BENVENUTI AL KAMA-BURQA! - PARIGI NON TEME LE MINACCE DEGLI INTEGRALISTI (COME CON LA RIVISTA “CHARLIE HEBDO”) E PROPONE UNA GRANDE MOSTRA SULL’EROTISMO NELL’ISLAM - SESSO E TRASGRESSIONE IN UNA SERIE DI OPERE D’ARTE ISPIRATE AL LIBRO LE “MILLE E UNA NOTTE”, GRANDE SILLABARIO DELLE PERVERSIONI: ORGE, FROCERIE, AMORI BISEX, SADOMASOCHISMO, FETICISMO, TRAVESTIMENTI, ZOOFILIA, AFRODISIACI E DROGA…

Alessandra Bianchi e Gigi Riva per "l'Espresso"

C'è un'Islam felice, erotico, passionale, intrigante, tollerante e, purtroppo, negli ultimi tempi misconosciuto. Davanti a noi, persino da prima dell'11 settembre newyorchese, scorrono le visioni di attentati suicidi, uccisioni feroci, furia contro le opere d'arte (i Buddha di Bamiyan in Afghanistan, i mausolei di Timbuctù), donne costrette nel burqa, sopraffazione del genere femminile. Fino alla costruzione, peraltro riuscita, di un immaginario a tutto tondo oscurantista del mondo islamico così come lo vogliono i wahabiti o i salafiti. Come se quella fosse stata, sia, l'unica valenza di una religione fondamentalista e refrattaria alla modernità. Non è così.

Un'inversione di tendenza, tesa a ristabilire il giusto senso delle parole e a disegnare un arco storico più complesso, parte da Parigi: e non poteva essere che la Ville Lumière a cercare, con certosina pazienza, di riannodare un filo raziocinante che cancelli pregiudizi, malintesi e interpretazioni sbagliate. Il Louvre ha appena aperto le nuove sale di arte islamica che vogliono essere, nell'intento dei due architetti Mario Bellini e Rudy Ricciotti, «un messaggio di pace e dialogo perché l'arte è un terreno neutro di incontro tra i popoli».

Nel Paese, la Francia appunto, dove esiste la più nutrita comunità musulmana d'Europa. Ma siccome il supposto scontro di civiltà ha come epicentro il ruolo della donna e come terreno (ideale e fisico) di "conquista" il suo corpo, il simbolo più evidente di questa volontà di ripresa di confronto è la mostra all'Istituto del mondo arabo di Parigi sulle "Mille e una notte".

L'enorme numero di visitatori che ha registrato da fine novembre e l'interesse suscitato sono il barometro più efficace di una sete di sapere che vada oltre lo stereotipo. Si può disquisire a lungo se quel mondo di magia, luce, sensualità che pervade le pagine del libro sia, almeno in parte, una proiezione occidentale di cosa doveva essere l'esotismo orientale. Ma di certo, al Cairo come a Damasco, come in tutte le metropoli del mondo arabo, i tentativi dei gruppi fondamentalisti di vietare il libro, nelle sue varie versioni, testimoniano l'enorme presa che ha avuto e avrebbe ancora tra i potenziali lettori, se non fossero ossessionati dalla paura di leggerlo o discuterne in pubblico.

E non è forse, quella vasta area, il luogo dove si registrano le più alte vendite di Viagra e prodotti consimili, a testimonianza di un rapporto con la sessualità molto più avanzato della vulgata corrente? Rincara Malek Chebel, antropologo delle religioni, filosofo algerino e autore tra l'altro del "Dizionario amoroso delle Mille e una Notte" e che ha appena dato alle stampe "Islam, de chair et de sang" (edizioni Librio) e "Changer l'Islam" (Albin Michel): «Basta andare a Casablanca, Beirut, Alessandria, Amman o Tunisi, per trovare dei negozi di lingerie sexy davanti ai quali accorrono frotte di donne».

Nelle "Mille e una notte" ci sono tutte le forme di amore e di sesso immaginabili dalla mente umana: orge, omosessualità, bisessualità, sadomasochismo, feticismo, narcisismo, travestimenti, persino zoofilia, sono materia corrente gli usi di afrodisiaci e droga. Entrando nella prima sala della mostra al libro dedicata l'atmosfera è misteriosa, la grande sala a pianterreno immersa nell'oscurità. Sapientemente illuminati, sparsi qua e là, ci sono estratti, notizie sul libro. Il manoscritto di origini indo-persiane (VIII secolo) è anonimo.

La prima versione europea è francese e risale al 1704, firmata da Antoine Galland. Fu subito un successo che ha conosciuto aggiunte, soppressioni e manomissioni, insomma, come se fosse masteria viva, non ha mai messo di evolversi. Perché, come dice lo scrittore e professore universitario marocchino Abdelfattah Kilito, «se mille libri sono stati all'origine delle Notti, le Notti sono state all'origine di mille libri».

Il pretesto delle "Mille e una notte" è la sete di vendetta del sultano Shahriyar che, scoperto il tradimento della propria moglie, la fa uccidere e decide che sposerà ogni giorno una vergine con cui passerà la notte per eliminarla la mattina seguente. Sherazade, figlia del Gran Visir, si offre al sultano e giorno dopo giorno, notte dopo notte, riesce a salvarsi la vita raccontando storie meravigliose di viaggi lontani, città magnifiche, guerre e amori, finché il sultano la perdona, essendosi innamorato di lei. In questo modo Sherazade ferma il circolo vizioso dell'eccidio femminile messo in moto da Shahriyar e salva la vita ad altre donne. E da sempre, questo personaggio così lontano dagli stereotipi della letteratura, è al centro di dibattiti e interpretazioni.

Nel piano superiore, il vero fulcro della mostra, ci sono molti disegni o quadri che rendono omaggio alla bellezza delle protagoniste delle novelle. Come il logo scelto per la mostra, un acquarello di George Barbier che ritrae una discinta Zobeida ai cui piedi si getta a torso nudo un "Nègre d'or": il dipinto è stato ispirato dal balletto "Sherazade" che fu rappresentato a Parigi nel 1910 da Ida Rubinstein e Vaslav Nijinski.

Per Malek Chebel, membro del Comitato scientifico dell'Istituto del mondo arabo, Sherazade è un'eroina senza tempo e assolutamente moderna, colta (ha letto mille libri), intelligente, coraggiosa e bellissima: «Rappresenta la parola libera di una donna in una società che libera non è. È il simbolo della rivolta. La sua bellezza rappresenta la potenza della sua libertà, anche se è stata repressa in un mondo arabo antico.

Sherazade è la prima femminista, perché ha capito che ha una sua forza, rigetta il ruolo passivo rispetto alla potenza maschile dove la società voleva relegarla. In realtà lei mostra il cammino della sopravvivenza di tutte le donne». Contemporaneamente «è simbolo di libertà anche per l'uomo. Non posso immaginarmi un uomo libero che possa soddisfare una donna che non lo sia. Non può esserci godimento fisico della donna e dell'uomo senza libertà».

Da qui la critica dello studioso ai «mercanti di religione» che dovrebbero rileggersi un volume alla base della loro cultura: «Il corpo della donna fa paura e gli uomini vogliono controllarlo, mentre l'Islam dice tutto il contrario e cioè che il piacere è permesso. La donna ha sempre spaventato. Per questo l'uomo è diventato misogino e maschilista. L'uomo ha paura della donna perché ha paura del suo desiderio. La donna "abbatte" qualunque uomo, perché il desiderio femminile è più forte di quello maschile».

Il percorso di regressione dell'Islam non data dall'11 settembre o dagli ultimi decenni, è molto più lungo. Chebel lo fa risalire alla caduta dell'impero musulmano in Andalusia: «La società arabo-andalusa era urbana, piena d'inventiva, tollerante e amorosa. Fu distrutta nel Quindicesimo secolo e dimenticata da tutti i radicali islamisti. Da allora abbiamo perso un patrimonio di ricchezza e intelligenza oltre a tutte le battaglie di modernità».

E, quanto al ruolo della donna, si sono imposti due modelli: «C'è la "femme fatale" che seduce e che utilizza tutti i suoi sortilegi per annientare l'uomo. E poi c'è la donna che invece decide e prende in mano le cose. Al momento questi due tipi di donna sono ancora separati: il primo è ancora un modello più orientale, il secondo più occidentale».

Ci vuole tempo per superare i cliché ma l'evoluzione della società è costante e prima o poi ce la faremo: «Un tempo se una donna non poteva avere figli si diceva fosse solo a causa della sua sterilità, quella maschile non era contemplata. Un tempo la poligamia era permessa perché la donna non aveva alcun valore. Oggi la donna viaggia, lavora, è a capo di aziende, a volta guadagna più di suo marito. Come si può pensare di comprare una donna che ha la possibilità di comprare te?».

Sherazade è il possibile punto di partenza di un nuovo inizio. La mostra trascina nell'atmosfera orientale che tanto fa sognare: ci sono gioielli splendidi e attualissimi, anelli portaprofumo, costumi magnifici. Ci sono oggetti di tutte le epoche, tappeti, lampade, ceramiche, statuine. Si entra in contatto con i personaggi magici di Sinbad, Aladino, Alì Babà.Trova spazio anche il cinema italiano: in bella evidenza, nella parte iniziale dell'esposizione, un estratto del film "Il fiore delle Mille e una Notte" di Pier Paolo Pasolini, realizzato nel 1974 e che vinse il Gran Prix speciale della giuria a Cannes. E poi tutti i luoghi del libro, Bagdad è il punto fisso (viene citata 250 volte nel libro), Damasco, la città di passaggio (160), e Il Cairo sono le chiavi basilari.

Ma ci sono anche la Siria, l'Iraq, lo Yemen e avventure di ogni genere: naufragi, viaggi avventurosi in Cina passando per terre misteriose. La guerra e la morte sono temi molto presenti. Sherazade racconta al sultano storie sanguinose e battaglie cruente. Ma è poi esistita davvero? Per Malek Chebel no: «È un personaggio di fantasia. Per questo motivo per me le "Mille e una notte" sono state scritte da una donna. Ci sono elementi precisi che me lo fanno pensare. Per esempio, ci sono molte battaglie nelle sue storie dove le donne vincono.

Non ho mai sentito un uomo raccontare una storia di guerra dove è la donna che vince. E poi come viene raccontata la libido maschile, solo una donna può parlarne così. Una donna o un omosessuale. Ma una letteratura omosessuale non c'era. Le protagoniste si innamorano rapidamente, vivendo dei colpi di fulmine. Anche questo è un aspetto tipicamente femminile: la donna vive un suo sogno, si è innamorata di lui pur avendolo visto una sola volta. Si ammala d'amore: tutti i medici del mondo non riescono a guarirla, salvo l'amore della sua vita. Per me questa è psicologia femminile, altrimenti non ci sarebbe logica».

Se ha il merito di aver suscitato un dibattito, per Chebel tuttavia la mostra è anche un'occasione in parte perduta e lui ne avrebbe apprezzato una versione più spinta: «L'allestimento è stato pensato con una visione europea statica che manca di movimento. Non ci sono sensualità, né trasgressione. È come se fosse stata organizzata per gli adolescenti». E la figura di Sherazade avrebbe dovuto essere imposta con maggiore potenza a monito dei salafiti e di qualunque integralismo. Come dire: ecco, c'è un'araba alle radici del femminismo.

 

 

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