TRA RENZI E ALFANO C’È UN ITALICUM DI TROPPO - NEL DISCORSO ALLA CAMERA MATTEUCCIO NON LEGA IL CAMBIO DELLA LEGGE ELETTORALE ALLA RIFORMA DEL SENATO E NCD VA IN TILT: GLI ALFANOIDI PRETENDONO UN ‘PATTO SCRITTO’!

Laura Cesaretti per ‘Il Giornale'

«Ok il Senato, adesso la Camera. Poi si inizia a lavorare sul serio». Il tweet di Matteo Renzi ieri mattina tradisce una certa impazienza: le quasi 24 ore filate passate seduto sul banco del governo (ieri a Montecitorio ha voluto accanto a sé due ministre, Pinotti e Mogherini: «Per evitare che ci si mettesse Alfano», dicono i maligni del Pd) ad ascoltare il fiume di interventi di deputati e senatori devono essere state divertenti come una Quaresima per l'iperattivo neo-premier.

E da ieri Matteo Renzi è presidente del Consiglio nel pieno delle sue funzioni. L'arrivo a sorpresa in aula di Pier Luigi Bersani è stato un colpo di scena positivo, che ha dato l'immagine di un Pd ricompattato attorno al suo governo dopo la rottura con Enrico Letta.

«Un'accelerazione che ci è stata chiesta dal Pd e dalle altre forze della coalizione perché il governo era fermo e impantanato» spiega Renzi a «Ballarò» in serata. Un'immagine positiva prontamente sottolineata da Renzi nel suo intervento conclusivo: «Il fatto che Bersani oggi sia qui è il segno di uno stile e di un rispetto non solo personale ma anche politico». Un passaggio anche simbolico: «Esattamente un anno fa, il 25 febbraio scorso, andavamo a votare per il governo di Bersani. E oggi lui e Letta sono qui a votare la fiducia a Renzi: in 12 mesi si è capovolto il mondo», sospirava ancora incredula una deputata bersaniana.

Ora la prima verifica della solidità della maggioranza passa per la legge elettorale, che la settimana prossima dovrebbe arrivare in aula alla Camera. Anche ieri Renzi si è abilmente tenuto sul vago rispetto alle pressanti richieste di Ncd sulla contestualità tra approvazione dell'Italicum e delle riforme costituzionali, Senato in testa.

I due treni, assicura il premier, «devono partire insieme», ma sull'arrivo non si pronuncia. Secondo gli alfaniani, occorre «una clausola scritta» che tenga insieme le due cose, ma la traduzione che i renziani danno alle parole del leader è netta: visto che i tempi delle modifiche alla Carta sono molto più lunghi, è scontato che si farà prima la legge elettorale, secondo gli accordi raggiunti con Berlusconi.

«Anche perché», fa notare Ermete Realacci, «sono note le perplessità di Napolitano sull'abolizione del bicameralismo, che richiede ritocchi capillari di svariati articoli della Costituzione. Quindi è inevitabile che l'Italicum entri in vigore per primo, e in tempi brevi».

La minoranza del Pd promette battaglia per rallentare e modificare l'Italicum, e a Montecitorio - a voto segreto - le trappole sono possibili. Ma gli uomini del premier non si mostrano molto allarmati: «Sanno anche loro che non conviene destabilizzare questo governo, perché poi c'è solo il salto nel buio».

Nei corridoi di Montecitorio ieri impazzava il toto-sottosegretari, e i primi in lista d'attesa sono proprio gli oppositori interni di Renzi, divisi in diverse cordate. Il premier sta anche lavorando a un assetto del partito che gli semplifichi la vita a Palazzo Chigi, compattando il Pd: accanto al «reggente», il fido Lorenzo Guerini, ci sarà un presidente della minoranza (sale la candidatura di Bersani) e un portavoce (si fanno i nomi di Serracchiani o Richetti).

A coronare la prima giornata da premier di Renzi sono stati comunque i dati Auditel sul suo primo intervento parlamentare, giudicati «eccezionali» dagli esperti di comunicazione: lunedì, mentre parlava in Senato in diretta tv, lo hanno seguito in 3 milioni e mezzo, con uno share del 22,4% e un 47% di «permanenza», dall'inizio alla fine, e un 50% nella fascia d'età tra i 25 e i 35 anni.

 

 

RENZI E ALFANO IN SENATO FOTO LAPRESSE RENZI ALFANO CASINI IN SENATO FOTO LAPRESSE alfano berlusconi adn x SILVIO BERLUSCONI E ANGELINO ALFANO PIERLUIGI BERSANI CARLO DE BENEDETTI ERMETE REALACCI

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