tsipras putin obama

NO “GREXIT” - OBAMA NON VUOLE IL FALLIMENTO DELLA GRECIA PERCHÉ NON VUOLE CONSEGNARLA ALLA RUSSIA O ALLA CINA - E POI IN QUELL’AREA GIÀ VACILLA LA TURCHIA DEL SULTANO ERDOGAN, ALTRO PERNO DELL’ALLEANZA ATLANTICA

Federico Rampini per “la Repubblica”

 

MERKEL OBAMAMERKEL OBAMA

«La Grecia deve rimanere nell’euro, Grexit non è un’opzione». È tassativo Barack Obama. In poche ore telefona ai principali protagonisti della crisi europea: Merkel, Tsipras, Hollande. Il presidente americano è costretto a occuparsi di nuovo dell’emergenza greca: come nel 2010, come nel 2011, come nel 2012... E fa fatica a credere che i leader europei possano essere ancora paralizzati su un dossier che si trascina da cinque anni.

 

Bisogna mettersi dal suo punto di vista. Sul finire del 2008, nel corso del tempestoso passaggio delle consegne Bush-Obama, le due Amministrazioni entrante e uscente, pur odiandosi cordialmente, concordarono in poche settimane un piano da 900 miliardi di dollari per il salvataggio delle banche; cui ne seguì un secondo, quando Obama entrò alla Casa Bianca, per salvare General Motors e Chrysler.

obama merkel al g7obama merkel al g7

 

Questi bail-out — operazioni di perdono dei debiti e aiuti di Stato simili a quelle di cui si parla per la Grecia — costarono lì per lì più di trenta volte le cifre che oggi sono in ballo per Atene. In un certo senso si trattò di salvataggi geograficamente mirati, come per la Grecia: le banche Usa in pericolo erano quasi tutte a New York; l’industria dell’auto è nello Stato del Michigan. A nessuno venne in mente di chiedere l’espulsione del Michigan dagli Stati Uniti. E comunque la maxi-operazione fu decisa, realizzata e infine chiusa con beneficio del contribuente (e perfino qualche profitto) in un tempo che è una micro-frazione di quello impiegato dall’eurozona per... non decidere nulla.

 

TSIPRAS - PUTINTSIPRAS - PUTIN

Incomprensibile, per il pragmatismo americano, è la fissazione moralistica contro chi fallisce per debiti. Uno degli atti fondativi del capitalismo moderno fu l’abolizione della prigione per debiti: tra gli ultimi a patirne Daniel Defoe, l’autore di Robinson Crusoe, in carcere per uno scoperto di 17mila sterline nel 1692.

 

Estrarre al proprio debitore la carne viva dal corpo, come avrebbe voluto fare Shylock nel Mercante di Venezia di Shakespeare, può dare una soddisfazione vendicativa, ma non aiuta il debitore a ripartire su nuove basi, creare ricchezza, restituire almeno parte di quel che ha preso in prestito.

putin tsiprasputin tsipras

 

Prove di questo atteggiamento laico e pragmatico verso i debitori, l’America ne diede anche quando a governarla erano repubblicani neoliberisti come Ronald Reagan e George Bush padre: tra la seconda metà degli anni Ottanta e il 1994 il Piano Brady cancellò un terzo dei debiti a 18 paesi dell’America latina inclusi i più grossi come il Brasile. È molto più di quanto Tsipras abbia mai osato sperare dall’Europa.

 

La preoccupazione di Obama oggi è strategica. Non vuole la Grexit perché teme che una Grecia alla deriva finisca nelle mani della Russia, o della Cina, o di entrambe. Fu Churchill alla fine della seconda guerra mondiale a spiegare a Roosevelt l’importanza geopolitica della piccola Grecia, quando vi divampava la guerra partigiana guidata dai comunisti, e intorno c’erano la Jugoslavia di Tito, la Bulgaria e la Romania occupate da Stalin. Da allora gli americani non hanno mai sottovalutato «quegli scogli sul Mar Egeo». Tanto meno possono farlo oggi, mentre vacilla un altro perno dell’alleanza atlantica in quella zona, la Turchia.

lagarde  varoufakislagarde varoufakis

 

Sul piano strettamente economico, invece, non si respira negli Stati Uniti un’aria di vera emergenza. Secondo l’ultimo sondaggio tra i grossi investitori, fatto a Wall Street dalla Barclays, più del 50% considera che perfino lo scenario peggiore — l’uscita di Atene dall’euro — provocherebbe solo un “blip” sui mercati globali, una modesta perturbazione. (Avvertenza per l’uso di questi sondaggi: le crisi più dirompenti non sono mai state previste in anticipo; gli eventi definiti “cigni neri” hanno sempre squarciato come lampi un cielo blu di ottimismo).

 

paul-krugmanpaul-krugman

Per quanto Obama stia spendendo tutta la sua influenza per indurre gli europei a trovare una soluzione, è lui stesso alle prese con due dilemmi. Anzitutto, questo presidente era partito con un capitale di simpatia verso Tsipras, che ha rapidamente esaurito. Quando il premier greco mandò questa primavera Varoufakis a Washington per l’assemblea annua del Fondo monetario, gli uomini di Obama ebbero una pessima impressione sull’allora ministro dell’Economia: un narciso incompetente.

 

Sulla stampa Usa, da quella conservatrice come il Wall Street Journal fino al liberal New York Times, si sono moltiplicate le inchieste sulla massiccia evasione fiscale in Grecia, le truffe allo Stato, il parassitismo dei pubblici dipendenti. Alla lunga questo ha finito per creare un po’ di comprensione verso la Merkel. A difendere a spada tratta i greci rimane compatta solo l’intellighenzia neo-keynesiana: i premi Nobel Paul Krugman e Joseph Stiglitz, Robert Reich, Jeffrey Sachs.

 

VAROUFAKIS STIGLITZVAROUFAKIS STIGLITZ

L’altro dilemma per Obama è legato all’Fmi, di cui gli Stati Uniti sono l’azionista di maggioranza relativa. In seno al Fmi cresce l’irritazione delle nazioni emergenti: queste denunciano un trattamento di favore verso un «membro del club occidentale dei ricchi» (la Grecia risulta tale, se paragonata all’emisfero Sud). L’America deve evitare di trovarsi accerchiata da quel fronte dove la Cina conquista consensi.

 

Infine il Fondo monetario è portatore di una verità scomoda per tutti. Il suo capo economista Olivier Blanchard è stato categorico: «L’austerity ha fallito». Una condanna inequivocabile verso l’ideologia tedesca. Ma lo stesso Fmi è portatore di una ricetta in due tempi, che ha quasi sempre applicato nelle bancarotte sovrane: prima la cancellazione di una parte sostanziosa del debito, poi una massiccia svalutazione. Nel caso di Atene questo significherebbe solo l’uscita dall’euro. La seconda metà della cura, è proprio quella che Obama sta cercando di impedire.

 

 

Ultimi Dagoreport

john elkann lingotto fiat juventus gianni agnelli

A PROPOSITO DI… YAKI – CHI OGGI ACCUSA JOHN ELKANN DI ALTO TRADIMENTO NEL METTERE ALL’ASTA GLI ULTIMI TESORI DI FAMIGLIA (“LA STAMPA” E LA JUVENTUS), SONO GLI STESSI STRUZZI CHE, CON LA TESTA SOTTO LA SABBIA, IGNORARONO CHE NEL FEBBRAIO DEL 2019, SETTE MESI DOPO LA SCOMPARSA DI MARCHIONNE, IL NUMERO UNO DI EXOR E STELLANTIS ABBANDONÒ LA STORICA E SIMBOLICA “PALAZZINA FIAT”, LE CUI MURA RACCONTANO LA STORIA DEL GRUPPO AUTOMOBILISTICO. E SOTTO SILENZIO (O QUASI) L’ANNO DOPO C’ERA STATO LO SVUOTAMENTO DEL LINGOTTO, EX FABBRICA EMBLEMA DELLA FIAT – LA PRECISAZIONE: FONTI VICINE ALLA SOCIETÀ BIANCONERA SMENTISCONO QUALSIVOGLIA TRATTATIVA CON SAUDITI...

giorgia meloni matteo salvini

DAGOREPORT – ESSÌ, STAVOLTA BISOGNA AMMETTERLO: SULLA LEGGE DI BILANCIO MATTEO SALVINI HA PIÙ DI QUALCHE SACROSANTA RAGIONE PER IMPEGNARSI A MORTE NEL SUO RUOLO DI IRRIDUCIBILE SFASCIACARROZZE DELLA MARCHESINA DEL COLLE OPPIO (“IL GOVERNO SONO IO E VOI NON SIETE UN CAZZO!’’) - DIETRO UNA FINANZIARIA MAI COSÌ MICRAGNOSA DI 18 MILIARDI, CHE HA AFFOSSATO CONDONI E PENSIONI CARI A SALVINI, L’OBIETTIVO DELLA DUCETTA È DI USCIRE CON UN ANNO IN ANTICIPO DALLA PROCEDURA DI INFRAZIONE PER DEFICIT ECCESSIVO ATTIVATA DALL'EUROPA NEL 2024. COSÌ SARÀ LIBERA E BELLA PER TRAVESTIRSI DA BEFANA PER LA FINANZIARIA 2026 CHE SARÀ RICCA DI DEFICIT, SPESE E "MENO TASSE PER TUTTI!", PROPRIO IN PERFETTA COINCIDENZA CON LE ELEZIONI POLITICHE 2027 – OVVIAMENTE LA “BEFANA MELONI” SI PRENDERÀ TUTTO IL MERITO DELLA CUCCAGNA, ALLA FACCIA DI LEGA E FORZA ITALIA…

moravia mussolini

‘’CARO DUCE TI SCRIVO...’’, FIRMATO ALBERTO MORAVIA - “AMMIRO L'OPERA DEL REGIME IN TUTTI I VARI CAMPI IN CUI SI È ESPLICATA E IN PARTICOLARE IN QUELLO DELLA CULTURA. DEBBO SOGGIUNGERE CHE LA PERSONALITÀ INTELLETTUALE E MORALE DELLA ECCELLENZA VOSTRA, MI HA SEMPRE SINGOLARMENTE COLPITO PER IL FATTO DI AVERE NEL GIRO DI POCHI ANNI SAPUTO TRASFORMARE E IMPRONTARE DI SÉ LA VITA DEL POPOLO ITALIANO” (1938) - LE 998 PAGINE DEI “TACCUINI” DI LEONETTA CECCHI PIERACCINI SONO UNA PREZIOSISSIMA MEMORIA, PRIVA DI MORALISMO E DI SENTIMENTALISMO, PER FICCARE IL NASO NEL COSTUME DELL’ITALIA LETTERARIA E ARTISTICA FINITA SOTTO IL TALLONE DELLA DITTATURA FASCISTA - DAL DIARIO DI LEONETTA PIERACCINI, SPICCANO LA VITA E LE OPERE E LA SERVILE E UMILIANTE LETTERA A MUSSOLINI DEL “SEMI-EBREO” ALBERTO PINCHERLE, IN ARTE MORAVIA – ALTRA NOTA: “SIMPATIA DI MORAVIA PER HITLER. EGLI DICE CHE DEGLI UOMINI POLITICI DEL MOMENTO È QUELLO CHE PIÙ GLI PIACE PERCHÉ GLI PARE NON SIA MOSSO DA AMBIZIONE PERSONALE PER QUELLO CHE FA...”

leonardo maria del vecchio - gabriele benedetto - andrea riffeser monti - marco talarico - luigi giacomo mascellaro

DAGOREPORT - ELKANN NON FA IN TEMPO A USCIRE DALLA SCENA CHE, ZAC!, ENTRA DEL VECCHIO JR: DAVVERO, NON SI PUÒ MAI STARE TRANQUILLI IN QUESTO DISGRAZIATO PAESE - GIÀ L’ACQUISIZIONE DEL 30% DE ‘’IL GIORNALE’’ DA PARTE DEL VIVACISSIMO LEONARDINO DEL VECCHIO, ANTICIPATA IERI DA DAGOSPIA, HA SUSCITATO “OH” DI SORPRESA. BUM! BUM! STAMATTINA SONO SALTATI I BULBI OCULARI DELLA FINANZA E DELLA POLITICA ALL’ANNUNCIO DELL'EREDE DELL VECCHIO DI VOLER ACQUISIRE IL TERZO POLO ITALIANO DELL’INFORMAZIONE, IN MANO ALLA FAMIGLIA RIFFESER MONTI: “LA NAZIONE” (FIRENZE), “IL RESTO DEL CARLINO” (BOLOGNA) E “IL GIORNO” (MILANO) - IN POCHI ANNI DI ATTIVITÀ, LMDV DI DEL VECCHIO HA INVESTITO OLTRE 250 MILIONI IN PIÙ DI 40 OPERAZIONI, SOSTENUTE DA UN FINANZIAMENTO DI 350 MILIONI DA INDOSUEZ (GRUPPO CRÉDIT AGRICOLE) - LA LINEA POLITICA CHE FRULLA NELLA TESTA TRICOLOGICAMENTE FOLTA DELL'INDIAVOLATO LMDV, A QUANTO PARE, NON ESISTE - DEL RESTO, TRA I NUOVI IMPRENDITORI SI ASSISTE A UN RITORNO AD ALTO POTENZIALE ALLO "SPIRITO ANIMALE DEL CAPITALISMO", DOVE IL BUSINESS, ANCHE IL PIU' IRRAZIONALE, OCCUPA IL PRIMO POSTO E LA POLITICA E' SOLO UN DINOSAURO DI BUROCRAZIA…

roberto occhiuto corrente sandokan antonio tajani pier silvio e marina berlusconi 2025occhiuto roscioli

CAFONAL! FORZA ITALIA ''IN LIBERTÀ'' - DALLA CALABRIA, PASSANDO PER ARCORE, ARRIVA LO SFRATTO DEFINITIVO A TAJANI DA ROBERTO OCCHIUTO: “SONO PRONTO A GUIDARE IL PARTITO FONDATO DA SILVIO BERLUSCONI’’ - PARLA IL GOVERNATORE DELLA CALABRIA E, A PARTE L'ACCENTO CALABRO-LESO, SEMBRA DI SENTIRE MARINA & PIER SILVIO: “BASTA GALLEGGIARE INTORNO ALL'8%. MELONI NON È SUFFICIENTE AL CENTRODESTRA. BISOGNA RAFFORZARE L'ALA LIBERALE DELLA COALIZIONE" - A FAR TRABOCCARE LA PAZIENZA DELLA FAMIGLIA BERLUSCONI È STATA LA PROSPETTIVA DI UN CONGRESSO NAZIONALE CHE AVREBBE DATO A TAJANI, GASPARRI E BARELLI IL POTERE DI COMPORRE LE LISTE PER LE POLITICHE NEL 2027. A SPAZZARE VIA LE VELLEITÀ DEI TAJANEI, È ARRIVATA DA MILANO LA MINACCIA DI TOGLIERE DAL SIMBOLO DEL PARTITO IL NOME "BERLUSCONI", CHE VALE OLTRE LA METÀ DELL'8% DI FORZA ITALIA - DA LOTITO A RONZULLI, DALL’EX MELONIANO MANLIO MESSINA A NICOLA PORRO: NELLA NUTRITA TRUPPA CHE SI È PRESENTATA AL CONVEGNO DI OCCHIUTO, SPICCAVA FABIO ROSCIOLI, TESORIERE DI FORZA ITALIA ED EMISSARIO (E LEGALE PERSONALE) DI MARINA E PIER SILVIO...

amadeus programmi sul nove like a star chissa chi e la corrida tha cage sukuzi music party

DAGOREPORT: AMADEUS TORNA IN RAI - IL RITORNO A VIALE MAZZINI POTREBBE MATERIALIZZARSI GRAZIE ALLO ZAMPONE DI FIORELLO, CHE NON VEDE L'ORA DI RITROVARE LA SUA "SPALLA" - CON "AMA" AL SUO FIANCO, L'EX ANIMATORE DEI VILLAGGI TURISTICI POTREBBE RINGALLUZZIRSI AL PUNTO DA AFFIANCARLO AL FESTIVALONE DI SANREMO 2027 - L'USCITA DI AMADEUS NON SAREBBE OSTACOLATA DA "NOVE" DI DISCOVERY, ANZI: I DIRIGENTI DELL’EMITTENTE AMERICANA NON VEDONO L’ORA DI RECEDERE DALL’ONEROSISSIMO CONTRATTO QUADRIENNALE CON L’EX DISC JOCKEY - SECONDO GLI “ADDETTI AI LIVORI”, LA CATENA DI FLOP INANELLATA DA "AMA" SUL "NOVE" HA PESATO SUL BILANCIO DI DISCOVERY: PER PUBBLICITÀ INCASSATA E RIMBORSATA PER MANCATO RAGGIUNGIMENTO DELLO SHARE STABILITO NEI CONTRATTI, SI PARLA DI UNA SOMMETTA INTORNO AI 15 MILIONI - A DIFFERENZA DI CROZZA E FAZIO, PERSONAGGI-FORMAT, AMADEUS SENZA UN PROGRAMMA FORTE E LA GIUSTA CORNICE DI UNA EMITTENTE GENERALISTA PRIMARIA COME RAI1, È DESTINATO A SCOMPARIRE NEL MUCCHIO…