CON DUE CAMERE NON SI CUCINA - NAPOLITANO NON VUOLE LE ELEZIONI FINCHÉ NON SARÀ STATA APPROVATA LA RIFORMA DEL SENATO - PER USCIRE DALLA PALUDE SERVIRÀ VOTARE L’ITALICUM AL SENATO POI TENERLO IN STANDBY FINO ALLA SECONDA LETTURA DELLA RIFORMA COSTITUZIONALE

Francesco Bei e Umberto Rosso per “la Repubblica

 

NAPOLITANO RENZINAPOLITANO RENZI

Il secondo mandato è agli sgoccioli. Ma il capo dello Stato non rinuncia a farsi interprete delle «legittime preoccupazioni» di quanti temono un Renzi pigliatutto. Va bene la fretta sulle riforme dopo anni di chiacchiere, a patto però che la corsa non finisca nel burrone delle elezioni anticipate.

 

Così il colloquio sul Colle di ieri mattina, presente anche il ministro Maria Elena Boschi, è meno fluido del solito, alcune obiezioni del presidente della Repubblica effettivamente mettono il premier in imbarazzo. Una su tutte: la richiesta di una «clausola di salvaguardia» nell’Italicum che impedisca l’ipotesi di andare al voto anticipato senza una legge elettorale valida anche per il Senato. Ovvero una rete di protezione per scongiurare la tentazione attribuita a Renzi di precipitarsi alle urne una volta incassato la riforma elettorale (e con il Consultellum per palazzo Madama).

silvio berlusconisilvio berlusconi

 

«Non è mio compito fornire indicazioni di merito, suggerire soluzioni tecniche per raggiungere questo obiettivo ma — è il ragionamento svolto sul Colle — di certo bisogna tenere insieme il cammino della legge elettorale con quello della riforma costituzionale». In un sistema bicamerale perfetto, sono le riflessioni di Napolitano, non si possono avere due leggi elettorali diverse.

 

Il risultato sarebbe «schizofrenico», come hanno già fatto notare nei giorni scorsi i due presidenti emeriti della Consulta, Tesauro e Silvestri, sentiti dalla commissione affari costituzionali del Senato. Proprio i due giudici che erano in carica quando la Corte bocciò il Porcellum. Renzi ascolta e reagisce. Il ministro Boschi già da giorni, per averne discusso con Anna Finocchiaro, conosce il problema e ne ha informato il capo del governo.

 

«Presidente — replica Renzi — finché la maggioranza procede con le riforme, come accaduto ieri con il Jobs Act, siamo noi i primi a voler andare avanti. Il nostro orizzonte resta quello del 2018 e posso garantirle che non c’è alcuna voglia di andare a elezioni anticipate. L’ho detto anche a Berlusconi».

 

Il premier di conseguenza frena. Inoltre, che forma dovrebbe avere questa clausola di salvaguardia? Per Renzi sarebbe sbagliato, come pretende la minoranza dem, rinviare l’entrata in vigore della legge elettorale per aspettare l’approvazione della riforma costituzionale. «Vorrebbero inserire una norma transitoria per sterilizzare l’Italicum — racconta il premier al capo dello Stato — ma in questo modo passerebbe almeno un anno prima di avere la legge pronta per l’uso». Una rigidità «inaccettabile».

AULA MONTECITORIOAULA MONTECITORIO

 

Per il premier basterebbe un «impegno politico», al massimo un ordine del giorno in Parlamento: stessa sostanza della norma transitoria — ovvero collegare riforma del Senato e legge elettorale — ma senza vincoli formali. Sulla linea dell’ordine del giorno presentato ieri in commissione da Roberto Calderoli. Un’arma anti-elezioni che però, per il Quirinale, sembra caricata a salve. Troppo poco.

 

E se Renzi lamenta il rischio di tempi infiniti per l’entrata in vigore della nuova legge, sul Colle immaginano almeno un paio di ipotesi che possano ovviare a un Italicum- tartaruga. Per esempio estendere la legge maggioritaria della Camera anche al Senato (nonostante la minoranza dem pretese la cancellazione dell’articolo 2 che prevedeva proprio questo), oppure approvare una legge ad hoc solo per il Senato, adattando il Consultellum su base regionale.

 

senato ansa senato ansa

Nel colloquio al Colle ufficialmente il tema delle dimissioni di Napolitano non entra. Per palazzo Chigi è evidente tuttavia il pericolo di un ingorgo in caso di un addio troppo ravvicinato dell’inquilino del Quirinale. Renzi ne ha parlato ai suoi collaboratori: «Se si apre subito la corsa alla presidenza della Repubblica, mentre abbiamo ancora aperto il fronte riforme, saremo esposti a mille ricatti. Dei nostri e di Forza Italia. Meglio sarebbe se Napolitano restasse ancora. Così potrebbe firmare egli stesso la legge elettorale ». E tuttavia al Colle una cosa la mettono in chiaro: «Nessun legame fra dimissioni di Napolitano e approvazione della legge elettorale».

 

MARIA ELENA BOSCHI MARIA ELENA BOSCHI

Non si tratta di stabilire record di velocità o di appuntarsi medaglie a fine mandato. La riforma va fatta bene, deve rispondere a quei criteri di costituzionalità ben evidenziati dalla Consulta nella sentenza n.1 del 2014, quella che uccise il Porcellum. La minoranza Pd apprezza, sono preoccupazioni che vanno incontro anche alle richieste di Ncd e Forza Italia. Anche Berlusconi, nella sua altalena di posizioni, trova in questi richiami del Quirinale la garanzia che non si dovrà misurare troppo presto con le urne.

MARIA ELENA BOSCHIMARIA ELENA BOSCHI

 

Come se ne esce? Il governo lavora a un compromesso, un’ipotesi che non fissi in una norma precisa la clausola di salvaguardia ma non sconfessi le attese di Napolitano. Si tratterebbe di approvare subito, «entro dicembre», l’Italicum al Senato. Quindi la legge andrebbe nel congelatore, senza l’ultimo passaggio a Montecitorio, quello definitivo. Nel frattempo la Camera procederebbe con più velocità alla seconda lettura della riforma istituzionale. In modo tale da ricongiungere i due binari e portarli insieme alla stazione finale.

 

MARIA ELENA BOSCHIMARIA ELENA BOSCHI

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