QUEL PARAGÜLEN DI ERDOGAN - ‘NASCONDI I SOLDI!’, LE INTERCETTAZIONI SEMBRANO INCHIODARLO MA IL PREMIER TURCO PARLA DI ‘ATTACCHI VILI’ E ACCUSA L’IMAM GÜLEN DI ESSERE DIETRO ALLA GUERRA GIUDIZIARIA NEI SUOI CONFRONTI

Da ‘Il Foglio'

Nessuno, in Turchia, dubita dell'esistenza delle intercettazioni telefoniche, lo dice anche il premier Recep Tayyip Erdogan: ogni conversazione viene registrata. Ma ora le intercettazioni iniziano a diventare pubbliche, e nessuno ci si riconosce: le voci registrate sono sempre "vili montature".

Soprattutto se a parlare è Erdogan, o una voce che assomiglia molto alla sua. Lunedì sera su YouTube è stata caricata una registrazione che risale a metà dicembre, ai primi giorni dello scandalo sulla corruzione che ha decimato l'Akp, il partito di Erdogan, e costretto il premier a un rimpasto di governo. A parlare sono Erdogan e suo figlio Bilal. Stanno perquisendo le case di tutti i figli dei ministri, dice il premier, "prendi tutto quello che c'è in casa, ok?". "E dove lo metto?", risponde il figlio.

Dallo zio Ziya, dallo zio Berat, devi farlo svanire, risponde Erdogan. In una telefonata successiva Bilal racconta al padre di tutti i soldi che ancora non riesce a "fare svanire", decine di milioni di euro e di dollari, trenta, poi venticinque, poi altri trentacinque, poi altri venti, così tanti che è difficile rifilarli ai parenti. Le registrazioni sono solo degli "attacchi vili", ha dichiarato ieri Erdogan, montaggi creati ad arte dai nemici della Turchia per distruggere il governo.

Per Erdogan questi nemici hanno molti nomi, lobby del tasso d'interesse, lobby del terrore, stato nello stato, ma una faccia sola, quella dell'imam Fethullah Gülen, che dalla Pennsylvania gestisce un enorme conglomerato affaristico ed educativo e che da dicembre ha dichiarato una guerra giudiziaria, questa è l'accusa, contro il governo Erdogan. Ma se le ultime intercettazioni che coinvolgono Erdogan sono dei falsi, questo non vuol dire che non esistano. Erdogan denuncia la loro esistenza da settimane, alcune di queste (per esempio quella in cui dà istruzioni al direttore di una rete tv per ridurre la copertura di un membro dell'opposizione) sono state riconosciute dallo stesso premier.

Lunedì a svelare il piano dello "stato nello stato" gulenista con nomi e numeri di telefono sono stati Star e Yeni Safak, due giornali filogovernativi. Secondo i due reportage, quasi identici, dietro a un'inchiesta su un gruppo terroristico chiamato Tawhid Salam i procuratori fedeli a Gülen avrebbero messo in piedi un gigantesco sistema di intercettazione con più di settemila persone registrate, comprese le più alte cariche dello stato. Finora le intercettazioni, in cui ci sono ministri che tentano di nascondere le mazzette, pressioni ai media, cospirazioni del governo contro le inchieste giudiziarie, hanno danneggiato di poco la popolarità di Erdogan, soprattutto a causa di un'opposizione incapace di fornire un'alternativa.

Ma ora che le intercettazioni stanno colpendo direttamente il premier - e con l'avvicinarsi delle elezioni locali di marzo, che ormai tutti considerano un referendum sul governo turco - ci si aspetta che il livello dello scontro si alzi. Erdogan ha già preparato il campo, con tre leggi rispettivamente sul potere giudiziario, su internet e sull'agenzia d'intelligence Mit (quest'ultima è in fase di approvazione) che hanno aumentato a dismisura il controllo del governo sulle indagini e sulla libertà d'espressione.

Mentre l'opposizione balbetta, la piazza si fa sentire, ieri sera e negli scorsi giorni a Istanbul si è tornati a protestare come non succedeva dalla primavera scorsa, la polizia ha risposto con i cannoni ad acqua, ci sono state manifestazioni anche in altre città. Ma la piazza è schiacciata tra i due fronti islamisti che stanno spaccando la società.

Che tu sia giornalista, magistrato, azienda multinazionale (le tre più grandi compagnie del paese sono vicine una ai kemalisti, una all'Akp e una a Gülen) oggi è impossibile non schierarsi. Solo uno riesce a mantenersi in equilibrio, il presidente Abdullah Gül. Ma le elezioni di marzo sono vicine, anche lui si muoverà.

 

erdogan merkel Sumeyye ErdoganTURCHIA - PROTESTE CONTRO IL GOVERNO ERDOGAN.TURCHIA PROTESTE TURCHIA PROTESTE IN PIEDI

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni matteo salvini adolfo urso abodi giorgetti tajani giorgio armani

UN PO’ PIU’ DI RISPETTO SE LO MERITAVA GIORGIO ARMANI DA PARTE DEL GOVERNO – SOLO IL MINISTRO DELL’UNIVERSITA’, ANNA MARIA BERNINI, HA RESO OMAGGIO ALL’ITALIANO PIU’ CONOSCIUTO AL MONDO RECANDOSI ALLA CAMERA ARDENTE DOVE, TRA SABATO E DOMENICA, SONO SFILATE BEN 16 MILA PERSONE - EPPURE MILANO E’ A DUE PASSI DA MONZA, DOVE IERI ERA PRESENTE AL GP, OLTRE AL VICEPREMIER MATTEO SALVINI, IL MINISTRO DELLO SPORT ANDREA ABODI, SMEMORATO DEL PROFONDO LEGAME DELLO STILISTA CON BASKET, CALCIO, TENNIS E SCI - A 54 KM DA MILANO, CERNOBBIO HA OSPITATO NEL WEEKEND TAJANI, PICHETTO FRATIN, PIANTEDOSI, CALDERONE E SOPRATTUTTO ADOLFO URSO, MINISTRO DEL MADE IN ITALY, DI CUI ARMANI E’ L’ICONA PIU’ SPLENDENTE – E IGNAZIO LA RUSSA, SECONDA CARICA DELLO STATO, DOMENICA ERA A LA SPEZIA A PARLARE DI ''PATRIOTI'' AL DI LA’ DI RITUALI POST E DI ARTICOLETTI (MELONI SUL “CORRIERE”), UN OMAGGIO DI PERSONA LO MERITAVA TUTTO DAL GOVERNO DI CENTRODESTRA PERCHE’ ARMANI E’ STATO UN VERO “PATRIOTA”, AVENDO SEMPRE PRESERVATO L’ITALIANITA’ DEL SUO IMPERO RIFIUTANDO LE AVANCES DI CAPITALI STRANIERI…

giorgia meloni mantovano alfredo giovanbattista fazzolari gian marco chiocci rossi

DAGOREPORT - CHI AVEVA UN OBIETTIVO INTERESSE DI BRUCIARE IL DESIDERIO DI GIORGIA MELONI, PIÙ VOLTE CONFIDATO AI SUOI PIÙ STRETTI COLLABORATORI, DI ARRUOLARE L’INGOMBRANTE GIAN MARCO CHIOCCI COME PORTAVOCE? - IN BARBA ALLA DIFFIDENZA DEI VARI SCURTI, FAZZOLARI E MANTOVANO, FU L’UNDERDOG DE’ NOANTRI A IMPORRE FORTISSIMAMENTE (“DI LUI MI FIDO”) COME DIRETTORE DEL TG1 L’INTRAPRENDENTE CHIOCCI, DOTATO DI UNA RETE RELAZIONALE RADICATA IN TUTTE LE DIREZIONI, DAL MONDO DELLA SINISTRA ALL’INTELLIGENCE DI DESTRA - BEN CONOSCENDO IL CARATTERINO DELL’EX DIRETTORE DE “IL TEMPO” E ADNKRONOS, BEN LONTANO DALLA DISPONIBILITÀ AD ACCETTARE ORDINI E DINIEGHI, OCCORREVA CORRERE AI RIPARI PRIMA CHE LA SGARBATELLA PROCEDESSE ALL’INFELICE NOMINA, FACENDO CIRCOLARE LA VOCE DEL SUO TRASLOCO DALLA DIREZIONE DEL TG1 A BRACCIO MEDIATICO DELLA PREMIER - NEL CASO, SEMPRE PIÙ LONTANO, DI VEDERE CHIOCCI A PALAZZO CHIGI, ALLORA VORRÀ DIRE CHE L’EQUILIBRIO DI POTERI ALL’INTERNO DELLA FIAMMA MAGICA È FINITO DAVVERO IN FRANTUMI...

marcello viola alberto nagel giorgia meloni francesco gaetano caltagirone luigi lovaglio mps mediobanca piazza affari

DAGOREPORT - MEDIOSBANCA! I GIOCHI ANCORA NON SONO FATTI. E LE PREMESSE PER UN FUTURO DISASTRO SONO GIÀ TUTTE SUL TAVOLO - AL DI LÀ DELLE DECISIONI CHE PRENDERÀ LA PROCURA DI MILANO SUL PRESUNTO “CONCERTO” DEL QUARTETTO CALTA-GIORGETTI-LOVAGLIO-MILLERI NELLA PRIVATIZZAZIONE DEL 15% DI MPS, IL PROGETTO TANTO AUSPICATO DA GIORGIA MELONI DI DARE VITA A UN TERZO POLO BANCARIO, INTEGRANDO MPS, BPM E MEDIOBANCA, SI È INCAGLIATO DI BRUTTO: LO VUOLE SOLO FRATELLI D’ITALIA MENTRE FORZA ITALIA SE NE FREGA E LA LEGA E' CONTRO, SAPENDO BENISSIMO CHE L’OBIETTIVO VERO DEL RISIKONE BANCARIO È QUEL 13% DI GENERALI, IN PANCIA A MEDIOBANCA, NECESSARIO PER LA CONQUISTA CALTAGIRONESCA DEL LEONE DI TRIESTE - AL GELO SCESO DA TEMPO TRA CALTA E CASTAGNA (BPM) SI AGGIUNGE IL CONFLITTO DI CALTA CON LOVAGLIO (MPS) CHE RISCHIA DI ESSERE FATTO FUORI PER ‘’INSUBORDINAZIONE’’ - ANCHE LA ROSA DEI PAPABILI PER I NUOVI VERTICI DI MEDIOBANCA PERDE PETALI: MICILLO HA RIFIUTATO E VITTORIO GRILLI NON È INTERESSATO - LA BOCCIATURA DELL’OPERAZIONE DI FITCH, CHE VALUTA MPS CON UN RATING PIÙ BASSO RISPETTO A MEDIOBANCA - LAST BUT NOT LEAST: È SENZA FINE LO SCONTRO TRA GLI 8 EREDI DEL VECCHIO E IL CEO MILLERI, PARTNER DEVOTO DI CALTARICCONE…