BARCA O A LETTA MA CULATELLO VUOLE GIOCARSI LA SUA PARTITA FINO IN FONDO: VENDOLA E PRODI PONTIERI CON IL M5S E DIALOGO CON MONTI (IN CASO DI FALLIMENTO, ELEZIONI A GIUGNO) – INTANTO NEL PD GIÀ PENSANO AL DOPO SMACCHIATORE: CONGRESSO ANTICIPATO O UNA “FIGURA DI GARANZIA” PER GESTIRE LA TRANSIZIONE FINO A OTTOBRE? - ORFINI BARRICADERO: “TUTTO DEVE CAMBIARE ORA”
1 - NEL PD IL DOPO BERSANI Ã GIÃ INIZIATO
Wanda Marra per "Il Fatto Quotidiano"
I grillini i voti li hanno tolti in larga maggioranza al Partito Democratico. A dirlo è lo studio sui flussi in 9 grandi città fatto dall'Istituto Cattaneo. A Tori-no (37 su 100 passano dai Democratici a Grillo), a Brescia (32 su 100), a Padova (16 su 100), a Bologna (48 su 100), a Firenze (58 su 100), ad Ancona (47 su 100), a Napoli (44 su 100) è andata così.
Meglio a Reggio Calabria e a Catania. Se serviva un altro dato per descrivere la "non vittoria" del partito che assomiglia tanto a una débacle, eccolo qua. In un'altra epoca, e forse in presenza di un'analisi e di una visione di prospettiva meno alla giornata, forse le dimissioni sarebbero già arrivate. In un partito a cui sfuggono sia la reale comprensione del fallimento, che la direzione verso cui andare queste oggi sono impensabili.
Non lo saranno domani. E mentre Bersani sta arroccato nel suo fortino, nel tentativo di salvare il salvabile (e se stesso) la corsa al siluramento è già cominciata. Prima delle elezioni, Bersani l'aveva detto che avrebbe lasciato la segreteria. Pensava di essere impegnato a Palazzo Chigi. Adesso dovrà farlo comunque. Tutto rimandato a quando si capirà se l'operazione governo a 5 Stelle va in porto o no, ma siccome il boicottarlo è tra gli interessi di bottega le cose sono strettamente collegate.
Nella riunione del "caminetto " (un nome che è tutto un programma: non è la segreteria, non è la direzione, non è l'assemblea. à un incontro senza potere decisionale di giovani dirigenti e vecchi big) di martedì sera i grandi vecchi sono stati tutti zitti, tutti acquattati. Nessuna esplicita sconfessione a Bersani, nessun sostegno. Meglio lasciarlo sbattere da solo e remare contro nell'ombra.
Vedremo se ci sarà uno scontro più vero nella direzione convocata per il 5. "Vogliono fare il governissimo Pd- Pdl, ma non glielo faremo fare", commenta veementemente Matteo Orfini, giovane turco, della sinistra del partito. E in effetti, mentre in teoria si ragiona per il futuro del paese, molti pensano al loro futuro.
"Basta così, è arrivato il momento che si facciano da parte", dice ancora Orfini. Quel gruppo dirigente, quei rottamati solo a chiacchiere, D'Alema, Veltroni, la Bindi, Fioroni e Gentiloni il governo con Grillo non lo vogliono. Le alternative sono le più varie: da un governo del presidente al governissimo. Il tutto con loro in posti di rilievo e Bersani fuori. Per ora la parola dimissioni l'hanno pronunciata esplicitamente Civati (che poi s'è smentito) e la Vincenzi.
Ma è solo questione di giorni. Il congresso è programmato a ottobre, con tanto di primarie. Possibile aspettare fino a quel momento? Serve una "figura di garanzia" per gestire la transizione tira fuori Sandro Gozi.
I giovani turchi hanno la loro proposta: una specie di gestione collegiale, con uno di loro che tira le fila (magari Andrea Orlando) e che faccia piazza pulita di una serie di riti classici dei democratici, a partire appunto da caminetti e dai "tortellini magici". "Basta, una fase così delicata, mica la possono gestire Migliavacca e Errani". Ancora Orfini. Ma soprattutto c'è Renzi. Ora i Democratici sono sul "tutti con Renzi". Lui ha fatto sapere che la linea Grillo non lo convince, non ha messo la faccia sulla sconfitta, ma non ha sconfessato Bersani. Vuole fare il segretario del Pd? Non dice né sì, nè no. Adesso nessuno sarebbe pronto a dichiarargli guerra preventiva. "Se vince Renzi muore il Pd", disse il Lìder Maximo". Ma quello che vuole fare davvero lui è il premier. Aspetta solo di capire quando ci saranno le condizioni.
E poi c'è Fabrizio Barca, che molti vedrebbero come il Papa (un po') straniero, che potrebbe salvare capra e cavoli. Non ha la tessera del Pd, ma non è una figura di rottura. Sempre che non si blindi un dirigente d'apparato. Enrico Letta sarebbe pronto. Ma è il vice-segretario. Il vice non vittoria.
2 - MA PIERLUIGI NON VUOLE MOLLARE "SÃ A 5STELLE O CI SPAZZANO VIA"
Francesco Bei per "la Repubblica"
Bersani nei suoi colloqui di queste ore lo definisce un «governo di responsabilità nazionale ». E la partita è giocata su due tavoli: l'offerta al Movimento 5 Stelle e il dialogo (ripreso dopo le asprezze della campagna elettorale) con Mario Monti. «Non ci sono subordinate - ha spiegato il segretario del Pd -, andiamo avanti con questa disponibilità . Anche perché Grillo già si frega le mani al pensiero di un governissimo tra noi e il Cavaliere, per poi tornare a votare tra un anno e ammazzarci: non gli faremo questo regalo».
L'offerta sarà sostanziata mercoledì alla direzione del partito. Gli uomini di Bersani stanno dettagliando le singole proposte che dovrebbero allettare i grillini e tenere alla larga Berlusconi, a partire dal conflitto d'interessi e da una vera legge anticorruzione. «Dobbiamo stanare Grillo», è l'imput del leader del Pd. In parallelo ha concordato con Vendola che sia proprio il leader di Sel il «pontiere» con il M5S. C'è poi la rete degli eletti Pd in Emilia-Romagna già al lavoro per ricucire, ma soprattutto sarebbe entrato in campo Romano Prodi. Con una telefonata a Gianroberto Casaleggio. Mediazione smentita dall'ex leader dell'Unione, ma non è un mistero che i voti grillini, oltre che per palazzo Chigi, farebbero comodo anche per il Quirinale.
La novità è che il segretario Pd, come detto più volte in campagna elettorale, non ha affatto abbandonato l'idea di imbarcare Mario Monti. Tra Bersani e il premier c'è già stato due giorni fa un lungo colloquio telefonico. Il fatto è che il leader democratico ha un assoluto bisogno del sostegno del Professore. In primo luogo perché a palazzo Madama, senza i 19 montiani, un eventuale governo Bersani non avrebbe i numeri per la fiducia. Inoltre l'ombrello internazionale offerto dalla credibilità del premier può mitigare gli effetti sui mercati dell'instabilità italiana. «Per la maggioranza puntiamo a un'entente cordiale tra Scelta-Civica, Italia Bene Comune e Grillo», conferma il segretario socialista, Riccardo Nencini, dopo un consulto con Bersani.
L'offerta di Berlusconi, resa pubblica ieri via Facebook, invece non viene presa in considerazione, anche se Bersani è consapevole che dentro il Pd sta crescendo un'area non piccola che preferisce guardare in quella direzione. «Dai tempi della Bicamerale del â96 ne abbiamo prese fin troppe di fregature dal Cavaliere », avverte un fedelissimo di Bersani come Stefano Fassina.
Anche al Colle al momento nessuna strada viene esclusa. Compresa quella di un mandato esplorativo che potrebbe essere affidato a Bersani, ma anche ad Amato o allo stesso Monti. Altri due nomi che circolano in area Pd sono quelli di Fabrizio Barca ed Enrico Letta. Il timore di Napolitano è infatti legato all'incertezza del quadro: nel caso affidasse a Bersani un incarico pieno e il segretario del Pd non riuscisse a trovare una maggioranza, a quel punto l'unica alternativa sarebbero le elezioni a giugno.
La chiusura di Bersani al leader del Pdl lo espone tuttavia al rischio di consegnarsi mani e piedi ai diktat di Grillo. Da qui la necessità di bilanciare l'apertura al M5S con Monti. Due tavoli dunque, per costruire un programma da portare in Parlamento e «vedere chi ci sta». E intanto provare a trovare un'intesa sui presidenti delle Camere. Bersani la definisce «la tattica del carciofo», una foglia alla volta per non essere travolto: prima i presidenti delle Camere (dal 15 marzo, l'anticipo della convocazione è troppo complicato), poi le consultazioni per il governo, infine la partita del Quirinale.
Ed è l'opposto di quanto vorrebbe Berlusconi. Il Cavaliere infatti, tramite un ambasciatore, ha fatto pervenire al leader del Pd un'offerta di alleanza preventiva «onnicomprensiva». Un pacchetto unico, che comprende il governo di larghe intese (senza Grillo), le presidente delle Camere e il Quirinale. Dove il Cavaliere vedrebbe bene ancora l'attuale inquilino del Colle. «Diglielo a Bersani: in questo caos l'unica - ha confidato ieri Berlusconi al mediatore del Pd - è sperare in una proroga di Napolitano».







