DEL NORD-EST, COSA RESTA? VENETI E FRIULANI SI LAGNANO PER UN ESECUTIVO IN CUI NON CI SONO MINISTRI DEL NORD-EST - DOPO L’ABBUFFATTA CONCESSA DAL BANANA, CON IL TRIO BRUNETTA-SACCONI-ZAIA (IN STAFFETTA CON GALAN), L’UOMO DEL MONTI HA SPOSTATO L’ASSE SULLA A4 TORINO-MILANO (LA LEGA STIA PURE ALL’OPPOSIZIONE) - D’ALTRONDE COSA HANNO FATTO I TRE BERLUSCONES PER IL ‘TERRITORIO’ DELLE FABBRICHETTE? SE IL NORD PIANGE, IL SUD NON RIDE: I MINISTRI MERIDIONALI SONO SOLO TRE…

Giuseppe Pietrobelli per Il Gazzettino di Venezia

Non c'è un ministro che parli veneto o friulano, non solo in qualche dicastero importante, ma neppure in quelli meno strategici. Ci eravamo forse illusi che fosse diverso ai tempi di Berlusconi, quando contemporaneamente sedevano in Consiglio dei ministri Renato Brunetta, Maurizio Sacconi e Luca Zaia (che ha poi fatto la staffetta con Giancarlo Galan). Ma stavolta non è più neppure il vecchio tormentone dei giganti economici che sono nani politici. Perchè il professor Mario Monti ha creato attorno a sè uno staffdi primordine di studiosi delle politiche economiche e di esponenti del mondo imprenditoriale.

Eppure in quell'èlite che ha ben poco di politico il Nordest è rimasto egualmente escluso. Il Golia Nord-Ovest l'ha fatta da padrone (sull'asse Milano-Torino), assieme a una generazione di servitori dello Stato, forse cittadini del mondo, ma certamente di solida derivazione romano-centrica. Perchè il Nordest continua ad essere considerato un lillipuziano, nonostante il suo prodotto interno lordo trainante? «Perchè il centro del potere economico è a Milano. E lì ci sono università come la Cattolica, importante nel momento in cui il governo ha voluto marcare un'aggregazione politica cattolica».

Massimo Cacciari è come al solito lucido e affilato. Quindi non è colpa del decentramento del Veneto? «Le scelte sono frutto di una scelta di rappresentanza non territoriale, ma politica e culturale. D'altra parte ce la meritiamo». Perchè? «Non siamo mai riusciti a valorizzare le persone e i primati che abbiamo a Nordest. Basti pensare a quanta fatica abbiamo fatto più di dieci anni fa, assieme a Giorgio Lago, nel far capire l'importanza di ciò che eravamo. Siamo stati travolti da egoismi localistici, da Leghe alla Gentilini».

Ma un'altra spiegazione viene proprio dalla Lega, che sembra essere piuttosto indifferente al problema. Il senatore Piergiorgio Stiffoni azzanna: «Non mi interessa da dove vengono i ministri, mi preccupo che la gente può arrabbiarsi di fronte a questo governo di ragionieri che punta alla macelleria sociale». Ma il suo collega Massimo Bitonci, deputato e sindaco di Cittadella, un'idea ce l'ha.

«La scelta dei ministri è centralista, per questo non ce ne sono del Nordest. Se alla Difesa metti un alto uffficiale, se agli Interni va un prefetto, se agli Esteri un ambasciatore, e se un banchiere come Corrado Passera va allo sviluppo, allora capisci che si sono scelti i rappresentanti del sistema, che non faranno mai le vere riforme e i tagli alle spese pubbliche». E in quei mondi il Veneto è scarsamente rappresentato.

Possibile che non ci fosse una personalità tecnica spendibile nemmeno nel toto-ministri? Il senatore Paolo Giaretta del Pd una spiegazione ce l'ha: «Ci mancano relazioni influenti anche nel mondo della cultura accademica che pur conta su università di prim'ordine a Venezia, Padova e Verona. È un segnale preoccupante, che conferma una tendenza. In fondo i tre ministri del governo Berlusconi avevano fatto poco per il Veneto».

Personalità? «Avrei visto benissimo nel governo Gilberto Muraro, che fu presidente della commissione spesa pubblica con Padoa Schioppa. Speriamo di rifarci con Riello alla presidenza di Confindustria e con Giorgio Santini alla segreteria nazionale della Cisl».

Ma dalla periferia non sembra alzarsi alcun grido di dolore. Non almeno tra coloro che si rendono conto della gravità della crisi e dell'eccezionalità del momento. Andrea Tomat, presidente di Confindustria del Veneto: «In questa situazione economica e internazionale pesano di più la qualità e il valore delle persone piuttosto che la loro provenienza. Non c'è bisogno di una targatura territoriale dei ministri, in una fase di discontinuità. Ma come industriali troveremo comunque il modo di rappresentare le istanze delle nostre aziende e dei loro problemi».

Tra i politici della maxi-maggioranza non si drammatizza, con molto pragmatismo. Renzo Tondo, Pdl, governatore del Friuli Venezia Giulia: «Io darò un giudizio sui fatti che il governo saprà produrre. Come non mi entusiasmavo prima per le provenienze territoriali, così oggi esse non mi deludono. Perchè ora è in gioco soprattutto la tenuta del sistema paese». Sulla stessa linea Marino Zorzato, vicepresidente della Regione Veneto: «Non mi pongo neppure il problema di un governo a traino Nord-Ovest e non vedo nella mancanza di ministri veneti una diminuzione. E anche un ministro come Corrado Clini, pur essendo il più "veneto", mi appare più come una personalità tecnica di alto profilo, piuttosto che il rappresentante di un territorio».

Rischi di mettere in un angolo la realtà nordestina? Vincenzo Milanesi, ex rettore dell'Università di Padova, senza appartenenze politiche: «Non voglio neanche pensare che la provenienza dei ministri, in particolare di alcuni docenti che conosco bene, possa condizionare le loro capacità e il loro rigore morale. Non ci sono rischi che il Nordest venga penalizzato».

E Tiziano Treu, che fu ministro di centrosinistra: «Vengono da Torino o Milano? L'importante è che facciano anche il bene del Nordest». Chiosa finale (con polemica) di Antonio De Poli, dell'Udc: «Nell'ultimo governo avevamo tre ministri veneti, non era mai accaduto. Ma non hanno portato nulla a questo territorio».

 

 

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