mattarella renzi berlusconi

LA MUMMIA DEL QUIRINALE SI SCOPRE PLAYMAKER - SORPRESA: CAV E MATTEUCCIO LO STANNO A SENTIRE E DOMENICA VA IN ONDA IL TELENAZARENO: INTERVISTA DOPPIA NEL SALOTTO DI BARBARA D’URSO - SILVIO: PUO’ ANCHE RESTARE A PALAZZO CHIGI - RENZI: HO GRANDE RISPETTO PER BERLUSCONI. TRALLALA'

Fausto Carioti per Libero Quotidiano

 

BERLUSCONI RENZIBERLUSCONI RENZI

Dieci giorni al voto e il fronte del No è spaccato. Sulla cosa in fondo più importante, quella per cui milioni di italiani andranno a votare: cosa fare con Matteo Renzi se la riforma disegnata dal governo dovesse uscire sconfitta. In mezzo a tante ovvietà, Silvio Berlusconi ieri ha detto una cosa grossa: se Renzi perde, può anche restare a palazzo Chigi.

 

Il fondatore di Forza Italia l' ha spiegata così: «Renzi ha la maggioranza, la conserva anche se artefatta. Non saremo noi a poterlo mandare a casa». Un concetto che non ha nulla di ovvio, perché sarà comunque un presidente del Consiglio indebolito e frastornato quello che, in caso di sconfitta, il giorno dopo il referendum salirà al Quirinale per fare il punto con Sergio Mattarella. Per farlo cadere basterebbe poco, ma Berlusconi vuole il contrario di quello che chiedono Matteo Salvini e Giorgia Meloni, ovvero «dimissioni ed elezioni subito». E dice anche l' opposto di quanto sostenuto da Giovanni Toti, per il quale «se al referendum vincerà il no la legislatura è finita», e da Renato Brunetta, che ancora ieri sera avvertiva: «Renzi quando perderà il referendum non potrà più dare le carte, e comunque non si sta al tavolo con i bari».

renzi berlusconirenzi berlusconi

 

L' ex premier, invece, non vede l' ora di accomodarsi di fronte al «baro»: «L' importante», spiega il fondatore di Forza Italia, «è che subito dopo il voto referendario ci si possa sedere tutti attorno a un tavolo e fare la legge elettorale e una nuova riforma costituzionale». Il Cavaliere mostra così di puntare a un accordo con Renzi anche se il No, per il quale il centrodestra si batte, dovesse risultare minoritario.

 

Il motivo di questa convinzione lo ha spiegato lui stesso in serata: «Non credo che mai il presidente della Repubblica potrebbe consentire le elezioni con l' Italicum, perché avremmo davvero il rischio di ritrovarci i Cinque stelle al governo». Berlusconi parla a ragion veduta. Comunque vada il referendum, sa che bisognerà scrivere una legge elettorale anti-Grillo (anche nessuno la chiamerà mai così) e che Renzi non potrà farlo contro tutte le opposizioni, ma un appoggio da destra gli servirà: lui è pronto. In cambio, come credenziale, offre sin d' ora la disponibilità a non chiedere la testa di Renzi se l' esecutivo dovesse uscire sconfitto dalle urne.

Matteo Renzi e Barbara DursoMatteo Renzi e Barbara Durso

 

Va da sé che un segretario del Pd bastonato dagli elettori e incalzato dai nemici interni sarebbe un interlocutore assai più malleabile nella partita con cui il Cavaliere vuole ottenere un sistema elettorale proporzionale, presupposto per un governo di grande coalizione il giorno dopo le elezioni. Ma non sempre si può avere tutto.

 

Anche il premier ha capito che è il momento di essere realista. Non disdegna il corteggiamento dell' avversario, ma non può nemmeno accogliere le sue profferte con moine e sorrisi. Così si smarca con ironia, senza rompere il filo che lo tiene legato all' altro: «Ho grande rispetto per Berlusconi. Un giorno dice che sono un pericoloso dittatore, un giorno dice che devo restare, un giorno che me ne devo andare. Non si vota su di me, si vota con una scheda in cui si parla di bicameralismo paritario». In teoria è così, in pratica è soprattutto su Renzi e il suo governo che gli italiani saranno chiamati a esprimere un giudizio.

BERLUSCONI DURSO BERLUSCONI DURSO

 

Il segretario del Pd questo lo sa, ma ammetterlo non gli conviene. Soprattutto non gli conviene alzare i toni in un momento in cui Berlusconi gli tende una mano e Mattarella gli chiede calma e gesso. Il presidente della Repubblica non avrà la capacità e l' esperienza di manovra di Giorgio Napolitano, suo predecessore, ma ha capito che se la crisi ci sarà, l' unica via d' uscita, stretta, passerà attraverso un accordo tra quei due. Così, nell' incontro del 27 ottobre, ha valutato la disponibilità di Berlusconi a mettere la «responsabilità verso il Paese» prima dei vincoli di coalizione che ancora lo legano a Salvini e Meloni.

 

SALVINI MELONI TOTISALVINI MELONI TOTI

Ottenendo una risposta confortante. Due giorni fa, nel faccia a faccia con Renzi, gli ha chiesto di abbassare il livello dello scontro e di non evocare più scenari apocalittici in caso di vittoria dei No. Anche in questo caso il capo dello Stato sembra essere stato convincente, tanto che ieri Renzi - contraddicendo affermazioni precedenti - ha detto che i mercati non subirebbero grossi contraccolpi dalla bocciatura della riforma, perché «sanno sempre come salvare la pelle».

 

Se la politica fosse un gioco tra gentiluomini, l' accordo sarebbe già cosa fatta. Invece non lo è, però ci sono la benedizione del Colle e la convenienza di Berlusconi e Renzi a legittimarsi a vicenda e sedersi al famoso tavolo, comunque vada a finire il referendum. Se questi ingredienti basteranno, lo sapremo presto. Qualcosa di più forse si capirà già domenica, nell' intervista doppia che i due hanno accettato di fare (su Canale 5...) con Barbara D' Urso.

 

Ultimi Dagoreport

igor taruffi elly schlein

DAGOREPORT - QUALCUNO DICA A ELLY SCHLEIN CHE STA AFFONDANDO IL PD! - NON SOLO TOSCANA E UMBRIA, DALLA CAMPANIA ALLA SICILIA FINO ALLA PUGLIA, SI MOLTIPLICANO I PROBLEMI SUI “TERRITORI” - A FINIRE NEL MIRINO LO “SPICCIAFACCENDE” DI ELLY, IGOR TARUFFI, RESPONSABILE ORGANIZZAZIONE DEL NAZARENO. DOVE C’È LUI, C’È CASINO, VISTA LA SUA PROPENSIONE A SALVAGUARDARE I CACICCHI FEDELI ALLA MIGLIORE ALLEATA DEL GOVERNO MELONI - IN SUO SOCCORSO È ARRIVATO ANCHE IL BERSANIANO NICO STUMPO CHE NON RIESCE AD EVITARE I PASTICCI CHE "LO STRATEGA IN VERSIONE PIZZICAGNOLO" TARUFFI COMBINA A CAUSA DELLA SCARSA CONOSCENZA DELLE REGOLE E DELLE DIVERSE REALTA’ LOCALI. E PER LA PRIMA VOLTA…

giorgia meloni ursula von der leyen donald trump dazi matteo salvini

DAGOREPORT – LA LETTERINA DELL’AL CAFONE DELLA CASA BIANCA È UNA PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA DEI LEADER EUROPEI, CUI È RIMASTA UNA SOLA VIA DI USCITA, QUELLA COSIDDETTA “OMEOPATICA”: RISPONDERE AL MALE CON IL MALE. LINEA DURA, DURISSIMA, ALTRIMENTI, ALLE LEGNATE DI TRUMP, DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, SI AGGIUNGERANNO I CALCI IN CULO DEI MERCATI. LA CINA HA DIMOSTRATO CHE, QUANDO RISPONDI CON LA FORZA, TRUMP FA MARCIA INDIETRO - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” ORMAI È RIMASTA L’UNICA A IMPLORARE, SCODINZOLANTE, “IL DIALOGO” COL DAZISTA IN CHIEF, NEMMENO LE CIFRE CATASTROFICHE SULLE RIPERCUSSIONI DELLE TARIFFE USA SULLE  AZIENDE ITALIANE, TANTO CARE ALLA LEGA, HA FERMATO I DEMENZIALI APPLAUSI ALLA LETTERA-RAPINA DA PARTE DI MATTEO SALVINI – ASCOLTATE JOSEPH STIGLITZ, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA: “TRUMP NON AGISCE SECONDO ALCUN PRINCIPIO ECONOMICO, NON CONOSCE LO STATO DI DIRITTO, È SEMPLICEMENTE UN BULLO CHE USA IL POTERE ECONOMICO COME UNICA LEVA. SE POTESSE, USEREBBE QUELLO MILITARE’’

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...

diletta leotta ilary blasi stefano sala pier silvio berlusconi

FLASH – IL BRUTALE AFFONDO DI PIER SILVIO BERLUSCONI SU ILARY BLASI E DILETTA LEOTTA (“I LORO REALITY TRA I PIÙ BRUTTI MAI VISTI”), COSÌ COME IL SILURAMENTO DI MYRTA MERLINO, NASCE DAI DATI HORROR SULLA PUBBLICITÀ MOSTRATI A “PIER DUDI” DA STEFANO SALA, AD DI PUBLITALIA (LA CONCESSIONARIA DI MEDIASET): UNA DISAMINA SPIETATA CHE HA PORTATO ALLA “DISBOSCATA” DI TRASMISSIONI DEBOLI. UN METODO DA TAGLIATORE DI TESTE BEN DIVERSO DA QUELLO DI BABBO SILVIO, PIÙ INDULGENTE VERSO I SUOI DIPENDENTI – A DARE UNA MANO A MEDIASET NON È LA SCURE DI BERLUSCONI JR, MA LA RAI: NON SI ERA MAI VISTA UNA CONTROPROGRAMMAZIONE PIÙ SCARSA DI QUELLA CHE VIALE MAZZINI, IN VERSIONE TELE-MELONI, HA OFFERTO IN QUESTI TRE ANNI…

giorgia meloni elly schlein luca zaia vincenzo de luca eugenio giani elly schlein elezioni regionali

PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…