enrico letta matteo renzi campanella

LETTA, SEMPRE SIA LODATO (MA NON TROPPO) - CHI OGGI LO OSANNA, NEL 2014 LO TRADI'. LA DEFENESTRAZIONE DA PALAZZO CHIGI NON FU UN'ESCLUSIVA DEI RENZIANI: LA VOTARONO TUTTE LE CORRENTI, IN PRIMIS I FRANCESCHINIANI E LA SINISTRA, ALLORA GUIDATA DA CUPERLO - SANDRA ZAMPA, TRA LE POCHE A OPPORSI, DISSE: "DISGUSTOSO CHE CHI TI MINACCIAVA DI ESPULSIONE SE NON TI ATTENEVI ALLE DECISIONI DEL GOVERNO LETTA ORA DICA 'LETTA CHI?'". E IL GOVERNO A TEMPO DI SOTTI-LETTA FU SEPPELLITO IN DIREZIONE PD CON 136 VOTI A 16...

MATTEO RENZI ENRICO LETTA MEME

Francesco Curridori per www.ilgiornale.it

 

Enrico Letta è tornato in Italia, osannato come un salvatore della patria dal gotha del Pd che lo ha voluto come successore di Nicola Zingaretti. Nella memoria collettiva l'hasthag #Enricostaisereno, pronunciato da Matteo Renzi ospite nel programma di Daria Bignardi, è la pietra tombale sull'esperienza di governo di Letta jr.

 

RENZI LETTA

Ma la defenestrazione dell'allievo di Beniamino Andreatta non fu opera esclusiva dei renziani. Nel corso della direzione nazionale del 13 febbraio 2014, la relazione finale dell'allora segretario Matteo Renzi fu approvata con 136 voti favorevoli, 16 contrari e 2 astenuti. Quella fu la sentenza finale che determinò le dimissioni di Enrico Letta, il quale il giorno prima aveva giocato la sua ultima carta per restare a Palazzo Chigi: la presentazione di un nuovo programma di governo, 'Impegno Italia'. Tutto inutile.

 

SANDRA ZAMPA

Dopo il voto, la Direzione del Pd "ringrazia Enrico Letta e rileva la necessità e l'urgenza di aprire una fase nuova con un esecutivo nuovo che si ponga un obiettivo di legislatura".

Tra i contrari, oltre a Pippo Civati, vi era l'allora presidente del partito, la prodiana Sandra Zampa che, intervistata dal Corriere di Bologna, il giorno successivo al voto dichiarò: “È stata una pagina triste non lo nego.

 

C’erano esponenti del Pd che fino a pochi giorni fa ti richiamavano all’ordine quando esprimevi dubbi su un provvedimento del governo, che ieri non sapevano più chi fosse Enrico Letta. Franceschini non c’è mai. Trovo disgustoso e ipocrita che quelli che fino a pochi giorni fa ti minacciavano di espulsione se non ti attenevi alle decisioni ora dicano “Letta chi?”. Ho visto il volto cinico della politica che avevo già visto quando Prodi restò solo a Palazzo Chigi. Allora c’erano solo Santagata, Padoa Schioppa e Bersani”.

bersani franceschini

 

A destare stupore fu, infatti, la decisione della minoranza dem guidata proprio da quel Gianni Cuperlo che aveva sfidato Renzi al Congresso. “Assumiamo la linea politica indicata dal segretario, avevamo auspicato che non ci fosse un voto per evitare ulteriori lacerazioni ma di fronte alla necessità di esprimersi sul documento, proposto dal segretario, voteremo a favore. Ritengo necessario evidentemente che il Pd poi, in direzione e nei gruppi, discuta di contenuti e dei programmi”, disse Cuperlo prima del voto.

 

LA STRETTA DI MANO TRA ENRICO LETTA E MATTEO RENZI

Il giorno seguente, intervistato da Repubblica, spiegò: “Per settimane ho suggerito a Enrico di assumere una iniziativa di rilancio nel programma e nelle personalità da coinvolgere. E questo a fronte di un governo che perdeva pezzi e nel cuore di una crisi sociale drammatica. Abbiamo sempre detto che se Letta fosse riuscito a a guidare la ripartenza, il Pd avrebbe dovuto appoggiarlo. Ma se quella condizione non ci fosse stata, allora toccava al leader democratico dire come uscire dalla crisi. Renzi lo ha fatto, parlando di un cambio radicale di governo e di guida".

 

Sia come sia, Cuperlo nel 2014 affossò Letta, né più né meno di come fece Dario Franceschini che oggi, invece, è stato il principale kingmaker del ritorno dell'ex premier. “Nel Pd succede sempre così. All'inizio noi renziani eravamo una ventina e ci riunivamo in una stanza.

gianni cuperlo

 

Da un giorno all'altro, Franceschini, tra lo stupore dei suoi, decise di sostenerci e gli antirenziani sparirono improvvisamente”, spiega a ilGiornale.it il deputato renziano Michele Anzaldi che, poi, ricorda:“Letta, una volta dimessosi, non venne in Parlamento per dieci giorni e, quando tornò, era considerato quasi un appestato. Solo io mi avvicinai per salutarlo e la notizia sembrò così clamorosa che ci uscì persino un lancio di agenzia. E, oggi, eccoli lì tutti ad acclamarlo segretario all'unanimità...”.

 

zingaretti letta

In pratica, sebbene Letta sia stato richiamato all'ordine a furor di popolo, potrebbe, come è già successo in passato, finire presto nel tritacarne delle varie correnti. I primi ostacoli potrebbero arrivare già con in autunno quando si voterà per le Comunali a Torino, Bologna, Napoli e soprattutto Roma. Un appuntamento elettorale che, come ci spiega il politologo Massimiliano Panarari “nasconde i veri elementi di conflittualità e i nodi irrisolti della gestione Zingaretti” come ad esempio “l'individuazione dei candidati nelle grandi città e il modello di coalizione del centrosinistra”.

anzaldi

 

“Il modello del partito-tenda' che Letta ha illustrato nel corso del suo discorso di accettazione è una sorta di neo-ulivismo che dovrà essere il più largo possibile”, sottolinea Panarari. “Il problema sarà proprio quello di costruire questo partito-tenda perché da un lato al centro abbiamo una situazione di forte ebollizione con la crisi di +Europa e con Calenda che ha dichiarato di voler rimanere in campo a Roma e dall'altro c'è il tipo di rapporto che il Pd costruirà col M5S”, chiarisce ancora il politologo.

 

Zingaretti Bettini

Se, dunque, da un lato è vero che “Letta, per non vuole subire l'egemonia dei Cinquestelle, non andrà nella direzione di un'alleanza organica col M5S come la immaginavano Bettini e Zingaretti”, dall'altro è altrettanto vero che “la componente zingarettiana non solo è ancora molto presente nel Pd, ma ha contribuito in maniera notevole per eleggere Letta segretario”. “Sarà un bel bricolage”, chiosa Panarari, riprendendo, indirettamente, la metafora “del cacciavite”, usata da Letta proprio durante il suo primo discorso da segretario in pectore.

Ultimi Dagoreport

antonio tajani giorgia meloni neri nero bambini immigrati migranti matteo salvini

DAGOREPORT – AH, TAJANI DELLE MERAVIGLIE! RICICCIARE PER L'ENNESIMA VOLTA LO IUS SCHOLAE E, DOPO UN BATTAGLIERO RUGGITO, RINCULARE SUBITO A CUCCIA (''NON E' LA PRIORITA'"), E' STATO UN FAVORE FATTO A GIORGIA MELONI, DETERMINATA A SEMINARE ZIZZANIA TRA LE FILE LEGHISTE SPACCATE DA VANNACCI, PER CUI UNA PROPOSTA DI LEGGE PER LA CITTADINANZA AI RAGAZZI CHE COMPLETANO GLI STUDI IN ITALIA, E' PEGGIO DI UNA BESTEMMIA SULL'ALTARE - IL MINISTRO DEGLI ESTERI (SI FA PER DIRE: SUGLI AFFARI INTERNAZIONALI DECIDE TUTTO LA STATISTA DELLA GARBATELLA), UNA VOLTA APPOGGIATO IL BIANCO TOVAGLIOLO SUL BRACCIO, SI E' PRESTATO COSI' A SPARARE UN AVVISO A MATTEO SALVINI: SI PREGA DI NON TIRARE TROPPO LA CORDA, GRAZIE!

volodymyr zelensky donald trump vladimir putin

DAGOREPORT – OGGI DONALD TRUMP CHIAMERÀ VOLODYMYR ZELENSKY E GLI PRESENTERÀ “L’OFFERTA” DI PUTIN: “MAD VLAD” VUOLE IL RICONOSCIMENTO DELLE ZONE ATTUALMENTE OCCUPATE DAI SUOI SOLDATI (OLTRE ALLA CRIMEA, CHE CONSIDERA RUSSA DAL 2014). IL PIANO DEL TYCOON È CONVINCERE L’EX COMICO UCRAINO A DARE L’OK, E POI TORNARE DA PUTIN E FINIRE LA GUERRA. CON UNA SOTTESA MINACCIA: SE, NONOSTANTE LE REGIONI ANNESSE, MOSCA CONTINUASSE IL CONFLITTO, A QUEL PUNTO GLI USA SAREBBERO PRONTI A RIEMPIRE DI ARMI KIEV PER FARE IL CULO A STELLE E STRISCE ALLO ZAR DEL CREMLINO - MA QUANTO CI SI PUO' ANCORA FIDARE DELLE PROMESSE DI TRUMP, VISTE LE CAZZATE CHE HA SPARATO FINORA? 

vincent bollore john elkann andrea pignataro

CHE NELLA TESTA DI JOHN ELKANN FRULLI L’IDEA DI VENDERE “LA REPUBBLICA”, NON È UN MISTERO. GIÀ UN ANNO FA SI SPETTEGOLÒ DI TRATTATIVE A TORINO CON UNA CORDATA DI IMPRENDITORI E BANCHE MILANESI - ELKANN, COSÌ CHIC E COSÌ SNOB, AVREBBE GRADITO LA PRESENZA NELLA CORDATA DI UN NOME INTERNAZIONALE. ED ECCO SPUNTARE L’IMPOSSIBILE: VINCENT BOLLORÉ, PATRON DI VIVENDI E DELLA DESTRA OLTRANZISTA FRANCESE – L’ULTIMA INDISCREZIONE ACCREDITA UNA VOGLIA DI CARTA AL BOLOGNESE ANDREA PIGNATARO, SECONDO MILIARDARIO D’ITALIA - VERO, FALSO, INVEROSIMILE? QUELLO CHE È CERTO È CHE LA CRISI MONDIALE DELL’INDUSTRIA AUTOMOBILISTICA STA DIVENTANDO UN ‘’DRAMMA ECONOMICO’’, CON MINACCIA DI CHIUDERE LE FABBRICHE STELLANTIS, E LA LINEA ANTI-GOVERNATIVA DI “REPUBBLICA” È UNA FONTE DI GUAI, NON ESSENDO PER NULLA GRADITA (EUFEMISMO) DAI “VENDI-CATTIVI” DELLA FIAMMA MAGICA DI PALAZZO CHIGI….

alessandro giuli lucia borgonzoni manuela cacciamani mazzi rampelli giulio base film albatross 2025albatross angelo mellone perla tortora paolo petrecca alma manera

DAGO-CAFONAL! - DAI FRATELLI WARNER DI HOLLYWOOD AI FRATELLI D’ITALIA DI CINECITTÀ, IL CIAK È A DESTRA! - E VOILÀ! DOMANI SUGLI SCHERMI DEL BELPAESE ARRIVA "ALBATROSS", IL NUOVO IMMAGINARIO CAPOLAVORO DI GIULIO BASE, MARITATO TIZIANA ROCCA - ALL’ANTEPRIMA ROMANA, GOVERNO IN PRIMA FILA: TAPPETO ROSSO PER IL MINISTRO GIULI-VO DEL “PENSIERO SOLARE”; AVANTI I DIOSCURI RAI, ROSSI E MELLONE, FATE LARGO AL “GABBIANO SUPREMO” DI COLLE OPPIO, FABIO RAMPELLI, CON MOLLICONE DI SCORTA - NEL FOYER DEL CINEMA SI SBACIUCCHIANO PAOLO PETRECCA, DIRETTORE DI RAI SPORT, E L’AMATA ALMA MANERA - SE LUCIA BORGONZONI TIMBRA IL CARTELLINO PER LA LEGA, A TENERE ALTO IL PENNONE DI FORZA ITALIA C’È MAURIZIO GASPARRI, NEL '70 SEGRETARIO PROVINCIALE DEL FRONTE DELLA GIOVENTÙ – PER I DUE PRODUTTORI, PAOLO DEL BROCCO (RAI CINEMA) E GENNARO COPPOLA (COMPAGNO DI MANUELA CACCIAMANI, PRESIDENTE DI CINECITTA'), ‘STO “ALBATROSS” DI GIULIO BASE DEVE SUSCITARE VERAMENTE “GRANDE ATTENZIONE” VISTO CHE IL 18 GIUGNO SCORSO SAREBBE AVVENUTA UNA PROIEZIONE PRIVATA DEL FILM ALLA PRESENZA DI IGNAZIO LA RUSSA E DI SISTER ARIANNA MELONI…

cetrioloni per l italia - meme by edoardo baraldi giorgia meloni economia crisi soldi

DAGOREPORT - GIORGIA MELONI PUÒ FARE TUTTE LE SMORFIETTE CHE VUOLE MA A NATALE RISCHIA DI TROVARE SOTTO L'ALBERO UN'ITALIA IN GRANDE DIFFICOLTA' ECONOMICA. E SE I CITTADINI TROVERANNO LE TASCHE VUOTE, ANCHE IL PIU' INCROLLABILE CONSENSO PUO' SGRETOLARSI - IL POTERE D'ACQUISTO AUMENTA DELLO 0,9% ORA, MA NEGLI ULTIMI ANNI È CROLLATO DEL 20% - DA UN LATO L'INFLAZIONE TORNA A CRESCERE, DALL'ALTRO IL PIL CALA. E DAL 2026, CON LA FINE DEL PNRR, CHE HA "DROGATO" IL PRODOTTO INTERNO LORDO, LA SITUAZIONE NON POTRÀ CHE PEGGIORARE. SENZA CONSIDERARE L'EFFETTO TSUNAMI DEI DAZI DI TRUMP SU OCCUPAZIONE ED EXPORT - SE CI FOSSE UN'OPPOSIZIONE DECENTE, MARTELLEREBBE OGNI GIORNO SU QUESTI TEMI: SALARI DA FAME, TASSE CHE CONTINUANO A SALIRE, ECONOMIA CHE RISTAGNA. MA LA PRIORITÀ DI SCHLEIN SONO I GAY UNGHERESI E QUELLE DI CONTE E' FARE IL CANDIDATO PREMIER DEL CAMPO LARGO...