MATTEUCCIO NON PENDE A DESTRA - LE SCONTATISSIME PRIMARIE LASCIANO DUE RISULTATI A SORPRESA: GLI ELETTORI DELUSI DAL BANANA NON SONO ANDATI A VOTARE PER RENZI E, CONTRO OGNI PREVISIONE, IL SINDACO È ANDATO MEGLIO NELLE REGIONE ‘ROSSE’ (DISTACCO DI 6 PUNTI DA BERSANI) CHE IN ALTRE PARTI DEL PAESE (AL NORD LO SCARTO È A 20 E AL SUD A 38 PUNTI) - PROPRIO NELLE ZONE DOVE IL PD È PIÙ FORTE IL VOTO ANTI-NOMENCLATURA È STATO PIÙ NETTO…

Dal "Sole 24 Ore"

È finita come era prevedibile. Quella di Matteo Renzi era una sfida impossibile. Non poteva vincere praticamente da solo contro l'apparato del partito. Le regole della competizione non gli hanno dato una mano, ma anche con regole diverse e più permissive sarebbe stata una impresa difficile. Ci sarebbe voluto più tempo, più organizzazione e più mezzi per riequilibrare le forze in campo. In ogni caso è stata una bella sfida che ha fatto bene al Pd perché è stata condotta in modo esemplare.

È stato un confronto serrato, a volte anche aspro, ma sempre civile. I due candidati sono riusciti a rimarcare le loro differenze ma lo hanno fatto senza eccedere in contrapposizioni laceranti. E oggi il Pd è in termini elettorali sui livelli del 2008, cioè intorno al 33%, anche se su una base di votanti più ristretta. Anche se l'esito di queste primarie era largamente scontato ci sono state due sorprese che meritano di essere evidenziate. La prima riguarda l'allargamento della base elettorale del centrosinistra.

Non è successo quello che molti dentro il Pd temevano e altri speravano, e cioè che Renzi riuscisse a portare a votare per lui molti elettori di centrodestra. I dati delle regioni del Nord fanno giustizia di questa tesi. Sia al primo turno, e ancor più al secondo, Bersani ha sopravanzato il suo rivale dovunque. È possibile che qua e là ci siano state "infiltrazioni" ma di poco conto. Nemmeno Renzi, che pure è sicuramente ben visto dagli elettori del Nord delusi da Berlusconi e dalla Lega, è riuscito a convincerli a superare la loro diffidenza nei confronti della sinistra.

Certamente le regole hanno scoraggiato la partecipazione ma questa non è la sola ragione. Ci vuole di più di un buon candidato alle primarie del Pd per rimuovere certe preclusioni che hanno radici profonde. La seconda sorpresa riguarda le cosiddette regioni rosse. È successo, e non era affatto un risultato previsto, che Renzi sia andato molto meglio qui che nelle altre zone del Paese.

Lo si era già visto al primo turno ma vale anche dopo il ballottaggio. Certo, il dato si vedeva meglio dopo il primo turno quando complessivamente aveva ottenuto più voti di Bersani ed era arrivato primo in tre regioni su quattro. Dopo il ballottaggio non è più così, ma resta il fatto che qui la distanza tra lui e Bersani è di sei punti percentuali a favore del segretario, mentre nel Nord è di 20 punti e nel Sud addirittura di 38, il che fa riflettere.

Senza contare che in Toscana, che è insieme all'Emilia-Romagna la regione elettoralmente di maggior peso del Pd, Renzi è arrivato primo distanziando il rivale di dieci punti. Perché il sindaco di Firenze è andato meglio nella zona rossa rispetto al Nord?

Gli infiltrati non c'entrano. Per quale motivo gli elettori di destra delle regioni rosse dovrebbero averlo votato mentre gli elettori di destra delle regioni del Nord non lo hanno fatto? Certo, ci sono "conti e marchesi" che a Firenze hanno votato Renzi ma non fanno numero. I voti a Renzi nella zona rossa sono venuti largamente da elettori del centrosinistra che non hanno voluto votare il candidato "ufficiale" del partito.

Non è stato un voto di sfiducia a Bersani. È stato un voto di protesta nei confronti dell'apparato e a favore del cambiamento. È stato espresso qui in maniera più netta perché in queste zone ci sono più elettori di centrosinistra.

E sono elettori critici del Pd al potere e che non sono disposti a seguire ciecamente le direttive degli organi locali del partito. A volte il potere logora anche chi ce l'ha. E così il paradosso è che il perdente Renzi ha vinto dove l'apparato è più forte, non dove è più debole. Ma perché l'apparato del partito ha prevalso al Nord e al Sud ma non nella zona rossa? La risposta è semplice.

Al Nord e al Sud è riuscito a portare al voto a favore di Bersani la base fatta di iscritti e di simpatizzanti più vicini al partito e alla Cgil. Qui questo vantaggio non è stato compensato dalla presenza di un elettorato di centrosinistra critico a sostegno di Renzi, né dalle presunte infiltrazioni di elettori di destra che invece sono rimasti a casa. Nella zona rossa l'apparato ha svolto lo stesso ruolo a favore di Bersani ma non è bastato.

Adesso cosa succederà nel Pd? Cosa farà Bersani? Le primarie lo hanno certamente rafforzato. La sua vittoria è netta. Il bel risultato di Renzi non può nascondere il fatto che il popolo del centrosinistra ha scelto il suo segretario e non lo sfidante. Ma sarebbe miope far finta di niente. E se c'è una qualità che tutti riconoscono a Bersani è proprio il buon senso.

Questo vuol dire che è lecito sperare che nelle prossime settimane si trovi un accordo. Non sarà affatto facile. Ma il Pd ha bisogno sia di Bersani che di Renzi. E il paese ha bisogno di tutti e due perché il governo delle grandi democrazie ha bisogno di grandi partiti e non di grandi ammucchiate. Il 33% di oggi va conservato e non dilapidato come fu fatto dopo il 2008.

 

 

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