DURO INIZIO PER MADURO - POSSIBILE SCONTRO PER LA SUCCESSIONE (ANCHE ARMATO) TRA I FAN DEL “DELFINO” E QUELLI DI CABELLO, PRESIDENTE DEL PARLAMENTO - PER COMPATTARE IL PAESE INTORNO AL SUO NOME, MADURO ACCUSA GLI AMERICANI DI AVERLO AVVELENATO - CARACAS È UN VULCANO: A PARTE I POTENTATI LOCALI, CI SONO GUERRIGLIERI FARC, CELLULE HEZBOLLAH E MILITARI CUBANI CHE RISPONDONO A L’AVANA…

Maurizio Molinari per "la Stampa"

L' espulsione dell'addetto militare americano a Caracas e l'accusa ai «nemici del Venezuela» di aver contagiato Hugo Chavez, lanciata appena poche ore prima dell'annuncio ufficiale della sua morte. Sono le due mosse che segnano l'inizio del tentativo di Nicolas Maduro di assumere le redini del Venezuela imponendosi sulle altre fazioni chaviste. Nicolas Maduro è il vicepresidente in carica, alterego del leader bolivariano morto ieri sera, che da un ospedale dell'Avana aveva fatto sapere di averlo identificato come l'erede naturale.

Ma la sua debolezza politica sta nel fatto di non averne la legittimità perché la seconda carica istituzionale è Diosdato Cabello, presidente del Parlamento, senza contare che il mancato giuramento di Chavez dopo la recente rielezione pone dubbi giuridici anche sulla validità della carica dello stesso vicepresidente.

A complicare lo scenario c'è una galassia chavista che appare in progressiva decomposizione: più anime del partito, più milizie e più potentati economici si riconoscono un mosaico di piccoli e grandi «caudillos», a livello nazionale e locale, pronti a battersi per difendere porzioni di un potere di cui l'unico garante era stato Chavez negli ultimi 14 anni. Ecco perché il leader dell'opposizione Henrique Capriles afferma che «la rivalità fra Maduro e Cabello rischia di distruggere l'intero Venezuela».

Lo scenario peggiore, che il Dipartimento di Stato ha esaminato assieme ai più importanti alleati dell'Emisfero Occidentale, è che lo scontro fra l'erede legittimo e il pretendente illegittimo alla leadership del chavismo inneschi una guerra civile di tipo mediorientale nel cuore dell'America Latina.

Se tale preoccupazione esiste è perché tanto Maduro che Cabello dispongono di fazioni delle forze di sicurezza a loro fedeli, armate di tutto punto, ed a fare la differenza potrebbero essere fattori esterni: dallo schieramento della guerriglia colombiana della Farc, che Caracas ha sostenuto negli ultimi anni, alle attività delle cellule Hezbollah che Teheran è riuscita a insediare in Venezuela grazie alla complicità di Chavez, intenzionato a usarle per combattere gli avversari interni e trasformare il Venezuela nella roccaforte militare degli avversari degli Stati Uniti, fino alle migliaia di consiglieri militari cubani che rispondono solo agli ordini in arrivo dall'Avana.

Se Maduro forza i toni della campagna antiamericana, addebitando la morte di Chavez ad un complotto riconducibile a Washington, è perché sicuro che in questa maniera può trovare la legittimità popolare che gli manca per eliminare la concorrenza di Cabello, riducendo al silenzio ogni altro possibile pretendente alla poltrona di Chavez sulla nazione dell'Opec che siede su ricchezze petrolifere concorrenti con quelle saudite.

Ma poiché si tratta di un regime ideologico che ha avuto l'unico collante nella fedeltà al fondatore, lo stesso Maduro non può essere sicuro che l'operazione riuscirà a garantirgli una successione indolore. Da qui il rischio di possibili rese dei conti fra i chavisti nei prossimi giorni e settimane, che potrebbero anche indurre una opposizione ancora troppo frammentata ad assumere l'iniziativa.

Per l'amministrazione Obama, proiettata verso il viaggio presidenziale in Medio Oriente e il duello cibernetico con la Cina, ciò significa essere obbligata a rimescolare l'agenda di politica estera per assegnare maggiore importanza ad un'America Latina dove il Venezuela è solo uno dei campanelli d'allarme.

La decisione di Raul Castro di accelerare il passaggio del potere ad un vice cinquantenne nell'evidente tentativo di garantire la sopravvivenza della dittatura castrista, la scelta del Brasile di affidare a batterie di missili russe la protezione dei Mondiali e delle Olimpiadi, e la volontà di Buenos Aires di creare una commissione d'inchiesta «per la verità» congiunta con Teheran per fare luce sulla strage antiebraica del 1994 al centro «Amia» per la quale sono accusati alcuni dei massimi rappresentanti della Repubblica islamica dell'Iran rispondono ad altrettante sfide per la leadership degli Stati Uniti nel proprio cortile di casa.

 

Chavez insieme al suo vice Nicola MaduroNICOLAS MADURODIOSDATO CABELLO CON CHAVEZDIOSDATO CABELLODIOSDATO CABELLONICOLAS MADURO

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