UN PALLOTTOLIERE PER ELSA PIPPERO - 55 MILA “DIMENTICATI” NON POSSONO ESSERE UNA SVISTA: SE IL NUMERO DEGLI ESODATI NON È “QUANTIFICABILE”, SU CHE BASI È STATA FATTA LA RIFORMA? - SOLDI SOLO PER 120 MILA ESODATI, POI DIO PROVVEDE: AMMORTIZZATORI SOCIALI, REIMPIEGO CON INCENTIVI ALLE IMPRESE O LAVORI SOCIALMENTE UTILI - LA MINSTRA VUOLE PRENDERE TEMPO PER PASSARE LA PATATA BOLLENTE AL GOVERNO CHE VERRÀ: MA I TECNICI NON DOVREBBERO FARE TUTTO IL CONTRARIO?...

Salvatore Cannavò per il "Fatto quotidiano"

Una relazione puntigliosa per riconoscere di aver sbagliato e ammettere l'esistenza di altri 55 mila "esodati". Ma la vicenda è tutt'altro che conclusa. Quello fatto al Senato da parte del ministro Elsa Fornero è stato un intervento di difesa dell'operato del governo che ha ricondotto tutto alla fretta e all'urgenza dettate dalla crisi finanziaria dello scorso anno. Poi ha spiegato che la cifra degli esodati, fornita da Inps e Ragioneria dello Stato, era 50 mila, 65 mila dopo il decreto Milleproroghe.

Ecco la prima ammissione: "Ho ritenuto prioritario dare risposta ai lavoratori in più immediata situazione di necessità e quindi preparare il decreto per la salvaguardia del contingente già uscito dal lavoro". Il ministro, infatti, si è sempre mosso, e lo ha fatto anche ieri nell'offrire altri 55 mila salvaguardati, per tutelare coloro che andranno in pensione entro 24 mesi dall'entrata in vigore della riforma, quindi entro il 2014.

Non rientrano nei calcoli quelli che andranno in pensione dopo ma hanno smesso di lavorare prima che la riforma fosse approvata: per ora si tutelano altre 55 mila persone, per un totale di 120 mila. Agli altri ci si penserà dopo. Nonostante questa precisazione, Fornero non rinuncia ad attaccare nuovamente l'Inps i cui dati vengono definiti "parziali e fuorvianti".

Parziali perché non contemplano gli accordi di mobilità su cui il governo sta facendo la ricognizione e fuorvianti perché nel numero fornito dall'istituto guidato da Antonio Mastrapasqua, rientrano anche "60.000 lavoratori che già hanno maturato i requisiti al 31 dicembre 2011 e, quindi, già fatti esplicitamente salvi " ma anche "16.000 soggetti per i quali nulla cambia con la riforma". Anche se fosse così, resterebbero comunque 316.500 unità ben di più dei 120 mila che Fornero è disposta a salvaguardare.

Vediamo i numeri nel dettaglio. Secondo l'Inps nei 392.500 lavoratori da tutelare ci sono 133 mila in contribuzione volontaria , 180 mila cessati, 45 mila in mobilità, 26.200 lavoratori iscritti ai Fondi di solidarietà e 3.300 in congedo per assistenza figli. Il governo aveva conteggiato 10.250 contribuzioni volontarie, 6.890 cessati, 29.050 lavoratori in mobilità, 17.710 nei fondi di solidarietà e solo 150 congedi familiari.

Ora, con la relazione di ieri i numeri cambiano ancora: le contribuzioni volontarie salgono di 7.400 unità, i cessati di 6.000, le mobilità di 40.000 e i fondi di solidarietà di 1600. Restano fuori i comparti "contributi volontari" e "lavoratori cessati" per quei lavoratori che matureranno il diritto alla pensione dopo il 2014.

Che i conti di Fornero non tornino lo conferma anche il calcolo fatto dalla Fondazione Studi dei Consulenti del lavoro che stima gli esodati in 370 mila. I consulenti del lavoro utilizzano questo criterio: nel 2011 sono stati oltre un milione e mezzo i lavoratori destinatari dei trattamenti di cassa integrazione e circa 188 mila alla mobilità. Applicando loro il tasso di uscita incentivata dal lavoro che nell'industria raggiunge il 14 per cento, si ottiene la cifra di 238 mila persone.

Vanno aggiunti i lavoratori nati dopo il 1946, autorizzati alla prosecuzione volontaria e con un ultimo versamento contributivo versato in data antecedente il 6 dicembre 2011 (circa 133 mila soggetti, gli stessi calcolati dall'Inps). Ecco quindi 370 mila esodati sui quali è necessario intervenire".

Come provvedere comunque ai nuovi 55 mila lavoratori individuati dal ministro Fornero? La ricetta prioritaria non deve "necessariamente consistere per tutti in una deroga alla nuova disciplina pensionistica", dice il ministro. Non ci sono soldi e si possono tutelare, al massimo "coloro che maturano il diritto entro il 2014 o che hanno superato una certa soglia di età". Per quelli meno anziani si propone estensione del trattamento di disoccupazione, sostegno per il reimpiego con incentivi alle imprese fino al ripristino dei "lavori di pubblica utilità, che possono essere gestiti dagli enti territoriali, utilizzando loro fondi " ma su base volontaria.

Il ministro, stavolta, è disponibile a confrontarsi con le parti sociali e istituire "una sede permanente di monitoraggio" per intervenire sulle situazioni critiche. Ma da Cisl e Cgil è già arrivata una bocciatura: per il sindacato di Raffaele Bonanni i numeri non convincono e non convince l'idea di utilizzare ammortizzatori sociali invece delle deroghe alla riforma. Per la Cgil "non esistono lavoratori che meritano di essere salvaguardati e altri no - dice Vera Lamonica della segreteria nazionale - ma la certezza del diritto".

 

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