LA NUOVA URBANIZZAZIONE - NEGLI USA SI STA VERIFICANDO UN FENOMENO CURIOSO: I RICCHI BIANCHI STANNO LASCIANDO LE LORO IMMACOLATE CASETTE NEI SOBBORGHI PER TRASFERIRSI NEL CUORE DELLE CITTÀ - AL CENTRO LA CRIMINALITÀ È MOLTO DIMINUITA, L’ARIA È DI NUOVO RESPIRABILE E FORSE, ANCHE GRAZIE ALLE SERIE TV, I RICCHI AMERICANI SI SONO ACCORTI DI QUANTO FOSSE DIVERTENTE LA VITA CITTADINA - GLI IMMIGRATI, DI RIFLESSO, SE NE VANNO NEI SOBBORGHI…

Maurizio Molinari per "la Stampa"

I bianchi della classe medioalta si spostano verso le città mentre nei sobborghi si insediano gli immigrati: è «The Great Inversion», la grande inversione di marcia, il tema del libro con cui l'urbanista Alan Ehrenhalt descrive il cambiamento di distribuzione sul territorio di decine di milioni di persone e dunque tratteggia il «futuro delle città americana».

L'autore si è recato a Chicago, New York, Atlanta, Filadelfia, Cleveland, Houston e Phoenix studiandone flussi di popolazione, livelli di criminalità, cambiamenti di abitudini e reddito per arrivare alla conclusione che la «Generazione Y», quella del Millennio, ha invertito il cammino rispetto ai «Baby Boomers» degli Anni Sessanta: lascia i sobborghi per andare a insediarsi nel centro delle metropoli.

A essere sepolta è quell'America dei sobborghi che l'urbanista Jane Jacobs descrisse nel 1961 nel suo «La morte e la vita delle grandi città americane», che ha segnato i costumi nazionali per quasi mezzo secolo, immortalata da innumerevoli libri, film e serial tv, solo l'ultimo dei quali è «Casalinghe Disperate». L'inversione di marcia per Ehrenhalt ha tre motivi convergenti. Primo: lo spostamento delle industrie, e soprattutto quelle manifatturiere, fuori da città come New York, Chicago o Filadelfia dove prima «creavano un clima irrespirabile».

Secondo: la drastica diminuzione del crimine avvenuta nelle metropoli negli ultimi 30 anni, testimoniata dalla trasformazione di Harlem o del Lower East Side di Manhattan in aree dove «l'atmosfera di Taxi Driver è stata sostituita da famiglie con i passeggini». Terzo: la volontà della «Generazione Y» di andare a vivere nelle città, soprattutto se si tratta di single o di coppie senza figli o con un unico figlio perché «Internet ha accentuato il desiderio di conoscere persone» oltre al fatto «che i giovani seduti sul divano nei sobborghi guardando in tv «Seinfeld», «Friends» e «Sex and the City» sono arrivati alla conclusione che la vita in città è assai più divertente, ricca di opportunità ed emozioni».

Le conseguenze sono descritte dai numeri: prima dell'11 settembre 2001 a Sud del World Trade Center di Manhattan risiedevano 15 mila persone mentre dal 2007 ve ne sono oltre 50 mila così come nel Loop, il centro di Chicago grande pochi chilometri quadrati, il numero degli abitanti dal 2000 al 2007 è aumentato del 48 per cento. Si tratta di un fenomeno di massa che trova conferma in quartieri di Brooklyn come Bushwick, una volta malfamati e oggi popolati da giovani artisti, oppure di Atlanta come Gwinnet, dove il ceto medio bianco ha fatto posto ad un'ondata di immigrati asiatici che si è costruita un Taj Mahal in miniatura.

«È una riorganizzazione della popolazione metropolitana perché la gente ricca vuole andare in centro e gli immigrati si spostano nei sobborghi» spiega l'autore, secondo cui si tratta di un fenomeno «assai più ampio e strutturale della «gentrification» ovvero l'arrivo della classe media negli ex quartieri poveri».

Le conseguenze saranno «significative», suggerisce Ehrenhalt, soprattutto per quelle città come Houston in Texas dove il centro è troppo ristretto per assorbire tutte le persone che intendono andarci: «La soluzione sarà urbanizzare altre aree per soddisfare una domanda in crescita». A conti fatti «l'America dei sobborghi bianchi si sta dissolvendo «assicura Ehrenhalt, secondo il quale «Jane Jacobs non avrebbe mai immaginato che Wall Street potesse diventare un quartiere qualsiasi» dimostrando che la costante capacità degli Stati Uniti di trasformare se stessi continua a sorprendere chiunque.

 

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