1. UN MATTARELLUM IN TESTA A LETTA: LA SUA VITTORIA? DIFENDERE LA LEGGE PORCATA! 2. IL DIKTAT DEL FALCHI PDL: “IL PORCELLUM NON SI TOCCA, È LA NOSTRA POLIZZA SULLA VITA”. LETTA E FRANCESCHINI SI ADEGUANO. MA SI FANNO LE PROVE TECNICHE DI TRAPPOLONE 3. I GRILLINI ESCONO ALLO SCOPERTO E VOTANO IN MASSA LA MOZIONE DI GIACHETTI 4. RENZIANI CONTRO LETTIANI: “AVETE CEDUTO AL RICATTO DI BERLUSCONI, COME SULL'IMU!” 5. PRONTA LA RITORSIONE DI EPIFANI: LA MACCHINA ORGANIZZATIVA DEL PARTITO NON ANDRÀ AL FEDELISSIMO DEL ROTTAMATORE, LUCA LOTTI, E RESTERÀ IN MANO A BERSANI 6. NON SOLO RENZI: DA D’ALEMA A BINDI, LE MANOVRE CONTRO IL GOVERNO-INCIUCIO

Goffredo De Marchis per "La Repubblica"

Enrico Letta ha rivisto il film della battaglia per il Quirinale: Pd spaccato, renziani scatenati, malumori trasversali. Stavolta in gioco c'era il governo, il suo. È finita bene, con il gruppo democratico che ha tenuto sulle riforme e isolato il dissenso. Ma il premier teme altre repliche, nuovi problemi e soprattutto sa che Matteo Renzi non mollerà facilmente la presa. «Voi volete buttare il governo fuori strada. E mandarlo a sbattere», ha detto in faccia al ribelle Roberto Giachetti, vicinissimo al sindaco di Firenze.

Poi, Letta e Giachetti si sono spiegati e si sono capiti. Ma certo Renzi ieri non ha fatto nulla per evitare che il governo inciampasse sulla legge elettorale. Quando ha telefonato a Giachetti, anzi, lo ha invitato ad andare fino in fondo. «Ma come fanno a chiedere a te, che hai fatto quattro mesi di sciopero della fame, di ritirare la mozione sul Mattarellum? Che c'entra il governo? È un atto di indirizzo parlamentare. Non ti fermare, Roberto».

Il governo, e la solidità del Pd, ossia del partito del presidente del Consiglio, in realtà c'entravano, eccome. Altrimenti ieri l'asse che collega Palazzo Chigi e Largo del Nazareno non avrebbe vissuto un giorno sul filo del rasoio. Con un occhio inevitabile puntato sulle mosse del centrodestra. Per Silvio Berlusconi il Mattarellum, ovvero il sistema maggioritario coni collegi uninominali e una piccola quota proporzionale, è il male assoluto, una trappola da evitare a tutti i costi, sarebbe la tomba del berlusconismo e il potenziale strumento per un'alleanza tra sinistra e Movimento 5 stelle.

Ecco perché la legge "porcata", almeno fino a quando non sarà completato il processo di riforma costituzionale, non va toccata, nemmeno con delle correzioni light. I falchi del Pdl lo hanno fatto capire (alzando la voce) al ministro delle Riforme Gaetano Quagliariello, faticosamente preso in mezzo tra le preoccupazioni di Giorgio Napolitano e i diktat dei suoi. «Nell'ordine del giorno, la legge elettorale non va nemmeno sfiorata - ha tuonato in una riunione notturna Denis Verdini - . Lo volete capire che noi il Porcellum ce lo dobbiamo tenere, che è la nostra polizza sulla vita?».

L'accusa che Renzi e i suoi parlamentari rivolgono a Dario Franceschini e a Letta è appunto quella di aver «ceduto di nuovo a un ricatto di Berlusconi, come sull'Imu». E di ricatto in ricatto, il Partito democratico finirà schiacciato dal Pdl. «Ma a me nessuno può dirmi che sono un difensore del Porcellum - si ribella Letta - . Nessuno, questo dev'essere chiaro. Mi sono battuto, anche prima dello sciopero della fame di Giachetti, per cambiare quella legge lo scorso anno. La mia associazione "360" lanciò anche il count down per incardinare la riforma in Parlamento». Con Renzi il chiarimento è stato freddo, senza diventare tempestoso. Democristiano, insomma.

Uno scambio di sms. «Non c'entro niente», quello del sindaco. «La mozione però è sbagliata», quello del premier. Di certo, c'è che il Pd, appena pacificato e appena uscito da un turno delle amministrative positivo per le sue sorti e per l'esecutivo, appare di nuovo un accampamento di tribù litigiose. Roberto Speranza, il giovane capogruppo della Camera, ha deciso di uscire dall'impasse con la prova di forza in assemblea.

Mettendo ai voti le mozioni: una conta che Speranza ha vinto e che in aula si è trasformata in un trionfo perché i numeri finali hanno sancito due diverse linee dentro le componenti renziane e veltroniane. Qualcuno ha votato il documento della maggioranza, qualcun altro è uscito dall'aula in dissenso. Ma si è riaperta una caccia all'uomo dentro al Pd. E quell'uomo è in particolare Renzi. Secondo Beppe Fioroni soffre di «ansia da prestazione» che sfoga sulla tenuta dell'esecutivo.

Quanto a Giachetti «un vicepresidente della Camera votato da centinaia di noi, dopo aver preso atto della decisione del gruppo o ritira la mozione e se ne va dal partito», dice il deputato cattolico. Nico Stumpo, bersaglio fisso del sindaco di Firenze, scherza: «Se quelli di Matteo fanno casino, voglio cominciare anch'io. Proporrò una mozione per accorpare Firenze e Prato».

Il veltroniano Andrea Martella denuncia le troppe pressioni dentro il centrosinistra. «Io non mi faccio condizionare da operazione strumentali, da qualunque parte vengano». Il pericolo sono le manovre tattiche, il tiro al bersaglio sul governo, il tentativo di togliergli una visione di lungo periodo. E la sofferenza del Pd nell'alleanza col Pdl, è testimoniata dal documento di 43 parlamentari critici con il percorso delle riforme scelto da Palazzo Chigi. Rosy Bindi l'ha firmato e con i colleghi commenta: «lo la pacificazione con loro non la farò mai. A meno che un giorno Berlusconi vada in televisione e dica: Rosy, sei bella».


2 - PRONTA LA RITORSIONE DELL'ASSE EPIFANI-BERSANI CONTRO IL ROTTAMATORE: NIENTE ORGANIZZAZIONE A LUCA LOTTI


Scrive Monica Guerzoni su "Il Corriere della Sera": Una botta che ha fatto scattare l'allarme a Palazzo Chigi, anche se Renzi promette che resterà al fianco di Letta «perché prima delle ambizioni personali c'è l'Italia». Staccherà la spina al premier? «Se il governo va bene io sono contento. Posso pure saltare un giro, l'importante è che non salti il Paese». La tregua nel Pd è durata un giorno. Guglielmo Epifani ha quasi pronto l'organigramma della sua segreteria e, in asse con Pier Luigi Bersani, ha deciso di non mettere la macchina organizzativa del Pd nelle mani di Renzi, che l'aveva chiesta per Luca Lotti.


3 - RENZI SCUOTE I DEMOCRAT: VOLETE TENERVI IL PORCELLUM
Nino Bertoloni Meli per "Il Messaggero"

«Saranno contenti, il governo ha guadagnato un giorno», sorride Arturo Parisi, che non è più deputato ma è alla Camera per seguire come prima se non più di prima ogni passaggio che riguarda leggi elettorali e dintorni. Dopo l'ironia, l'ex deputato prodiano si sfoga: «Il disegno è abbastanza evidente: prolungare il più possibile la vita di questo governo come anticipazione di un futuro partitone di centro che vada oltre Berlusconi.

Per farlo, dovranno mettere la parola fine al bipolarismo, approdare al proporzionale, dire addio a ogni cambiamento, chiudere il Pd. Ma vi rendete conto? Nel momento in cui si poteva dare un calcio al Porcellum, questi hanno votato compatti per dire che no, se lo vogliono tenere stretto». Di lì a poco, ecco che parla Matteo Renzi, lo sconfitto apparente della giornata parlamentare. «In questo governo c'è un eccesso di democristianeria», attacca, e prosegue: «Capisco che si vogliano salvaguardare le larghe intese, ma qui c'è il rischio che diventino lunghe attese, non si può continuare a fare melina sulla legge elettorale».

La battaglia d'aula, la tattica parlamentare è andata male se non malissimo per Matteo il giovane e la sua trentina e passa di deputati, che alla fine si sono divisi tra non partecipanti al voto, tra contrari alla stessa mozione che avevano sottoscritto e pochi favorevoli, «Giachetti è una persona seria», concedono Renzi e anche Parisi. Che cosa è successo? E' accaduto che, andati a male tutti i tentativi di far ritirare la mozione a Giachetti, si è deciso di convocare il gruppo parlamentare per discutere e mettere ai voti il testo che chiedeva il ripristino del Mattarellum, con l'esplicito proposito di attuare una sorta di centralismo democratico istituzionale, la minoranza si attiene alle decisioni della maggioranza.

Dopo innumerevoli telefonate di Franceschini ai renziani, dopo che dal Senato Anna Finocchiaro aveva definito «un atto di prepotenza» la mozione pro Mattarellum, andati a male tutti i tentativi, nel Pd è passata la linea della prova di forza parlamentare. Una partita vinta in partenza, visti i numeri sulla carta e il codice politico che vuole la minoranza assoggettata alla maggioranza, sicché quando Guglielmo Epifani è arrivato alla riunione del gruppo non ha avuto neanche bisogno di entrare nella stanza fermandosi piuttosto a parlare con Bersani.

Salvo poi, prima di entrare in aula, commentare sorridendo con un «mah, si è votato, ci sono stati 34 contrari, siamo un partito democratico, alla fine ritroviamo l'unità». La matassa se l'è così sbrogliata Roberto Speranza, il giovane capogruppo alla sua prima vera battaglia interna, vinta dal punto di vista dei numeri. Ma la sostanza politica?

SCAMBI DI ACCUSE
Qui le cose cambiano un po'. Come ha spiegato Renzi ai suoi, facendo i complimenti a Giachetti, «abbiamo dimostrato che non solo il Pdl, ma anche gran parte del Pd alla fine non vuole cambiare e si vuole tenere il Porcellum». E Paolo Gentiloni, testa pensante del renzismo, all'assemblea del gruppo ha sollevato il problema del rapporto con il governo: «Se qui si procede con la scritta "non disturbare il manovratore", allora però sia chiaro che deve valere per tutti, non solo per il Pd.

Se poi dal Senato ci dicono prepotenti, stiamo attenti, il confine tra prepotenza e impotenza diventa labile». «Va bene tutto, ma i renziani devono spiegare come mai finanche alcuni dei firmatari alla fine si sono defilati», puntava il dito Andrea Martella, uno dei vice capogruppo e veltroniano.

SISTEMA FRANCESE
Musica diversa da Massimo D'Alema, a conferma di uno spostamento su posizioni bipolariste: «La vera misura di salvaguardia è il ritorno alla legge maggioritaria fondata sui collegi», cioè il Mattarellum, spiega l'ex premier, che conferma la sua opzione per il sistema francese («non mi ha mai scandalizzato») e avverte il governo: «Va sostenuto, ma può accadere che l'attuale equilibrio possa entrare in crisi e il Paese non può essere portato al voto con l'attuale legge».

Si sfogavano alla fine anche i deputati della ex-attuale maggioranza Bersani-Letta-Franceschini: «Renzi ha preso una musata, si deve dare una calmata, ha cercato di creare problemi al governo invece di sostenerlo, ma così non farà mai il premier. E ha creato problemi al Pd proprio in vista dei ballottaggi, così al congresso prenderà un'altra musata e se ne starà buono».

 

 

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