DATEMI UN MARTELLI – LE MEMORIE DEL “TRADITORE”: ‘’CRAXI? FA RAGIONAMENTI SOTTILISSIMI E DEGLUTISCE COME UN BOA’’

Filippo Ceccarelli per "la Repubblica"

Alla metà degli anni 80, consule Craxi, Claudio Martelli si andò a rinchiudere con un gruppetto di giornalisti amici in un albergo tra le dune di Sabaudia, l'Oasi di Kufra, per procedere all'ideazione di un libro, dal titolo "La congiura riformista", che avrebbe dovuto imprimere il sigillo del Delfino sull'allora trionfale avventura del garofano.

Sennonché, come tramandò la diceria cortigiana, quando Craxi lo venne a sapere non solo si scocciò parecchio, ma con allegra gioia di pettegoli e malvagi, che contro e attorno a Martelli non sono mai mancati, negò sbrigativamente il suo augusto permesso e quel libro non uscì mai.

Dopo tanto tempo l'espressione di pregiato conio ossimorico "congiura riformista" si ritrova a pagina 195, riferita al Midas. Ma della leggenda, che pure oggi si può rileggere alla luce di simboli, destini e disastri, non v'è traccia. Come dell'epiteto "moccioso" cucitogli addosso da Pertini, o della battuta folgorante di Anna Craxi sul privilegio di Claudio dinanzi al frigorifero di casa.

D'altra parte la memorialistica è per sua natura soggettiva e qui le omissioni paiono minime, oltre che umanamente comprensibili. Il punto, anche brutale, riguarda piuttosto il senso di questi libri. Per cui chi già aveva in antipatia Martelli si tenga ben lontano da questo interminabile "Ricordati di vivere" (Bompiani, 597 pagine, euro 19,50); mentre chi si sforza di campare nutrendo la certezza che in ogni racconto c'è da acchiappare qualche bagliore di verità, farà bene a leggerlo perché dentro ce n'è di sicuro un pezzetto che aiuta a capire che diavolo è successo in Italia.

Al netto di appesantimenti (relazioni congressuali e digressioni letterarieggianti),
oltretutto il libro è a tratti accattivante e ben scritto. Straordinarie sono le pagine sulla sede di via del Corso in fase pre-craxiana; molto bello il ritratto di Gardini; un gioiello quello di Minoli; interessante l'esperienza al fianco di Falcone; godibili nella loro spudorata sincerità anche le peripezie coniugali e sentimentali, da cui viene fuori che Claudio è un inguaribile romanticone.

Anche la figura di Craxi e la problematica "simbiosi" che un po' confondeva il preteso Delfino "come una perdita di identità" e un altro po' lo "mandava in estasi" sono ben tratteggiati. E' a quest'omone imprevedibile che fa ragionamenti sottilissimi e "deglutisce come un boa" che lui deve tutto.

Ma è dallo stesso Bettino, che all'hotel Raphael scaccia i commensali per farlo sedere, che gli arrivano addosso i guai e anche le magagne che faranno schiantare un glorioso e generoso partito. Fu "tradimento", alla fine? No, fu qualcosa di molto più complicato, e comunque troppo tardi, anche se la faccenda non cambia di molto.

Ciò che colpisce, semmai, è che Martelli è rimasto davvero fedele a quello che era. Il che, in tempi di banderuole, gli fa onore, ma fino a un certo punto, conservando egli tutte le debolezze che hanno finito per perderlo. Intelligente e insopportabile, come gli scappa di riconoscere; affascinante, ma fragile; gradevole tiratardi e ritardatario cronico; appassionato e maleducato in eguale misura; "filosofo guerriero" e nel contempo ragazzino dispettoso.

Tuttora così pieno di sé da far dubitare che nella sua folgorante carriera sia mai riuscito a fare politica per gli altri. E con stupore, ripensando a quanto passato da tanti onesti socialisti ai tempi di Mani Pulite, si legge della famosa villa martelliana sull'Appia Antica, "Appia dei popoli" o "Giardini di Politeia" che fossero: "Per l'affitto e per le spese ci volevano molti soldi, ma anche noi eravamo molti e benestanti, pieni di fantasia e di amici".

Scrive spesso, come ritornello della sua coerenza: "Continuo a pensare". Ma come tutti i veri arroganti non sa di esserlo e infatti la parola "arroganza", questa fatale sconosciuta, arriva solo alla pagina 304, per giunta attribuita a De Mita (che pure non scherzava).

Zero umiltà, per il resto, e zero senso dell'umorismo. L'esercizio del potere stimola piuttosto la fantasia e il desiderio di conquista: di voti, di emozioni, di città, di partiti, di cuori, ma poi anche di dolori. Più passa il tempo, del resto, e più si capisce che il craxismo fu un'epoca di cerniera. Martelli la visse fino in fondo e in questo senso "Ricordati di vivere" si segnala anche per una lodevole mancanza di vittimismo - ma a quasi trent'anni dal raduno clandestino dell'Oasi di Kufra un indice dei nomi non avrebbe guastato.

 

Rosy Greco e Claudio Martelli Claudio Martelli ANNA E BETTINO CRAXI ANNA CRAXI SCATENATA falcone borsellinomartelli claudio01BETTINO E ANNA CRAXI CLAUDIO MARTELLI

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