ODIO E ADDIO - FORMIGONI CON LE CORNA ORIZZONTALE E IL DITO MEDIO ALZATO. SACCONI SOLO CON IL DITO ALZATO. A MARA CARFAGNA GRIDANO: “A CASA, VE NE DOVETE ANDARE!” LEI SOLLEVA IL VOLTO E RISPONDE: “CI STIAMO ANDANDO, DA DOMANI SARETE PIÙ FELICI”. “SÌ, MA RESTATECI”, È LA REPLICA DELLA FOLLA - GIORGIA MELONI, È LA PIÙ PRAGMATICA: “FACCIO POLITICA DA UNA VITA, SO CHE ANCHE LA CONTESTAZIONE È LEGITTIMA E FA PARTE DELLA DEMOCRAZIA”, RIBATTE AGLI INSULTI…

Flavia Amabile per La Stampa

Qualcuno l'ha fatto, gli ha tirato delle monetine, ma è nulla. Perché la folla accalcata, a migliaia, al Quirinale non aspetta Craxi, non vuole far calare il sipario su un politico accusato di aver trasformato la politica in un tangentificio. In questa piazza gremita oltre ogni previsione, dove le forze dell'ordine hanno dovuto richiamare in servizio centinaia di carabinieri e poliziotti per tenere sotto controllo una voglia di gridare inimmaginabile, si celebra la fine di un uomo accusato di aver mandato in rovina l'Italia, di averla lacerata, divisa, ridotta sul lastrico.

E allora non è questione di monetine. Non soltanto, almeno. Per chiudere il ciclo ci vuole una protesta più forte: le bandiere italiane spiegate al vento, l'inno di Mameli cantato e poi ricantato e ancora urlato insieme con Bella ciao e i clacson delle auto a tenere il ritmo. E poi le bottiglie di spumante stappate per un brindisi collettivo e l'urlo liberatorio quando si viene a sapere che è fatta: ha firmato le dimissioni davanti al Presidente della Repubblica.

«Meno male che Giorgio c'è», gridano. Sono le dieci meno un quarto di sera, la giornata più lunga degli ultimi diciassette anni è terminata, e non fa nulla che lui, Berlusconi ormai non più premier, abbia preferito uscire dall'ingresso laterale per evitare quello che forse teme di più nella vita: l'odio popolare.

Fa nulla perché per queste migliaia di persone arrivate avvolte nel tricolore l'obiettivo è raggiunto. «Liberi!», gridano. «Italia libera», insistono mentre ballano e urlano di gioia. Le forze dell'ordine lasciano fare: ormai Berlusconi è lontano, si è rifugiato nel suo appartamento a palazzo Grazioli e l'entusiasmo della folla è incontenibile.

Dopo un po' iniziano a scendere verso piazza Venezia improvvisando un corteo seguito dalle macchine che accompagnano con i clacson. Sarebbe vietato secondo l'Alemanno-pensiero, ma non è il momento di andare troppo per il sottile, la folla è davvero imponente e gli agenti, anche se sono in tenuta antisommossa dal primo pomeriggio, preferiscono lasciarli fare. Lo stesso in serata quando un centinaio di persone decide di bloccare via del Plebiscito, nonostante il questore di Roma fosse favorevole alla linea dura.

Sembra la notte dei Mondiali, ma con una percentuale di donne e bambini decisamente superiore rispetto alla media. Le donne, già. Sono loro le più arrabbiate. In prima fila fin dal primo pomeriggio davanti a palazzo Chigi ce ne sono tante, sessantenni, arrabbiate nere. Chi sono? «Casalinghe», rispondono. «Siamo donne normali, abbiamo lavorato, cresciuto i figli, e non vediamo l'ora di sputare in faccia a quest'uomo che ha ridotto l'Italia ad un bordello».

C'è Annarella, 85 anni, romana de Roma, un'icona dell'antiberlusconismo celebrata in decine e decine di video dove non risparmia insulti veraci. E' in giro dalle parti di palazzo Chigi fin dal mattino, mette in fuga Maurizio Gasparri e a chi le chiede che cosa farà stasera, risponde: «Nun ho mai bevuto ma stavorta me ‘mbriaco». E poi giovani, curiosi con i telefonini, turisti ma anche indignati veri.

Il Popolo Viola capitanato da Gianfranco Mascia arriva intorno alle quattro e mezzo del pomeriggio davanti alla Camera. Se Berlusconi è da diciassette anni in politica, lui è da diciassette anni in piazza a gridargli di andarsene. E' il suo giorno e intende goderselo tutto. Dopo il voto sulla legge di stabilità Berlusconi passa a palazzo Chigi per l'ultimo consiglio dei ministri, lui si mette alla testa di un manipolo di persone e blocca tutta via del Corso. Anche in questo caso un corteo improvvisato in pieno centro alla faccia di Alemanno e dei suoi divieti.

«Chi non salta Berlusconi è», «Ho un sogno nel cuore: Berlusconi a san Vittore» sono i loro slogan. A via del Plebiscito, la strada della residenza di Berlusconi, la polizia tenta di bloccarli. Ci sono alcuni momenti di tensione, quindi un po' per volta i manifestanti si uniscono alle decine già in attesa davanti a palazzo Grazioli. Lì deve arrivare Berlusconi, e lì arriva dopo aver subito la prima serie di insulti. «Vattene, vattene», «Ladro!», «Buffone», «Galera», gli urlano.

Arrivato a palazzo Grazioli stesso trattamento. Dopo un po' arrivano i vertici del Pdl. La folla non risparmia insulti a nessuno. Ognuno risponde secondo il proprio stile: Roberto Formigoni con le corna orizzontale e il dito medio alzato. Maurizio Sacconi, ex ministro del Lavoro, solo con il dito alzato. A Mara Carfagna, ex ministro per le Pari Opportunità, gridano: «A casa, ve ne dovete andare!» Lei solleva il volto e risponde: «Ci stiamo andando, da domani sarete più felici». «Sì, ma restateci», è la replica della folla.

Giorgia Meloni, ex ministro della Gioventù, è la più pragmatica: «Faccio politica da una vita, so che anche la contestazione è legittima e fa parte della democrazia», ribatte agli insulti. Fra i politici, alla fine, solo Pierluigi Bersani finge distacco con la sua abituale ironia. Le dimissioni del premier? «In questo momento sto smacchiando la coda», scherza su Twitter. Però poi va alla sede storica di via dei Giubbonari a brindare: «Oggi è la festa della liberazione».

 

 

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