1- “REPUBBLICA” LANCIA LA BOMBA: NELLE STANZE DI PALAZZO CHIGI C’È CHI È CONVINTO CHE RIGOR MONTIS ATTENDA LE DIMISSIONI DEL BERLUSCONIANO ANTONIO CATRICALÀ 2- IN POCHI GIORNI SCONFITTE E RETROMARCE PER IL SOTTOSEGRETARIO CHE SI CREDE LETTA 3- GIUSTIZIA. SVENTATA LA RIFORMA DEL CSM A IMMAGINE E SOMIGLIANZA DEL BANANA 4- RIFIUTI. IL DISASTRO DI CORCOLLE: DUE GIORNI PRIMA CHE PECORARO FOSSE CACCIATO E LA DISCARICA ABBANDONATA, PROPRIO CATRICALÀ AVEVA SCRITTO UN INTERVENTO A FIRMA MONTI PER SOSTENERE IL PREFETTO. POI LA RIVOLTA DEI MINISTRI E LA MARCIA INDIETRO 5- TERREMOTO. A POCHI GIORNI DAL SISMA, CATRICALÀ AVEVA CHIESTO E OTTENUTO LA NOMINA A NUOVO SUPER CAPO DELLA PROTEZIONE CIVILE. MA I SINDACI DEI COMUNI COLPITI MENANO OGNI GIORNO IL GOVERNO CHE LESINA FONDI E PREPARA NUOVE TASSE 6- ANCHE NAPOLITANO NON CELA L’INSOFFERENZA PER IL PROTAGONISMO DI CATRICALà

1- RIFORMA CSM. MONTI GELA CATRICALA': "GLI AVEVO DETTO CHE DOVEVA FERMARSI". E C'E' CHI DICE CHE IL PREMIER ATTENDA LE SUE DIMISSIONI
Liana Milella per "La Repubblica"


Ha un nome e un cognome, quello di Antonio Catricalà, la riforma della giustizia disciplinare uscita con tanto di timbro e protocollo da palazzo Chigi. Bocciata dal premier Mario Monti con cinque righe. Non mesi fa, ma giusto il 14 maggio. Carte dirette verso il Consiglio di Stato e la Corte dei conti per una ufficialissima richiesta di parere. Come Repubblica è in grado di ricostruire. Il nome dell'autore è proprio quello del sottosegretario alla presidenza Antonio Catricalà.

Monti piglia le distanze dalla riforma, sottace chi l'ha pensata e sponsorizzata, e la voragine che si apre tra i due appare incolmabile. C'è anche chi, nelle stanze della presidenza, è convinto che Monti attenda una lettera di dimissioni del suo sottosegretario. Per questa via il caso "sezioni disciplinari" delle magistrature si trasforma nel caso Catricalà. Il quale risponde e minimizza.

Lui e Monti non si sono parlati, ma chi è stato in contatto con il premier ne descrive l'arrabbiatura verso il sottosegretario: "Ha agito da solo, per conto suo, nonostante gli avessimo detto con chiarezza che quella modifica non poteva assolutamente essere fatta e che il parere del Guardasigilli Severino era contrario".

Due fronti aperti per Catricalà, il presidente del Consiglio e il presidente della Repubblica, visto che su di lui erano già caduti i fulmini del Colle appena giovedì scorso quando sul Messaggero era uscita una sua intervista in cui, a proposito della discarica di Corcolle, difendeva il prefetto Pecoraro e la localizzazione, a suo avviso "lontana", da villa Adriana.

Ma lo scontro sulla giustizia disciplinare è assai più grave e rischia di arroventarsi sulle carte. Anche se, come vedremo, l'ex presidente dell'Antitrust ha una sua versione minimalista. 
La riforma esiste. Repubblica lo ha scritto. Ed è in grado di provarlo con le stesse missive inviate da Catricalà - la sua firma è ben leggibile in calce - ai presidenti del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti.

Quattro articoli, dal 26 al 29, che dovevano costituire il "capo III, la Giustizia", all'interno del ddl sul merito scolastico. È il 2 maggio quando Catricalà scrive di "un nuovo schema di disegno di legge di iniziativa governativa che contiene norme sul merito, sulla trasparenza, sulla responsabilità".

Su di esse chiede "un parere urgente" in modo da ottenerlo "se possibile prima che il consiglio dei ministri approvi lo schema del provvedimento". In allegato ecco un primo schema di nuova giustizia disciplinare per i magistrati amministrativi e contabili in cui sono i laici, numericamente, a far la parte dei leone. Passa qualche giorno e dalle magistrature arriva una richiesta di chiarimenti.

Catricalà, a quel punto, manda un secondo plico. Siamo al 14 maggio, una data che contrasta in modo palmare con quanto sostiene Monti a proposito di un progetto che "già da tempo" aveva bocciato come "non percorribile" anche a seguito dello stop del Guardasigilli Severino.

Ma per Catricalà, evidentemente, quella strada è ben aperta. Tant'è che scrive ancora al presidente del Consiglio di Stato: "Le trasmetto gli articoli della bozza del disegno di legge in preparazione che riguardano le magistrature e le libere professioni".

A capo. E poi: "Il fine che il ddl vuole perseguire è di assicurare terzietà agli organi disciplinari per evitare la critica, fin troppo estesa nella società civile, di una giustizia domestica e dare trasparenza e certezza di imparzialità all'azione disciplinare". Paiono parole di Berlusconi e Alfano, ma sono di Catricalà. Che allega i quattro articoli su Csm, Consiglio di Stato, Corte dei Conti e giudici tributari.

A scartabellare in archivio, le soluzioni sembrano fotocopiate da più di una proposta di legge del Pdl. 
Sono ubbidienti le magistrature. Pochi giorni e il parere, anche se negativo, viene recapitato sul tavolo di Catricalà. Per esempio quello del Consiglio di Stato che appena giovedì 24 maggio, nel corso della sua "adunanza generale", ha trattato il quesito richiesto dal sottosegretario: "Esame della bozza di legge di istituzione della sezione disciplinare presso il consiglio di presidenza della giustizia amministrativa".

Da palazzo Chigi, ufficialmente, non è arrivato alcuno stop. 
Dal Csm, invece, raccontano che si sia incollerito il vice presidente Michele Vietti: "Ma come, da palazzo Chigi mandano in giro una possibile riforma del Csm e nessuno ci avverte?". Per certo, a palazzo dei Marescialli non è arrivato nulla.

E si può agganciare qui l'autodifesa di Catricalà: "Da sette, otto giorni Monti ci aveva detto che avrebbe approvato solo norme sul merito scolastico". Si noti, non "da tempo" come dice il premier, ma solo da una manciata di giorni. Quanto all'iniziativa, il sottosegretario la racconta così: alla nascita del governo, a palazzo Chigi, si è insediato anche un gruppo di analisti su merito, trasparenza e responsabilità, il quale avrebbe segnalato l'anomalia della "giustizia domestica" dei giudici.

Catricalà ammette l'immediato altolà di Severino, che stoppa qualsiasi intervento sul Csm, riformabile solo per via costituzionale, ma va avanti, formula gli articoli di legge, chiede i pareri. Solo a notizia ormai pubblica arriva il definitivo stop di Monti.

2- DISCARICA DI CORCOLLE: IL VIA LIBERA A PECORARO ERA ARRIVATO DA CATRICALA'. POI LA RIVOLTA DEI MINISTRI E LA MARCIA INDIETRO DI MONTI
Andrea Garibaldi per il "Corriere della Sera" di sabato 26 maggio


Prima del Consiglio dei ministri c'è da risolvere un problema. Ore 9, Monti convoca nella sua stanza Clini (Ambiente), Ornaghi (Beni culturali), Cancellieri (Interno) e il sottosegretario Catricalà. Tutto è già deciso. Le dimissioni da commissario per i rifiuti del prefetto Pecoraro, la nomina al suo posto del prefetto Sottile, affiancato da un tecnico dell'Ambiente e uno dei Beni culturali.

Si discute su come presentare la notizia. Clini, che ha battagliato per settimane con Polverini, Alemanno e Zingaretti, preme per una netta sferzata contro gli amministratori locali. Monti consente. Risultato: «Il Consiglio dei ministri condivide le considerazioni del ministro Clini sulla responsabilità cronica delle amministrazioni, non in grado di assumere decisioni adeguate». Riunione di poco più di un'ora. Poi, Monti spiega il no a Corcolle in Consiglio dei ministri: «Ragioni di opportunità, vicinanza a Villa Adriana, questioni idrogeologiche.

Il prefetto Sottile individuerà un altro sito». Mercoledì 23 maggio Mario Monti era stato a Palermo con Napolitano, a commemorare Falcone e Borsellino. Nel pomeriggio era volato a Bruxelles, vertice di 27 capi di Stato e di governo sulla crescita. Conferenza stampa chiusa oltre le due del mattino. E poi, Monti si è trovato sul tavolo questo appunto sul «problema rifiuti di Roma», che era esploso quella stessa mattina di mercoledì, giorno dedicato a San Desiderio.

Ecco, il desiderio del premier sarebbe stato quello di non occuparsi di discariche, le avrebbe volentieri lasciate fra i tanti casi affrontati dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Catricalà, il suo personale Gianni Letta. Solo che stavolta Catricalà aveva contribuito ad infiammare la materia.

Nell'appunto sul tavolo, nomi Clini e Ornaghi: da una settimana dicevano in ogni dove la loro opposizione al sito di Corcolle, «permeabile al percolato» per il primo, «troppo vicino a Villa Adriana» per il secondo. Il mite Ornaghi, accusato fin qui di essere «non decisionista», si mostrava particolarmente attivo. Monti ha capito che stava andando incontro alla primavera crisi dentro il suo governo.

E anche il presidente della Repubblica ha compreso che la storia stava diventando seria, serissima. Tanto da tenersi in contatto, negli ultimi giorni con Monti, con Clini, con Ornaghi, con l'archeologo Carandini, che aveva sbattuto la porta del Consiglio superiore dei Beni culturali.

Tutto ciò dopo una serie micidiale, tristissima di eventi. Sabato la morte di Melissa a Brindisi. Domenica il terremoto in Emilia. Il prefetto Pecoraro, nominato commissario straordinario ai rifiuti di Roma dal governo Berlusconi, una settimana fa aveva sciolto ogni riserva e deciso che la nuova discarica per la spazzatura romana sarebbe stata fatta a Corcolle. Per qualche giorno si è parlato di un incontro fra Pecoraro e Monti, poi Monti - travolto dai lutti - ha pregato Catricalà di intervenire lui.

E sempre quel mercoledì 23 Catricalà scrive che «Mario Monti conferma la sua fiducia al commissario Pecoraro e gli chiede di portare avanti il suo mandato». Scrive anche che «il commissario saprà salvaguardare le falde acquifere ed evitare altre forme di inquinamento dell'ambiente».

Formula cauta, che alla fine suonava così: il governo non si metterà di traverso sulle decisioni del commissario. Catricalà ottiene, per questo passo, un via libera di massima da Monti, che non è in grado in quel momento di approfondire la vicenda.

Quella sera stessa per il premier si accende un'altra lampadina sui rifiuti romani. Anzi due. Alle 20 e 27 - Monti è alla cena di Bruxelles - il ministro dell'Interno Cancellieri diffonde una nota in cui «tenuto conto dei temi portati all'attenzione dell'opinione pubblica dai ministri Ornaghi e Clini, ravvisa l'opportunità che l'argomento debba essere oggetto di approfondimento in Consiglio dei ministri». Venti minuti più tardi, il ministro della Giustizia, Severino, diffonde un'altra nota: «Concordo con il ministro Cancellieri».

Messaggio dalle due donne forti del suo governo. Monti si rende conto che dovrà occuparsi anche di rifiuti. Il mite Omaghi va in sopralluogo a Corcolle, dichiara che se insistono su quel sito dovranno trovare un altro ministro. Monti approfondisce. C'è un appello di studiosi e artisti, dai fratelli Taviani a Jean Francois Bernard.

C'è un appello di quasi cento parlamentari europei, c'è un appello di parlamentari italiani di tutti i partiti. Proteste di cui anche Napolitano è a conoscenza. C'è il pressing di Clini. E perfino l'allarme che viene da qualche sito: «Corcolle sarà la nuova Val di Susa». A difendere la scelta di Pecoraro resta solo Renata Polverini, governatrice del Lazio. Troppo poco. I giochi si chiudono sul far della sera di giovedì.

Il ministro Cancellieri avverte Pecoraro che la pressione è troppo alta e giunge da troppi lati. Deve dimettersi. Tocca al ministro Cancellieri identificare il nuovo commissario. Stavolta un prefetto in pensione, che è romano, ma non ha coperto incarichi importanti a Roma.

A fine giornata, Clini dice che non c'è stato un torneo fra ministri e segna a suo favore una telefonata dal Quirinale. Monti, da parte sua, spera di non dover riaprire a breve questo dossier.

3- TERREMOTO EMILIA, I SINDACI CONTRO IL GOVERNO: "NON CI ABBANDONI"
Nicola Luci per "L'Unità"


Alle 4.04 di otto giorni fa, una scossa di magnitudo 5.9 ha sconvolto l'Emilia tra Modena e Ferrara. Case crollate, quattro morti, per la prima volta anche la Pianura Padana si è dovuta misurare con la paura di un terremoto. Che continua. Le scosse non danno pace. Sono di bassa intensità ma ci sono. Presenti, continue, sono entrate a far parte della quotidianità di questa gente. Molte le abitazioni lesionate, circa settemila gli sfollati.

Pur tra mille difficoltà, gli abitanti vogliono andare avanti. Ma hanno paura di essere abbandonati. Il sindaco di Finale Emilia, Fernando Ferioli, lo dice senza mezze parole: «Non dalla nazione, che ci sta dando grande prova d'affetto. Il problema è il Governo centrale». Con la G maiuscola come a segnare una sorta di distanza. Il problema più sentito nelle zone sconvolte dal sisma, spiega, è il lavoro: «Non ci abbandonate da questo punto di vista».

Perché ben vengano le sospensioni di tributi come l'Imu «ma se poi non hai il lavoro...». Tanto varrebbe consentire di utilizzare quel che si risparmia con la sospensione dei pagamenti per «far ripartire l'azienda, la fabbrica, riparare il capannone. Abbiamo bisogno di questo, e ne abbiamo bisogno in fretta».

Non teme invece il sindaco di essere lasciato solo dalla Regione Emilia-Romagna. «Con Errani c'è un contatto diretto. So come raggiungerlo. Con lui ho un buon rapporto, si è detto disponibile 24 ore su 24, e gli credo. Ma è arrivare a livello superiore che mi preoccupa».

In attesa senza sosta va avanti la messa in sicurezza degli edifici. Nella zona di Bondeno (Ferrara) hanno demolito in modo «controllato» la cima della ciminiera alta 45 metri. Risaliva al 1916 ed era parte di una fabbrica per la trasformazione del pomodoro, oggi in disuso e pericolante. Il sisma aveva provocato fratture e torsioni dell'ultimo pezzo delle torre, che ad ogni nuova scossa rischiava di cadere sulla provinciale 69, la ‘Virgiliana che va da Ferrara a Mantova.

Sono in tanti a lavorare per rimettere in piedi questo fazzoletto d'Emilia. I tecnici cartografici della Provincia di Modena, per esempio, hanno fatto una mappatura dei beni culturali a rischio, informatizzata e «georeferenziata». Servirà a guidare gli interventi per la salvaguardia.

Ma per aiutare la gente ferita dal terremoto sono scesi in campo anche gli psicologi della associazione Rivivere, specializzati nel supporto in momenti traumatici, guidati da Francesco Campione, docente di psicologia delle situazioni di crisi della Scuola di specializzazione dell'Università di Bologna.

Ieri sera hanno incontrato le vittime a Crevalcore, uno dei paesi del Bolognese più colpiti, e a San Felice Sul Panaro per offrire il loro aiuto gratuito. Si guarda avanti, tenendo però bene in mente quello che è successo. Oggi, in tutti i luoghi di lavoro di Modena alle 15 ci sarà una fermata simbolica per i funerali di Nicola Cavicchi, uno dei quattro operai morti a causa del sisma. Così Cgil della città emiliana ha deciso di accogliere l'invito delle segretarie nazionali Cgil Cisl e Uil ad organizzare stop simbolici.

SENZA CASA
Nel frattempo nascono nuovi campi di accoglienza. Uno è stato creato a San Carlo (Ferrara), un altro a Medolla (Modena). A San Carlo, frazione di Sant'Agostino, particolarmente colpito dal fenomeno della liquefazione delle sabbie, è stato allestito tra ieri e oggi un campo per il centinaio di famiglie evacuate per motivi di sicurezza due giorni fa. Il campo può ospitare fino a 250 persone. Ora ne assiste circa cento.

Il secondo campo è in corso di allestimento a Medolla, nel Modenese. Dotato di circa 250 posti, accoglierà cittadini di Medolla, di Cavezze e di San Prospero ed è realizzato dalla Protezione civile della Regione Molise. Per adesso sono 89 i luoghi, tra edifici coperti e campi attrezzati dalla Protezione civile, attrezzati per l'accoglienza, 53 le strutture al coperto e 17 gli alberghi.

La capienza complessiva disponibile è di 9mila posti. I volontari di Protezione civile impegnati nelle zone colpite dal terremoto sono circa 1.400, di cui 500 provenienti da altre Regioni: dal Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Umbria, Molise, Piemonte, Toscana, Val D'Aosta e dalle Province autonome di Trento e Bolzano. Al lavoro circa 700 vigili del fuoco. Sono state fatte 2mila verifiche sugli edifici per definirne l'agibilità. In definitiva lo Stato ha risposto. Ma dopo l'emergenza che accadrà?

 

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