BANANA SHOPPING CENTER - NELL’INCHIESTA SULLA COMPRAVENDITA DI SENATORI, CI SONO ALTRI DIECI PARLAMENTARI DI CUI QUATTRO FINIANI DI “FUTURO E LIBERTÀ”: HANNO INCASSATO DENARO PER NON FAR CADERE BERLUSCONI NEL 2010?

Fulvio Bufi e Fiorenza Sarzanini per il "Corriere della Sera"

Un gruppetto di parlamentari disponibili a votare contro il proprio partito in cambio di soldi o incarichi. Deputati e senatori piegati ai voleri di Silvio Berlusconi fino ad appoggiare i provvedimenti «politici» che potevano farlo rimanere a Palazzo Chigi, ma anche favorirlo nei processi. È il nuovo filone d'inchiesta avviato nelle ultime settimane dalla magistratura di Napoli che ipotizza i reati di corruzione e illecito finanziamento.

Mentre si apre il dibattimento contro il Cavaliere e il faccendiere Valter Lavitola accusati di aver corrotto con tre milioni di euro l'ex senatore Sergio De Gregorio per far cadere il governo Prodi, l'indagine condotta dai pubblici ministeri Henry John Woodcock e Vincenzo Piscitelli si concentra su quanto accaduto tra il 2010 e il 2011.

E sui flussi finanziari che da Forza Italia e dal Pdl sarebbero transitati su alcune società e conti personali dello stesso Berlusconi per poi essere destinati alla «campagna acquisti» della politica. Sono almeno dieci le persone - alcune non rielette alle ultime elezioni - che avrebbero accettato di schierarsi contro la formazione che li aveva portati in Parlamento.

I QUATTRO DI FUTURO E LIBERTÀ
Le verifiche prendono le mosse da quanto era emerso dai verbali di interrogatorio di alcuni testimoni dopo la confessione di De Gregorio. Compreso Gianfranco Fini che il 4 aprile 2013, accetta di ricostruire davanti ai magistrati quanto avvenuto il 4 dicembre 2010 al momento di votare la sfiducia a Berlusconi voluta proprio da Futuro e Libertà, la formazione creata dal presidente della Camera dopo la «cacciata» dal Pdl.

E dunque si concentrano sul ruolo di quattro deputati di Fli che in quell'occasione si schierarono a favore del Cavaliere: Catia Polidori, poi nominata sottosegretario allo Sviluppo economico; Maria Grazia Siliquini, designata nel cda delle Poste; Giampiero Catone, diventato sottosegretario all'Ambiente; Silvano Moffa, eletto presidente della Commissione Lavoro della Camera.

Gli accertamenti affidati al Nucleo di Polizia Tributaria guidati dal colonnello Nicola Altiero mirano a scoprire l'eventuale nesso tra il voto parlamentare e la successiva nomina. Ma anche a controllare se qualcuno possa aver ricevuto altre utilità o ricompense in denaro, proprio come accaduto nel caso di De Gregorio. Per questo vengono esplorati i passaggi di denaro avvenuti dopo il versamento dei rimborsi elettorali prima a Forza Italia e poi al Pdl. L'ipotesi è che i soldi siano stati fatti transitare su conti correnti e società riconducibili al Cavaliere e poi trasferiti sui depositi indicati dai parlamentari.

RUBY E I DIRITTI TV
Il voto di fiducia al governo è soltanto il primo atto. Perché le indagini riguardano altre votazioni diventate fondamentali per le vicende giudiziarie che coinvolgevano il Cavaliere. Due in particolare: il processo Ruby e quello sui diritti tv. Nel primo caso il Parlamento si era espresso su una serie di questioni riguardanti l'autorizzazione a procedere nei confronti di Berlusconi chiesta dai magistrati di Milano, mentre nell'inchiesta sulla frode fiscale in ballo c'era il legittimo impedimento addotto dall'imputato per ottenere il rinvio di un'udienza e il successivo conflitto tra poteri dello Stato di fronte alla Corte costituzionale proposto dai legali dell'allora presidente del Consiglio con il via libera di Montecitorio.

I finanzieri hanno acquisito l'elenco dei parlamentari che si espressero contro il proprio partito in commissione e poi l'esito delle votazioni finali in Aula. Obiettivo è capire che cosa sia accaduto dopo, se ci sia stato un libero convincimento nella scelta di andare contro le indicazioni ufficiali o se invece la decisione sia scaturita grazie alla concessione di una contropartita.

DI PIETRO IN TOGA
La convinzione dei pubblici ministeri, avvalorata da quanto raccontato da De Gregorio - l'ex senatore ha già patteggiato una pena a un anno e otto mesi - è che ci fosse un vero e proprio «sistema» di elargizione che ha coinvolto prima l'Idv e poi altri partiti. E proprio a rappresentare come avvocato l'Italia dei valori ieri è arrivato in aula il suo fondatore Antonio Di Pietro: «Non ho mai tolto la toga dal mio cuore, oggi l'ho indossata per difendere le istituzioni e tutti i cittadini che hanno visto il loro voto venduto, come si fa tra criminali».

Berlusconi è stato dichiarato contumace. I tempi del dibattimento sono stretti, la prescrizione scatterà nell'autunno del 2015. Ma su questo certamente potrà pesare l'esito della nuova indagine. Se effettivamente fosse dimostrata l'esistenza di un vero e proprio disegno utilizzato per «comprare» parlamentari di schieramenti avversi, potrebbe infatti scattare la cosiddetta «continuazione».

IL CONFRONTO
I pubblici ministeri hanno depositato nuovi verbali di interrogatorio stilati nelle ultime settimane, compreso un confronto tra De Gregorio e l'ex coordinatore di Forza Italia che si è svolto il 28 gennaio scorso. Tra i due fu infatti stipulato un patto di finanziamento nella sede di Forza Italia in via dell'Umiltà, a Roma, ma De Gregorio sostiene che oltre a un milione di euro regolarmente denunciati, gli furono poi versati due milioni di euro «in nero». Soldi arrivati grazie alla mediazione di Lavitola.

Ai finanzieri l'onorevole Bondi ha consegnato un prospetto per dimostrare come Forza Italia e il Pdl avessero stipulato numerosi accordi con formazioni diverse per ottenere il loro appoggio «alla luce del sole». In realtà il sospetto è che quei patti servissero da paravento per foraggiare invece gli altri e convincerli a fornire il proprio appoggio.

 

 

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