biden zelensky

NON SOLO BIDEN: ANCHE L’UCRAINA HA MOLTO DA PERDERE DALLE ELEZIONI DI MIDTERM – RAMPINI: “KIEV DEVE COMINCIARE A FARE I CONTI CON UNO SCENARIO POLITICO IMPREVEDIBILE. FINCHÉ I REPUBBLICANI SI LIMITANO A RICONQUISTARE UNA MAGGIORANZA AL CONGRESSO, È PROBABILE CHE SI TROVINO I VOTI PER I PROSSIMI PACCHETTI DI AIUTI ALL’UCRAINA. MA POI? QUANDO USCIRANNO ALLO SCOPERTO I CANDIDATI PER LA NOMINATION PRESIDENZIALE, POTREBBE ESSERCI TRUMP O QUALCHE ALTRO ISOLAZIONISTA. E L’IMPREVEDIBILITÀ DELLA POLITICA AMERICANA AVRÀ I SUOI RIFLESSI TRA ALTRI ALLEATI NATO. CHI IN EUROPA FINORA HA REPRESSO LE PROPRIE OBIEZIONI, POTREBBE USCIRE ALLO SCOPERTO VIA VIA CHE SORGERANNO DUBBI SULLA LEADERSHIP AMERICANA.

Federico Rampini per www.corriere.it

ZELENSKY BIDEN

 

Che cosa rischia l’Ucraina, nelle elezioni americane di metà mandato? Molto.

 

Sia perché l’avvicinarsi di quelle elezioni ha fatto emergere all’improvviso delle defezioni inattese, sia a destra che a sinistra, dal fronte della solidarietà americana con Kiev. Sia perché una regola implacabile della politica americana vuole che dopo la votazione di mid-term per il Congresso, si comincerà a parlare della corsa alla Casa Bianca nel 2024.

 

putin zelensky biden

L’apertura di quell’altra campagna elettorale rischia di rendere più visibili certe linee di frattura sull’Ucraina. Questo può esercitare un effetto «liberi tutti» sugli alleati europei, o almeno su alcuni di loro che già danno segnali di irrequietudine, come la Germania.

 

Sia chiaro, l’Ucraina non è affatto un tema della campagna elettorale. A dieci giorni dal voto, le preoccupazioni sono altre. Inflazione, rischi di recessione, immigrazione, criminalità. La politica estera ha raramente un peso nelle campagne elettorali. Tantomeno se si vota per il Congresso.

joe biden

 

Dopotutto è il presidente che fa la politica estera. Il Congresso viene chiamato in causa solo quando si tratta di finanziarla, e sugli aiuti all’Ucraina avrà effettivamente l’ultima parola. Per questo devono preoccupare Kiev le ultime uscite di esponenti repubblicani.

 

Non solo certi trumpiani di ferro, fedeli alla vena isolazionista del loro capo, ma anche un notabile del vecchio establishment repubblicano, il capogruppo alla Camera Kevin McCarthy, ha detto di recente che la guerra in Ucraina comincia a costare troppo al contribuente americano.

 

Lo ha subito rintuzzato Mitch McConnell, capogruppo repubblicano al Senato. Anche un trumpiano come Mike Pompeo è favorevole ad aiutare l’esercito ucraino a oltranza. Ma tant’è, la linea non fa l’unanimità in campo repubblicano. E l’8 novembre i repubblicani dovrebbero riconquistare la maggioranza in almeno uno dei rami del Congresso.

 

biden

In campo democratico è successo un incidente increscioso quando è uscito un appello rivolto da una ventina di parlamentari dell’estrema sinistra del partito, in cui in buona sostanza si chiedeva a Biden di indicare un endgame in Ucraina, di favorire un negoziato, anche premendo su Zelensky.

 

Al di là dei dettagli, per il suo tono quel testo è stato subito interpretato come un «rompete le righe», una dissociazione dalla linea Biden. L’allarme è rientrato perché i firmatari hanno sconfessato l’appello, spiegando che lo avevano redatto a giugno, quando la situazione in Ucraina era molto diversa. Per ora la disciplina di partito è stata ricostruita, ma il segnale rimane.

 

ZELENSKY

In sintesi, che lezione deve ricavarne Zelenski? Che Biden non sia eterno, lo sapeva. Ora Kiev deve cominciare a fare i conti con uno scenario politico imprevedibile.

 

Finché i repubblicani si limitano a riconquistare una maggioranza al Congresso, è probabile che si trovino i voti per i prossimi pacchetti di aiuti all’Ucraina. Comunque Biden non esclude di sottoporre una maxi-manovra di aiuti pluriennali all’Ucraina al «vecchio» Congresso (quello nuovo si insedierà a gennaio). Ma poi? Quando usciranno allo scoperto i candidati per la nomination presidenziale in campo repubblicano, potrebbe esserci Trump o qualche altro isolazionista come lui, meno favorevole a prolungare a oltranza il sostegno agli ucraini.

 

volodimyr zelensky 1

L’imprevedibilità della politica americana avrà i suoi riflessi tra altri alleati Nato. Chi in Europa finora ha represso le proprie obiezioni, potrebbe uscire allo scoperto via via che sorgeranno dubbi sulla leadership americana.

Ultimi Dagoreport

roberto vannacci matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - UNO SPETTRO SI AGGIRA MINACCIOSO PER L'ARMATA BRANCA-MELONI: ROBERTINO VANNACCI - L’EX GENERALE DELLA FOLGORE STA TERREMOTANDO NON SOLO LA LEGA (SE LA VANNACCIZZAZIONE CONTINUA, ZAIA ESCE DAL PARTITO) MA STA PREOCCUPANDO ANCHE FRATELLI D’ITALIA - IL RICHIAMO DEL GENERALISSIMO ALLA DECIMA MAS E ALLA PACCOTTIGLIA DEL VENTENNIO MUSSOLINIANO (“IO FASCISTA? NON MI OFFENDO”)  ABBAGLIA LO “ZOCCOLO FASCIO” DELLA FIAMMA, INGANNATO DA TRE ANNI DI POTERE MELONIANO IN CUI LE RADICI POST-MISSINE SONO STATE VIA VIA DEMOCRISTIANAMENTE “PETTINATE”, SE NON DEL TUTTO SOTTERRATE - IL PROGETTO CHE FRULLA NELLA MENTE DI VANNACCI HA COME TRAGUARDO LE POLITICHE DEL 2027, QUANDO IMPORRÀ A SALVINI I SUOI UOMINI IN TUTTE LE CIRCOSCRIZIONI. ALTRIMENTI, CARO MATTEO, SCENDO DAL CARROCCIO E DO VITA AL MIO PARTITO - INTANTO, SI È GIÀ APERTO UN ALTRO FRONTE DEL DUELLO TRA LEGA E FRATELLI D’ITALIA: LA PRESIDENZA DEL PIRELLONE…

berlusconi john elkann

FLASH! – “AHI, SERVA ITALIA, DI DOLORE OSTELLO...”: DA QUALE FANTASTICA IPOCRISIA SPUNTA LA FRASE “MESSA IN PROVA” PER LIQUIDARE IL PATTEGGIAMENTO DI JOHN ELKANN, CONDANNATO A 10 MESI DI LAVORO DAI SALESIANI? - QUANDO TOCCÒ AL REIETTO SILVIO BERLUSCONI DI PATTEGGIARE CON LA GIUSTIZIA, CONDANNATO A UN ANNO DI LAVORO PRESSO UN OSPIZIO DI COLOGNO MONZESE, A NESSUNO VENNE IN MENTE DI TIRARE FUORI LA FRASE “MESSA IN PROVA”, MA TUTTI TRANQUILLAMENTE SCRISSERO: “SERVIZI SOCIALI”…

bomba doha qatar trump netanyahu epstein ghislaine maxwell

DAGOREPORT - COME MAI DONALD TRUMP,  PRESIDENTE DELLA PIÙ GRANDE POTENZA PLANETARIA, NON È NELLE CONDIZIONI DI COMANDARE SUL PREMIER ISRAELIANO BENJAMIN NETANYAHU? - COME E' RIUSCITO "BIBI" A COSTRINGERE L’IDIOTA DELLA CASA BIANCA A NEGARE PUBBLICAMENTE DI ESSERE STATO PREAVVISATO DA GERUSALEMME DELL'ATTACCO CONTRO ALTI ESPONENTI DI HAMAS RIUNITI A DOHA? - DATO CHE IL QATAR OSPITA LA PIÙ GRANDE BASE AMERICANA DEL MEDIO ORIENTE, COME MAI LE BOMBE SGANCIATE VIA DRONI SUI VERTICI DI HAMAS RIUNITI A DOHA SONO RIUSCITE A PENETRARE IL SISTEMA ANTIMISSILISTICO IRON DOME ('CUPOLA DI FERRO') DI CUI È BEN DOTATA LA BASE AMERICANA? - TRUMP ERA STATO OVVIAMENTE AVVISATO DELL’ATTACCO MA, PUR CONTRARIO A UN BOMBARDAMENTO IN CASA DI UN ALLEATO, TUTTO QUELLO CHE HA POTUTO FARE È STATO DI SPIFFERARLO ALL’EMIRO DEL QATAR, TAMIN AL-THANI - SECONDO UNA TEORIA COMPLOTTISTICA, SOSTENUTA ANCHE DAL MOVIMENTO MAGA, NETANYAHU AVREBBE IN CASSAFORTE UN RICCO DOSSIER RICATTATORIO SUI SOLLAZZI SESSUALI DI TRUMP, FORNITO ALL’EPOCA DA UN AGENTE DEL MOSSAD ''SOTTO COPERTURA'' IN USA, TALE JEFFREY EPSTEIN...