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SENSI VIETATI - ‘MICROMEGA’ RIPESCA VECCHI ARTICOLI DI FILIPPO SENSI PER DIRE CHE UN TEMPO DIFENDEVA LA COSTITUZIONE, OGGI LA STRAVOLGE; IERI ATTACCAVA LA ‘ROTTAMAZIONE DELLA MEMORIA STORICA’, ORA È L’ALFIERE DELLA ROTTAMAZIONE RENZIANA

Alcuni brani del saggio di Pierfranco Pellizzetti tratto da MicroMega 4/2016, in edicola dal 2 giugno - www.micromega.net

 

C’era un tempo in cui Filippo Sensi – attuale spin-doctor di Renzi, fra i suoi consiglieri più ascoltati – era gobettiano e dossettiano e, in una piccola rivista del Centro Gobetti, faceva addirittura l’elogio di MicroMega, convendo come “la politica della giustizia sia oggi il discrimine decisivo di tutta la politica italiana”.

RENZI SENSIRENZI SENSI

 

Pierfranco Pellizzetti ricostruisce così su MicroMega 4/2016, in edicola dal 2 giugno, questa parabola politica: (…) nell’aprile del 1997, l’allora ventinovenne Sensi pubblicava su MicroMega un articolo – intitolato «L’ideologia del risentimento» (…) dove spicca – a distanza di quattro lustri – l’utilizzo del termine «rottamazione» in un senso esattamente opposto a quello poi invalso in questi anni di feroci regolamenti di conti e pervicaci accaparramenti: la denuncia già allora del «clima di rottamazione della memoria storica del paese»;

 

RENZI E SENSIRENZI E SENSI

opera distruttiva della civiltà democratica imputata a «l’autentica ideologia italiana, quella che assomma i caratteri gelatinosi dell’opportunismo e della gelosa difesa dei propri privilegi, dell’ossequio al potere e delle strizzatine d’occhio, del gattopardismo e del qualunquismo, l’Italia piccolo-borghese che tiene famiglia e mi manda Picone; i caratteri, insomma, che hanno aperto la porta al fascismo, lasciandosela socchiusa alle spalle».

 

RENZI US OPEN, POSTATA DA SENSI RENZI US OPEN, POSTATA DA SENSI

Mettendo a confronto il Sensi di allora con quello di ora c’è davvero da restare allibiti, per cui vale la pena ricostruirne il carsico percorso umano e culturale, quale esempio icastico delle mutazioni intellettuali in corso.(...). L'autore, spulciando le annate di Moralità Provvisoria, il bollettino del Centro Gobetti, ha rinvenuto un intervento a firma proprio di Filippo Sensi dedicato al decennale di MicroMega:

 

Nell’intervento del 13 maggio 1996, titolato icasticamente “Un Flores nel deserto”, [Sensi] dichiarava l’intento di cogliere «l’occasione preziosa per festeggiare i dieci anni di Micromega… le analisi taglienti di Flores, infatti, penetrano in profondità la pelle della politica italiana, consentendo una messa in prospettiva e una capacità di lettura rigorosa dei vizi, delle tentazioni, delle occasioni perdute e delle sfide aperte dell’Italia».

 

filippo sensifilippo sensi

Per poi convenire che «la politica della giustizia sia oggi il discrimine decisivo di tutta la politica italiana». Ossia la tesi esattamente opposta che oggi propugna il pacchetto di mischia renziano (con il magistrato di fiducia Raffaele Cantone a fare buon peso), intenzionato a “mettere al suo posto a bastonate” il neo presidente dell’ANM Pier Camillo Davigo, reo di aver dichiarato, in un’intervista al Corriere della Sera, l’ovvietà assoluta che «la classe dirigente di questo Paese, quando delinque fa un numero di vittime incomparabilmente più elevato di qualunque delinquente e fa danni più gravi».

 

maria elena boschi fotografata da filippo sensi dopo il voto al senatomaria elena boschi fotografata da filippo sensi dopo il voto al senato

(...) Sempre su Moralità Provvisoria, Sensi si esprimeva anche sul modello industriale di Olivetti, sulla Costituzione e sui padri della patria: Commenta – ammirato – il Sensi d’annata: «come sarebbe preziosa, in questi tempi di globalizzazione delle economie, di outsourcing e deterritorializzazione della produzione, una cultura d’impresa capace, realmente e a fondo, di pensare al lavoro come a un prisma attraverso cui leggere la dimensione sociale. Nelle sue forme e nei suoi conflitti, nelle sue dinamiche e nelle sue contraddizioni: fuori dalla miope logica del profitto, c’è nella filosofia aziendale di Camillo e Adriano Olivetti il senso di una comunità concreta (direi quasi una visione) in cui dirigenti e tecnici, padroni e operai si riconoscono» (“Da Olivetti a Celentano”; MP 20 febbraio 1997).

 

filippo sensifilippo sensi

(...) Un ventennio fa Sensi prendeva spunto dalla lezione di Giuseppe Dossetti dichiarandosi «sotto le insegne del Patriottismo della Costituzione», che i suoi attuali boss non si sono peritati di calpestare proditoriamente; tanto da sostenere (allora, appunto) che «non si tratta solo della diffidenza nei confronti del gattopardesco cambiare perché tutto resti uguale, né soltanto il sospetto verso il piccolo cabotaggio della politica italiana, incapace di ripensare se stessa e il Paese, tutta invischiata in tatticismi e camarille, minacce e polemiche freezate nell’eterno presente dell’immagine dei media:

 

cena di finanziamento del pd a roma  filippo sensicena di finanziamento del pd a roma filippo sensi

 la resistenza indicata da don Dossetti riguarda il pericolo presente dello scambio tra reale e mitico, della violenza e sradicata sostituzione della realtà costituzionale con la virtualità della seconda Repubblica, del Paese che non c’è, della democrazia avvenire». Insomma, «non la speranza e la promessa di rinnovamento, bensì la certezza del salto nel buio, dell’incerta pro certa cernitur» (“Dossetti, un ritratto incompleto” terza parte, MP,27 novembre 1995).

 

FILIPPO SENSIFILIPPO SENSI

 (...) Commemorava Piero Gobetti ricordandone le parole: «in mezzo alle orge dei vittoriosi riaffermiamo che lo spirito della libertà non si potrà uccidere. […] Si potrà ancora aver fiducia nell’Italia se c’è un Luigi Einaudi che rifiuta di partecipare al ministero fascista. Si può ancora avere fiducia se c’è un Giovanni Amendola che resta fedele alla sua coerenza e rinuncia serenamente, smascherando l’immaturità inebriata che egli contrasta […] Resteremo al nostro posto di critici sereni con un’esperienza in più». E poi concludeva: «Già, si può ancora avere fiducia, se la lezione di Piero Gobetti continua a farsi sentire, pure nel furioso zapping della nostra attualità politica» (“Hasta la victoria, Piero!”, MP 29 novembre 1996)  

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