MORTO UN PAPA(NDREOU), SE NE FA UN ALTRO - IL PREMIER LASCERÀ IL GOVERNO, SI SCALDA AI BOX PAPADIMOS, EX BANCHIERE BCE, PER DIRIGERE L’ESECUTIVO DI UNITÀ NAZIONALE - MERKEL CHIAMA IL PREMIER (DA LEI MESSO ALLA PORTA DOPO LA PROPOSTA DEL REFERENDUM) E GLI ESPRIME “STIMA PER LA SUA SCELTA, LODO IL SUO CORAGGIO” - LA BORSA DI ATENE GODE PER LE DIMISSIONI - DIXON: “ROMA E ATENE, DESTINO COMUNE: O È L’INIZIO DELLA CATARSI, O IL PRECIPIZIO SUL CAOS”…

1 - BORSA ATENE FESTEGGIA L'ARRIVO DI UN NUOVO GOVERNO...
Finanza.com
- La Borsa di Atene reagisce positivamente dell'accordo per l'arrivo di un nuovo Governo. L'indice Ftse Athex20 si muove controcorrente rispetto alle principali Borse europee, registrando una crescita prossima al 3%. Il primo ministro, George Papandreou, si mette da parte per dare vita a un governo di unità nazionale. Il nuovo esecutivo, creato in accordo con l'opposizione di centrodestra, rimarrà in carica fino alle prossime elezioni che si terranno il prossimo 19 febbraio. Secondo indiscrezioni stampa il posto di Papandreou verrà preso da Lucas Papadimos, ex vice presidente della Bce. La nomina, che sembra mettere tutti d'accordo, potrebbe essere annunciata già oggi, prima della riunione dei ministri finanziari dell'area Euro.

2 - GRECIA: MERKEL ESPRIME RISPETTO A PAPANDREOU PER DIMISSIONI...
(ASCA-AFP)
- Il cancelliere tedesco, Angela Merkel, ha telefonato al dimissionario premeir greco, George Papandreou, per esprimergli il suo rispetto. Ieri Papandreou ha annunciato un accordo con il leader dell'opposizione Samaras, per formare un nuovo governo di unita' nazionale'. Il portavoce del cancelliere, ha riferito che la Merkel ha espresso a Papandreou ''la sua stima per cio' che ha deciso'', lodando il suo ''coraggio e la sua forza di convinzione''.

3 - PAPANDREOU LASCIA, VERSO UN GOVERNO DI UNITÀ NAZIONALE...
Roberto Giovannini per "La Stampa"

C'è voluta una pressione eccezionale da parte dei leader dell'Unione europea - desiderosi di evitare a tutti i costi un nuovo bagno di sangue sui mercati finanziari - per spingere i litigiosissimi protagonisti della crisi politica greca ad accelerare i tempi per sciogliere la crisi politica in atto. Al termine di una nuova giornata di incontri ufficiali (doppiati da fittissime negoziazioni dietro le quinte), si è conclusa la premiership di George Papandreou, che pure solo venerdì aveva ottenuto un voto di fiducia «alla carriera» (o meglio «alla memoria») da parte dei deputati della Voulì.

I suoi tentativi di allargamento della maggioranza mantenendo la guida del governo, come prevedibile, sono falliti. Dopo un incontro serale tra il presidente della Repubblica, Papandreou e il leader dell'opposizione Samaras hanno concordato che il nuovo governo di unità nazioanle avrà un altro premier. Quale? Scendono le quotazioni dell'attuale uomo forte del Pasók, il ministro dell'Economia Evangelos Venizelos. Al contrario, salgono quelle dell'ex vicepresidente della Bce Loukas Papademos, gradito ai partner europei per la sua capacità di rassicurare i mercati garantendo il proseguimento della politica di sacrifici concordati con Ue e Fmi.

Secondo i bene informati nella capitale ateniese, Papademos ieri pomeriggio è corso in aereo ad Atene; ai suoi interlocutori avrebbe detto di sentirsi in grado di accettare l'incarico di guidare un governo di salvezza nazionale, anche se questo non avesse il sostegno dei conservatori di Nea Dímokratía, guidati da Antonis Samaras. Se poi anche Papademos non ce la facesse, è pronto ai box Stavros Dimas, già Commissario europeo all'Ambiente con Prodi e proveniente proprio da Nd.

Papademos lo potremmo definire il Mario Draghi greco: un banchiere centrale, competente. Ma non è certo un personaggio popolare e particolarmente in grado di muoversi tra le sottigliezze e le incertezze della (complicata) politica greca. Questa ipotetica nuova coalizione avrà tre compiti immediati: far passare il piano di salvataggio in Parlamento, completare l'operazione che dimezzerà il valore del debito pubblico greco, e far approvare il bilancio 2012.

Potrebbero bastare anche pochi mesi, prima di andare alle elezioni che (al momento) si trasformerebbero in una catastrofe per i socialisti del Pasók. I primi sondaggi sembrano confermare che i greci (senza entusiasmo) preferiscono il governissimo alle elezioni anticipate: secondo «Proto Thema» il 52% chiede il governo di unità nazionale contro un 36% che chiede le urne. Secondo il sondaggio del quotidiano «Ethnos» la distanza è inferiore, 45% a favore del governissimo e 41,7 che vuol votare.

Il Commissario europeo agli Affari economici Olli Rehn ha mandato un messaggio netto. «Abbiamo chiesto un governo di unità nazionale - ha detto alla Reuters - e restiamo convinti che sia il modo migliore per ripristinare la fiducia nel rispetto degli impegni. Abbiamo bisogno di informazioni convincenti su questo dal ministro Venizelos» nella riunione di oggi dei ministri delle Finanze dell'Eurogruppo.

Insomma, come ha spiegato il deputato socialista Telemachos Hytiris, «tutto dev'essere sistemato subito, altrimenti sarà l'inferno». In una riunione di Consiglio dei ministri straordinaria convocata nel pomeriggio, il premier ha annunciato ai suoi la sua intenzione di «passare il testimone per consentire la formazione di un governo con più ampio sostegno». E in serata dalla Presidenza della Repubblica è arrivata la notizia ufficiale dell'accordo fra Papandreou e Samaras sul governo di unità nazionale. Il governo di coalizione dovrebbe insediarsi entro una settimana.

4 - ATENE E ROMA I DUE TRAMONTI...
Hugo Dixon per "La Stampa"

Caos, crisi, dramma sono tutte parole greche. Come catarsi. L'Europa è in bilico tra caos e catarsi, nel momento in cui la crisi politica ad Atene e Roma ha raggiunto il suo punto critico. Una via porta alla distruzione, l'altra alla rinascita. Nonostante ci siano segnali di speranza, ancora pochi passi falsi condurranno nell'abisso.

I drammi in due delle culle della civiltà europea sono simili e, in maniera bizzarra, legati. La decisione di Georges Papandreou, la scorsa settimana, di indire un referendum sull'ultimo pacchetto di misure per salvare il Paese ha dato il via a una reazione a catena che sta portando alla caduta non solo del suo governo ma anche a quella dell'esecutivo di Silvio Berlusconi.

Il folle piano per un referendum, che adesso è stato ritirato, ha scioccato a tal punto la Germania di Angela Merkel e la Francia di Nicolas Sarkozy che hanno minacciato di ritirare gli aiuti finanziari alla Grecia a meno che non avesse ritrovato credibilità, una mossa che l'avrebbe portata fuori dall'euro. Ma era probabilmente una vuota minaccia, almeno a breve termine, perché Atene è legata a Roma.

Se la Grecia è spinta ai margini, anche l'Italia potrebbe essere trascinata con essa e l'intera moneta unica collasserebbe. Così, ironicamente, Atene viene salvata dalle conseguenze immediate del suo cattivo comportamento dalla paura di un ben più grande disastro al di là del mar Ionio.

I tassi di interesse sui titoli italiani, che erano già pericolosamente alti, sono schizzati dopo il pasticcio del referendum greco. Berlusconi è stato costretto a far tranquillizzare Merkel e Sarkozy al G20 di Cannes accettando di porre il voto di fiducia sul suo scialbo programma di riforme, e il monitoraggio da parte dell'Fmi. L'umiliazione a Cannes, dove il ministro delle Finanze Giulio Tremonti ha apposta evitato di appoggiarlo, potrebbe essere l'ultimo chiodo sulla bara del governo Berlusconi.

La fine dell'era Papandreou e Berlusconi dovrebbe essere, in teoria, motivo di gioia. Benché il comportamento del premier italiano sia stato scandaloso, mentre non lo è stato quello del greco, entrambi hanno condotto i loro Paesi a un indebitamento più profondo. E sono tutte e due membri di caste politiche che hanno indebolito le loro nazioni per molti anni. Liberarsi di loro potrebbe essere l'inizio di un processo di rinnovamento.

L'intoppo è che non è certo che quello che verrà dopo sarà meglio. In tutte e due i Paesi, dove ho passato gran parte delle ultime due settimane, la soluzione migliore sarebbe un governo di unità nazionale con lo scopo di sradicare la corruzione e tagliare il troppo generoso welfare state. Potrebbe accadere sia prima che dopo elezioni anticipate. Sfortunatamente, le vecchie caste politiche sono dure a morire. Potrebbero stare lì a battibeccare su chi soffre di più e chi deve avere l'incarico finché avranno gli occhi fissi nell'abisso, o ci saranno caduti dentro.

Molti nel resto dell'Europa, nel frattempo, sarebbero tentati di spingerli giù dal bordo, se fossero abbastanza forti da reggere l'impatto. Ma Merkel, Sarkozy e tutti gli altri sono stati criminali nella loro mancanza di preparazione. Il cosiddetto piano approvato al vertice del 26 ottobre è stato un altro caso di troppo poco, troppo tardi.

Non solo il piano per ricapitalizzare le banche era la metà di quello necessario ma è stato stoltamente rimandato fino al prossimo giugno, mentre lo schema per applicare una leva finanziaria alla rete di sicurezza regionale, l'European Financial Stability Facility (Efsf), è pieno di buchi. E' apparso chiaro a Cannes, quando Merkel ha ammesso che poche altre nazioni del G20 erano pronte a investire in esso.

Per l'intera Europa adesso è una corsa contro il tempo. I greci debbono ritrovare l'efficacia nelle loro azioni prima che il resto dell'Ue li tagli fuori. Gli italiani debbono ricostruire la loro credibilità prima di essere risucchiati in un vortice dal quale non potranno uscire. E gli altri hanno bisogno di mettere in campo un piano d'emergenza veramente efficace nel caso Atene e Roma continuino a deluderli. Se tutti cominciano a correre molto velocemente, il weekend appena passato potrebbe essere l'inizio della catarsi. Se no, il caos busserà alla porta.

 

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