1. “MATTEO NON DEVE RINGRAZIARE NESSUNO. E NON SI FARÀ IMBRIGLIARE NEANCHE DA CARLO DE BENEDETTI CON LA SUA ‘’REPUBBLICA’’. POI HA BUONA MEMORIA”. GIÀ, LA MEMORIA 2. ALLE PRIMARIE DEL 2012 PER LA SEGRETERIA DEL PD, QUANDO RENZI OSA SFIDARE BERSANI, DE BENEDETTI NON HA DUBBI E LO FA SAPERE PUBBLICAMENTE: “NON CI SERVE UN ALTRO BERLUSCONI”. POTEVA DIRE QUALCOSA DI PEGGIO, IN QUEL MOMENTO? NON SOLO, MA MATTEUCCIO NON AVEVA DI CERTO DIMENTICATO GLI ATTACCHI DI ‘’REPUBBLICA’’ CHE LO DIPINSE COME UN TRADITORE PER AVER INCONTRATO IL CAINANO AD ARCORE 3. IL FUTURO PREMIER NON HA MANCATO DI FAR NOTARE AI SUOI FEDELISSIMI CHE I GROSSI IMPRENDITORI CHE VOGLIONO LEGIFERARE “SONO UN PROBLEMA”, PERCHÉ POI SE LI CONTRADDICI “TI FANNO PURE ATTACCARE”. FIGURARSI SE C’È DA SCEGLIERE I MINISTRI

Francesco Bonazzi per Dagospia

"Matteo non deve ringraziare nessuno". Neanche Carlo De Benedetti, che con la sua Repubblica gli ha tirato la volata nell'ultimo anno? "No, Matteo non deve ringraziare nessuno e per questo non si farà imbrigliare da nessuno, e poi ha buona memoria".

Già, la memoria. Parlare con un esponente del Cerchio magico renziano in giorni come questi, con una lista di ministri ancora da inventare ("ma non saranno i nomi che scrivono i giornali, tranquilli") e le consultazioni in pieno svolgimento, non è semplicissimo. E se poi si pronuncia il nome di un potente di Prima, Seconda e Terza Repubblica come De Benedetti, la brevità delle risposte scivola verso il rebus. Ma il senso del messaggio è presto detto: Renzie tira dritto per la sua strada, gli altri sono liberi di seguirlo ma senza spingere o, peggio, tirargli la giacchetta.

Un esercizio di memoria non può comunque che partire dall'autunno del 2008, quando Renzie ottiene le primarie per l'elezione del sindaco di Firenze. Non le voleva il segretario del Pd Walter Veltroni e non le voleva l'establishment locale, compresa l'edizione fiorentina di Repubblica che guardava con un certo sospetto a quello scout fieramente anticomunista che non si faceva bastare la poltrona in Provincia. Il Rottam'attore stravince, alle primarie come alle elezioni "vere", e si convince una volta di più di una cosa che si sta ripetendo anche in queste ore come un mantra: "La gente è con me e di altri appoggi non ho bisogno".

Alle primarie del 2012 per la segreteria del Pd, quando Renzie osa sfidare Pierluigi Bersani, De Benedetti non ha dubbi e lo fa sapere pubblicamente: "Non ci serve un altro Berlusconi". Poteva dire qualcosa di peggio, in quel momento? Non solo, ma a Matteuccio non erano certo passati di mente gli attacchi di Repubblica per aver incontrato il Cavaliere ad Arcore. Fu dipinto come un mezzo traditore, quando lui riteneva semplicemente di aver fatto il proprio dovere di sindaco che doveva bypassare il ministro Bondi per risolvere la questione degli incassi dei musei fiorentini.

Poi qualcosa cambia anche dalle parti di Dogliani, nella patria del Dolcetto. La disfatta totale di Bersani, con la doppia autorete di una vittoria gettata alle ortiche e la figuraccia alle votazioni per il Quirinale, fa capire a De Benedetti di aver puntato per l'ennesima volta sul cavallo sbagliato.

A giugno dell'anno scorso, con la scusa di un'iniziativa promozionale di Repubblica a Firenze, il patron della Cir si precipita a Palazzo Vecchio e ottiene un incontro privato con Renzie. L'incontro è talmente privato che il politico si chiude la bocca, mentre il riservato uomo d'affari piemontese corre immediatamente in tv da Sky Tg24 a certificare che nei confronti di Matteo "c'è una notevole simpatia e una notevole considerazione" e che "lui rappresenta un notevole cambiamento".

Nell'entourage del sindaco ancora ricordano lo stupore per quell'endorsement così netto e rapido. Oltre agli scongiuri di rito.

I rapporti tra i due, comunque, sono descritti su entrambi i fronti come discreti e assolutamente tranquilli. E questo anche dopo che a Fabrizio Barca sono scappate quelle parole su presunte interferenze dell'Ingegnere nella scelta di alcuni ministri. Però resta la diffidenza di fondo di chi, come Renzi, si sente un politico popolare e non un personaggio che proviene "da strani giri", come li chiama lui.

Un esempio pratico di questa diversità è arrivato a dicembre sulla questione della "Google tax", assai sponsorizzata dall'editore tradizionale De Benedetti e affossata da Renzi in quanto "fatta così, l'Europa ce la farebbe a pezzi". Anche in quell'occasione, il futuro premier non ha mancato di far notare ai suoi fedelissimi che i grossi imprenditori che vogliono legiferare "sono un problema", perché poi se li contraddici "ti fanno pure attaccare". Figurarsi se c'è da scegliere i ministri.

 

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