LE “PICCONATE” DI NAPOLITANO (PIU’ FURIOSO DEL COSSIGA D’ANTAN) - “VIOLENTA CAMPAGNA DI MANIPOLAZIONI” DEL “FATTO” RIPRESA E ALIMENTATA SISTEMATICAMENTE DA DI PIETRO, ARRIVATO AD ACCUSARE NAPOLITANO DI TRADIMENTO DELLA COSTITUZIONE - “ATTACCANO LORIS, MA IL VERO BERSAGLIO DELLA VIOLENTA CAMPAGNA DI MANIPOLAZIONI SONO IO” - QUANDO SI È SENTITO MALE, D’AMBROSIO SI TROVAVA NELLA SEDE DI UNA CASA EDITRICE ROMANA…

Umberto Rosso per "la Repubblica"

Alcuni pm della procura di Palermo, il leader dell'Idv, Antonio Di Pietro, il capo del Movimento 5 Stelle Beppe Grillo, e alcuni giornali. L'ira del presidente della Repubblica è rivolta essenzialmente contro di loro. Le polemiche che avevano messo Loris D'Ambrosio al centro delle polemiche per l'inchiesta sulla trattativa Stato-mafia rappresentano una ferita per Giorgio Napolitano. E nel comunicato con cui annuncia la scomparsa del suo consigliere ne resta una traccia evidente.

Il capo dello Stato, a Londra per l'inaugurazione delle Olimpiadi, immaginava una serata di allegria, un momento di festa con gli atleti italiani. Ma tutto cambia alle tre di ieri pomeriggio. Napolitano si trovava nell'appartamento privato al Quirinale. Ma,
inaspettato, si presenta il segretario generale del Colle. È stato infatti Donato Marra a portargli la terribile notizia. Napolitano, sotto shock, non ha trattenuto le lacrime. Crolla su una poltrona. «Sono sconvolto, è atroce». Pensa in un primo momento di cancellare la partenza, ma quegli impegni vanno rispettati.

Sull'aereo che lo porta a Londra resta in silenzio, anche con il ministro Gnudi che lo accompagna. La cena al villaggio olimpico però viene annullata. Solo un saluto agli azzurri, «comprenderete che non sono nelle condizioni d'animo di restare ma vi ringrazio, mi date motivo di serenità».

D'Ambrosio resta nella mente del presidente della Repubblica. Due mesi di stress, sulla graticola per l'affaire-Mancino - dicono sul Colle - «lasciano il segno». Una campagna di odio dietro la quale c'è l'«irresponsabilità» con cui dalla procura di Palermo sono filtrati i verbali delle intercettazioni. Al Quirinale ce l'hanno in primo luogo con i pm dell'inchiesta,
guidati dal procuratore aggiunto Ingroia.

Non per le indagini ma per il balletto delle bobine e delle indiscrezioni a rate su D'Ambrosio che hanno scosso e stanno scuotendo il Colle. Le intercettazioni finiscono sui giornali. E quindi inizia, è lo sfogo del presidente, la «violenta campagna di manipolazioni» su alcuni giornali ripresa e alimentata sistematicamente da Antonio Di Pietro, che è arrivato ad accusare Napolitano di tradimento della Costituzione.

Da qui, l'amara constatazione del presidente della Repubblica, ancora più sconfortata dopo la morte del suo consigliere giuridico: «attaccano D'Ambrosio ma il bersaglio vero sono io, le prerogative costituzionali del capo dello Stato». Un attacco politico che passa «attraverso Loris».

Ancora due giorni fa, il fidatissimo consigliere-bussola nei rapporti con i magistrati, era nella studio del presidente della Repubblica, a confidargli le amarezze per le polemiche incessanti, ma anche per fargli leggere in anteprima un commosso ricordo di Falcone che aveva appena finito di preparare.

«Sono veramente sconvolto», ripete ora Napolitano mentre al dolore si va mescolando la reazione istituzionale: indignazione e rabbia. Così, d'impeto, scrive il comunicato che annuncia la perdita «gravissima » di D'Ambrosio e che diventa un pesantissimo atto di accusa contro la campagna violenta, le insinuazioni, le «escogitazioni ingiuriose» di cui è stato vittima il suo consigliere per l'affaire delle telefonate intercettate con Mancino.

E ancora in lacrime Napolitano legge e detta il testo del suo j'accuse allo staff del Colle, per trasmetterlo alle agenzie. Non è passata nemmeno un'ora da quando l'autista di D'Ambrosio, che nella sede di una casa editrice romana stava rivedendo le bozze di un libro, ha lanciato l'allarme, «il consigliere sta molto male».

Dal Colle sono partiti anche i medici di servizio, ma niente da fare. D'Ambrosio, ricorda amaramente Napolitano ai suoi, aveva scritto il testo dell'articolo 41 bis, quello sul carcere duro, «come lo si può accusare di aver coperto la trattativa, favorito qualcuno che poteva essere coinvolto ». Il teorema della procura palermitana non lo convince per niente, spinto com'è fino a mettere sotto ascolto le stesse conversazioni del capo dello Stato, «costretto» a sollevare il conflitto di attribuzione davanti alla Consulta. Un giorno nero. E qualcuno rievoca il clima cupo dei tempi di Tangentopoli.

 

GIORGIO NAPOLITANO GIORGIO NAPOLITANO E LORIS D'AMBROSIO MARCO TRAVAGLIO ANTONIO DI PIETRONICOLA MANCINO

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