macron mattarella salvini

“MATTARELLA CONFIDA CHE LA CHIACCHIERATA CON MACRON POSSA ESSERE UTILE SIA AL NOSTRO ESECUTIVO SIA A QUELLO FRANCESE” - MARZIO BREDA: “FARÀ COMODO A TUTTI E DUE, A PATTO CHE SAPPIANO FARNE TESORO. SPAZZANDO VIA CERTE RUGGINI CHE AVEVANO RICOMINCIATO A FAR STRIDERE LE RELAZIONI TRA ROMA E PARIGI - TONI ASPRI E BELLICOSI DA AMBO LE PARTI, CON IL MINISTRO SALVINI CHE SOSTENEVA DI AVER PIEGATO LA FRANCIA E PROMETTEVA ‘PUGNO DURO’, COME SE NON SI RASSEGNASSE A ESSERE USCITO DALLA CAMPAGNA ELETTORALE, NELL'ANSIA DI CAPITALIZZARE NUOVI CONSENSI”

SERGIO MATTARELLA EMMANUEL MACRON

Marzio Breda per il “Corriere della Sera”

 

Nel clima carico di sospetti in cui galleggia la politica di casa nostra (trascurando l'astio fermentato lungo tutta la settimana tra Roma e Parigi), per parecchie ore ieri si è dibattuto su chi abbia alzato per primo la cornetta del telefono tra Emmanuel Macron e Sergio Mattarella. Quasi a sottintendere che chi ha chiamato l'altro si colloca da sé in una dimensione di cedimento e sconfitta. Sarebbe il perdente della prova di forza.

sergio mattarella emmanuel macron 4

 

Una logica di basso profilo e priva di qualsiasi rilievo, per il Quirinale. Dove si preferisce ricordare che il rapporto tra i due capi di Stato è di tale stima e amicizia reciproca che si sentono spesso, per ogni tipo di problema, bilaterale o europeo, in un'ormai consolidata pratica di consultazione informale.

 

Così è successo anche stavolta, con un «contatto» messo a punto concordando tempi e modi proprio nel pieno delle tensioni, dagli entourage dei presidenti. Cioè dai rispettivi ambasciatori e consiglieri.

 

piantedosi salvini meloni

Un colloquio avvenuto sabato sera, al termine del quale è stata stilata la nota resa pubblica ieri mattina simultaneamente dall'Eliseo e dal Colle, in modo che potesse sminare un terreno di dialogo reso particolarmente infido dalle ultime polemiche tra i ministri degli Esteri convocati al Consiglio europeo di Bruxelles nelle stesse ore.

 

Il testo, fasciato in un linguaggio istituzionale come si conviene, è sintetizzabile in un secco invito alla «buona volontà». A procedere insieme, dentro un'Unione Europea nella quale «non ha senso» che Italia e Francia, Paesi mediterranei entrambi, procedano divisi davanti alla Ue su un tema delicatissimo e urgente come quello dei migranti.

emmanuel macron sergio mattarella

 

Esattamente questo si sono detti Mattarella e Macron. Senza che il nostro capo dello Stato pensasse di commissariare Palazzo Chigi o entrasse nel merito delle scelte tecniche da fare sulle aperture dei porti, sulle navi delle Ong, sulla gestione degli sbarchi e, soprattutto, sul ricollocamento condiviso delle persone.

 

Mattarella confida che la chiacchierata possa essere utile sia al nostro esecutivo sia a quello d'Oltralpe. Di sicuro farà comodo a tutti e due, a patto che sappiano farne tesoro. Spazzando via certe ruggini che avevano ricominciato a far stridere le relazioni tra Roma e Parigi e cambiando registro alle rispettive dichiarazioni.

piantedosi salvini meloni tajani

 

Toni aspri e bellicosi da ambo le parti, con il ministro Matteo Salvini, seguìto senza troppi distinguo da Giorgia Meloni, che sosteneva di aver piegato la Francia e prometteva «pugno duro», come se non si rassegnasse a essere uscito dalla campagna elettorale, nell'ansia di capitalizzare nuovi consensi.

 

E con diversi esponenti del governo francese, oltre a Macron in persona, a minacciare di non aprire più i propri confini ai migranti approdati in Italia, tentando di coinvolgere altri (a partire dalla Germania) su questa linea dura e marchiando la nostra premier come una «grande perdente».

 

matteo salvini giorgia meloni antonio tajani

Il rischio di questa escalation era di infilarci, noi e loro, in una situazione di incomunicabilità che avrebbe immiserito una questione ritenuta invece indifferibile sul Colle. Mattarella ne aveva parlato profeticamente nel suo recente discorso di Maastricht, giocato sul concetto della «fiducia reciproca», che su questo dossier manca.

 

E ne ha forse rifatto cenno a Giorgia Meloni, nel weekend, informandola - a cose fatte - della sua paziente telefonata. In fondo è un replay di quanto avevamo visto nel 2019, quando si adoperò per ricucire i rapporti con l'Eliseo dopo la sciagurata trasferta parigina dei leader 5 Stelle, dal vicepremier Luigi Di Maio ad Alessandro Di Battista, per sfilare al fianco delle frange più violente dei Gilet gialli. Una mossa che aveva portato al ritiro dell'ambasciatore francese da Roma...

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