LA TERRA DEI CACHI - MARIO GIORDANO: “GLI SPIONI SERI PREPARANO I DOSSIER MA NON LI DANNO A TRAVAGLIO - STRANO: A DIFENDERE L’ONORE ITALIANO NEL DATAGATE C’È “REPUBBLICA”, IL GIORNALE CHE GRIDAVA “INTERCETTATECI TUTTI””

Mario Giordano per "Liberoquotidiano"

Oddio, ci spiano. Basta là, chi l'avrebbe detto? All'improvviso l'Italia si risveglia come la bella addormentata nel bosco e scopre che esistono gli 007, i grandi orecchi e i dossier segreti. Anni di film su James Bond sono passati invano, ore di pellicole dedicate alle spy story e miriadi di Mata Hari superinfiltrate evidentemente non hanno spiegato nulla: solo oggi ci accorgiamo che nel mondo esistono gli agenti segreti e che essi sanno fare il loro mestiere.

Accipicchia, come avevamo fatto a non pensarci? La scoperta, al pari di quella dell'acqua calda, dev'essere stata sconvolgente. E infatti ha subito scatenato fiumi di indignazione: si muovono gli ambasciatori, il garante per la privacy, decine di politici indignati e infine il premier Letta che mostra i muscoli e prova a fare la voce grossa con il segretario di Stato americano John Kerry. «Verificare le violazioni», tuona. Mamma mia che paura. Tanto che viene il dubbio: ma è lo stesso Letta che l'altra settimana s'inginocchiava a prendere le carezze da Obama? Questa classe politica, in effetti, ha portato l'Italia a fare da zerbino al mondo.

Le decisioni economiche importanti le abbiamo affidate a Berlino, i conti pubblici li consegniamo a Bruxelles, appena gli Stati Uniti alzano un sopracciglio gli spiattelliamo le cose nostre senza ritegno, siamo succubi della grande finanza internazionale. Però ci indigniamo perché scopriamo, poffarbacco che sorpresona, che esistono le intercettazioni della Cia. Ma vi pare? Se proprio dobbiamo mostrare un po' d'orgoglio nazionale non sarebbe meglio scegliere un altro terreno di scontro?

Magari pestare i piedi quando la Merkel ci detta al telefono la legge di stabilità? O quando Bruxelles ci tratta come i bimbi discoli dell'asilo Mariuccia? Possibile che l'unica volta che scendiamo in campo per difendere la nostra dignità è quando scopriamo che gli agenti segreti fanno gli agenti segreti? Fra l'altro, immagino le risate che si faranno a Washington con i nostri dossier: saranno lì con la pancia in mano a leggere le mail scambiate fra gli «innovatori» Giovanardi e Sacconi.

O quelle fra Cuperlo e i giovani turchi del Pd. Immagino come si divertiranno nell'inseguire, nei corridoi della politica, le tracce della nascita di una cosa finalmente nuova: la Dc. Ma soprattutto immagino le reazioni nelle nostre famiglie, al Datagate. Non si parlerà d'altro. «Scusa caro, non ho più soldi per pagare le bollette». «Non mi distrarre che sto leggendo il rapporto Nsa». «Mamma, perché quest'anno non si va via per il ponte? Perché non ci sono più soldi?».

«No, è perché devo approfondire l'executive Order»... Suvvia, diciamoci la verità: gli italiani saranno toccati dalla notizia più o meno come nel sapere che il sindaco di Forlimpopoli ha l'unghia incarnita. In effetti: che diavolo gliene importa, per dire, a chi ha appena perso il lavoro, se dall'altra parte dell'Oceano c'è qualcuno che ascolta le sue legittime lamentazioni?

Che cosa può cambiare nella vita di un imprenditore fallito sapere che la National Security Agency ha intercettato i suoi dati sensibili? Al massimo gli italiani penseranno: meno male che ci spiano, vuol dire che contiamo ancora qualcosa. Avanti di questo passo, in effetti, e il problema di essere spiati ce l'avranno solo l'India o il Brasile, magari anche il Turkmenistan, il Congo o il Bangladesh...

Invece le anime belle dei palazzi, sempre in sintonia con il Paese, guarda un po' come si sono scatenati. Vertici, incontri, dichiarazioni, appelli e proclami: è bastato un articolo su Le Monde per aprire le cateratte dell'indignazione, petto in fuori e pugni sul tavolo, tutti a chiedere chiarimenti sulle ragioni per cui gli spioni spiano. Senza capire che gli spioni spiano per lo stesso motivo per cui i cantanti cantano, i corridori corrono e i calciatori calciano: fanno il loro mestiere, cioè.

E, anche se oggi gli strumenti a loro disposizioni sono infinitamente superiori, l'arte del dossier non è certo una novità di oggi. Solo Alice nel Paese delle meraviglie può crederlo. O qualcuno in malafede, per nascondere le nostre vere fragilità. Fra l'altro, se proprio dobbiamo dirlo, del contenuto di tutte queste intercettazioni planetarie (Fairview, EvilOlive, Prism, Lithium e altri nomi da far paura) non s'è mai letta una riga sui giornali. Sappiamo che ci sono, ma mica sappiamo che cosa c'è dentro. Quali conversazioni sono state riprese. Quali dati sono stati archiviati.

Per forza: gli spioni professionisti sono gente seria, prepara i dossier e poi li custodisce, mica li consegna a Travaglio o a Barbacetto. Il lettore faccia un po' il confronto, se crede, con le intercettazioni all'amatriciana dei nostri magistrati, che non fanno a tempo a essere raccolte che sono già in tipografia. E da lì in edicola. Vi pare? E allora colpisce che fra i giornali più scatenati a difendere l'onore italiano nel Datagate e a stracciarsi le vesti per l'esistenza di dossier oltre Atlantico ci sia proprio Repubblica: ma come, colleghi, voi non eravate quelli dell'«intercettateci tutti»?

Voi non eravate a favore della massima trasparenza, il grande orecchio perpetuo, la raccolta di dati perenne e continua? Com'è che adesso sostenete a spron battuto l'indignazione tricolore contro ogni interferenza illecita nelle nostra vita? Solo perché gli americani, maledetti loro, non hanno ancora fatto uscire nemmeno un rigo uno che vada nel popò a Berlusconi?

 

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