CONG-RESSA - IL PD SI SPACCA SULLE PRIMARIE: FRANCESCHINI E BERSANI VOGLIONO RINVIARLE, MA RENZI NON CI STA

Carlo Bertini per "La Stampa"

Se nei corridoi del Nazareno sempre più spesso in questi giorni si sente dire a Epifani «qui mi sembra di esser l'unico che vuole farlo davvero questo congresso!», è perché il pressing per rinviarlo, sia pure solo tattico, arriva da più parti. Tattico, perché tutti sono consapevoli che «solo se lo chiedesse Renzi» si potrebbero far slittare le primarie di qualche mese, magari in primavera. O addirittura sine die, come propone Fioroni, che sta cercando di convincere Franceschini e Letta a uscire allo scoperto in tal senso per mantenere in vita il governo.

Ma se in pochi credono che l'operazione rinvio possa andare in porto, evocarla e minacciarla ha un suo scopo. «Non sapendo più che rinviare, ora rinviamo il congresso», è lo sfottò del vicepresidente della Camera, il renziano Roberto Giachetti. Conscio come tutti che lettiani, franceschiniani e bersaniani sarebbero propensi a far partire in settembre i congressi di base nei circoli e nelle federazioni, e a far slittare invece la parte nazionale del congresso, cioè l'elezione del segretario.

Anche diversi dalemiani con voce in capitolo, come Danilo Leva, membro della Commissione congresso, premono in tal senso, ma la compagine ex diessina è divisa: Cuperlo e i «giovani turchi», in sintonia con la base del partito, vogliono primarie aperte entro la fine dell'anno, come promesso dal segretario e come preteso dal rottamatore.

Dietro l'ammissione che ci voglia il placet di Renzi per rinviare tutto, però si scorge qualcosa di più: la speranza che il fuoco di sbarramento alzato contro di lui - braccio di ferro sulle regole, isolamento politico - sia un modo per fargli capire che convenga di più anche a lui prendere tempo senza doversi imbarcare di corsa nella sfida per la segreteria.

Come a dire, visto che il sindaco non ambisce a portare la croce della segreteria per più di qualche mese, potrebbe tornare utile anche a lui ritardare l'incoronazione nei gazebo; che magari, non si sa mai, potrebbe finire per coincidere con quella per il candidato premier.

Non è un caso infatti che la Direzione Pd che dovrà votare data e regole del congresso si terrà dopo la sentenza della Cassazione su Berlusconi, cioé il 31 luglio: quando si capirà meglio che piega prenderanno gli eventi in casa Pdl e dunque la stessa legislatura. Lo stesso Letta ha fatto sapere di essere disponibile solo il primo agosto per un «chiarimento politico» in Direzione, che potrebbe dunque essere divisa in due round ravvicinati.

Mercoledì sera il premier però farà in modo di essere presente almeno all'assemblea dei gruppi parlamentari, «per ancorare tutti a un maggiore impegno sul governo ed evitare scollamenti», spiegano i suoi. Ed è in quella sede che si faranno i conti con i maldipancia dei deputati che non ce la fanno più «a tornare a casa ed esser presi a male parole come berlusconiani di complemento», per dirla con un renziano doc.

Ma il vero nodo politico, ammettono gli uomini di Epifani, visto che un accordo sulle regole con Renzi è a portata di mano, è «come riuscire a depotenziare il caos congressuale rispetto al governo».

E se è vero che Epifani vuole convocare primarie aperte entro l'anno, in Commissione Congresso giovedì potrebbe siglarsi il patto da portare in Direzione: ma se in questi giorni si facesse strada l'idea di eliminare dallo Statuto - e non di renderla facoltativa come si è discusso fin qui - la sovrapposizione tra segretario e premier, sarebbe il segnale di rottura: perché «se Renzi capisce che il governo reggerà e che il segretario deve dedicarsi solo al partito, non vorrà più candidarsi...», azzardano i lettiani.

La gara del congresso però attira molti concorrenti, ultimo a farci un pensierino il governatore siculo Crocetta; mentre il primo candidato in ordine di arrivo, Gianni Pittella, è furioso contro bersaniani ed ex Ppi: «Stumpo e Fioroni, vorrebbero non farlo mai il congresso, per non perdere la loro piccola rendita di posizione. Sanno che un congresso aperto li spazzerebbe via».

 

franceschini Renz epifani i BIG Gianni Cuperlo

Ultimi Dagoreport

giovambattista giovanbattista fazzolari vitti

FLASH – ROMA VINCE SEMPRE: IL SOTTOSEGRETARIO FAZZOLARI, DA SEMPRE RISERVATISSIMO E RESTÌO A FREQUENTARE I SALOTTI, ORA VIENE PIZZICATO DA DAGOSPIA NEL “SALOTTO” DI PIAZZA SAN LORENZO IN LUCINA, SPAPARANZATO AI TAVOLI DI “VITTI”, DOVE POLITICI, GIORNALISTI E POTENTONI AMANO ATTOVAGLIARSI (DENIS VERDINI FACEVA LE RIUNIONI LI' E CLAUDIO LOTITO AMA GOZZOVIGLIARE DA QUELLE PARTI, SPILUCCANDO NEI PIATTI ALTRUI) – ANCHE “FAZZO” È ENTRATO NELLA ROMANELLA POLITICA DE “FAMOSE DU’ SPAGHI”: L’EX DIRIGENTE DI SECONDA FASCIA DELLA REGIONE LAZIO CHIACCHIERA CON UN CANUTO SIGNORE DI CUI VORREMMO TANTO CONOSCERE L’IDENTITÀ. I DAGO-LETTORI POSSONO SBIZZARIRSI: HANNO QUALCHE SUGGERIMENTO PER NOI?

giampaolo rossi rai report sigfrido ranucci giovanbattista fazzolari francesco lollobrigida filini

DAGOREPORT – RAI DELLE MIE BRAME: CHIAMATO A RAPPORTO L'AD GIAMPAOLO ROSSI ALLA CAMERA DEI DEPUTATI DOVE SI E' TROVATO DAVANTI, COL DITO ACCUSATORIO, I PLENIPOTENZIARI RAI DEI TRE PARTITI DI MAGGIORANZA: GASPARRI (FI), MORELLI (LEGA) E FILINI (FDI) CHE, IN CORO, GLI HANNO COMANDATO DI TELE-RAFFORZARE LA LINEA DEL GOVERNO - IL PIÙ DURO È STATO IL SOTTOPANZA DI FAZZOLARI. FILINI SPRIZZAVA FIELE PER L’INCHIESTA DI “REPORT” SUI FINANZIAMENTI DI LOLLOBRIGIDA ALLA SAGRA DEL FUNGO PORCINO - ROSSI, DELLE LORO LAMENTELE, SE NE FOTTE: QUANDO VUOLE, IL FILOSOFO CHE SPIEGAVA TOLKIEN A GIORGIA NELLE GROTTE DI COLLE OPPIO, PRENDE IL TELEFONINO E PARLA DIRETTAMENTE CON LA PREMIER MELONI... - VIDEO

giorgia meloni daria perrotta giancarlo giorgetti

FLASH – GIORGIA MELONI HA DETTO A BRUTTO MUSO AL RAGIONERE GENERALE DELLO STATO, DARIA PERROTTA: “QUESTO È UN ESECUTIVO POLITICO E NON TECNICO”. IL CENTRODESTRA HA GIÀ SILURATO IL DG DEL TESORO, ALESSANDRO RIVERA, HA LIQUIDATO L’EX RAGIONIERE BIAGIO MAZZOTTA E HA ACCOMPAGNATO ALL’USCITA IL DIRETTORE DELLE PARTECIPATE, MARCELLO SALA. ORA SE LA PRENDE ANCHE CON LA FEDELISSIMA DI GIANCARLO GIORGETTI, CHE NON È CERTO UNA PERICOLOSA COMUNISTA, NÉ UNA OSTILE “MANDARINA” IN QUOTA “DEEP STATE”. A DESTRA COSA PRETENDONO DA MEF E RAGIONERIA? CHE SIANO USI A OBBEDIR TACENDO? DAVANTI AI TRISTI NUMERI, NON CI SONO IDEOLOGIE O OPINIONI…

donald trump volodymyr zelensky donald trump nobel pace

DAGOREPORT – DONALD TRUMP È OSSESSIONATO DAL NOBEL PER LA PACE: LE BOMBE DI NETANYAHU SU GAZA E I MISSILI DI PUTIN SULL’UCRAINA SONO GLI UNICI OSTACOLI CHE HA DI FRONTE – CON “BIBI” È STATO CHIARO: LA PAZIENZA STA FINENDO, LA TREGUA NON SI PUÒ ROMPERE E NON CI SONO PIANI B, COME HA RICORDATO AL PREMIER ISRAELIANO MARCO RUBIO (IN GRANDE ASCESA ALLA CASA BIANCA A DANNO DI VANCE) – DOMANI L’ACCORDO CON XI JINPING SU DAZI, TIKTOK, SOIA E NVIDIA (E STI CAZZI DI TAIWAN). IL PRESIDENTE CINESE SI CONVINCERÀ ANCHE A FARE PRESSIONE SUL SUO BURATTINO PUTIN? SE NON LO FARÀ LUI, CI PENSERÀ L’ECONOMIA RUSSA AL COLLASSO…

sangiuliano gasdia venezi giuli

SULLA SPOLITICA CULTURALE DELLA “DESTRA MALDESTRA” – ALBERTO MATTIOLI: “CI RENDEMMO SUBITO CONTO CHE DA SANGIULIANO C’ERA NULLA DA ASPETTARSI, A PARTE QUALCHE RISATA: E COSÌ È STATO. GIULI AVEVA COMINCIATO BENE, MOSTRANDO UNA CERTA APERTURA E RIVENDICANDO UN PO’ DI AUTONOMIA, MA MI SEMBRA SIA STATO RAPIDAMENTE RICHIAMATO ALL’ORDINE - CHE LA DESTRA ABBIA PIÙ POLTRONE DA DISTRIBUIRE CHE SEDERI PRESENTABILI DA METTERCI SOPRA, È PERÒ UN FATTO, E PER LA VERITÀ NON LIMITATO AL MONDO CULTURALE - IL PROBLEMA NON È TANTO DI DESTRA O SINISTRA, MA DI COMPETENZA. CHE BEATRICE VENEZI NON ABBIA IL CURRICULUM PER POTER FARE IL DIRETTORE MUSICALE DELLA FENICE È PALESE A CHIUNQUE SIA ENTRATO IN QUALSIASI TEATRO D’OPERA - (PERCHE' SULL’ARENA DI VERONA SOVRINTENDE - BENISSIMO - CECILIA GASDIA, DONNA E DI DESTRA, SENZA CHE NESSUNO FACCIA UN PLISSÉ?)’’

alessandro giuli pietrangelo buttafuoco arianna giorgia meloni beatrice venezi nicola colabianchi nazzareno carusi tiziana rocca giulio base

''L’ESSERE STATI A CASA MELONI O DI LA RUSSA NON PUÒ ESSERE L’UNICO O IL PRIMO REQUISITO RICHIESTO PER LE NOMINE CULTURALI’’ - LETTERA A DAGOSPIA DI PIERLUIGI PANZA: “SONO TRA LE ANIME BELLE CHE QUANDO GIORGIA MELONI HA VINTO LE ELEZIONI HA SPERATO CHE, AL POSTO DEL PLURIDECENNALE AMICHETTISMO ROMANO DI SINISTRA SI AVVIASSE UN METODO, DICIAMO SUPER-PARTES, APERTO (MAGARI ANCHE SOLO PER MANCANZA DI CANDIDATI) E TESO A DELINEARE UNA CULTURA LIBERALE LEGATA AL PRIVATO O ALLE CONFINDUSTRIE DEL NORD… POVERO ILLUSO. IL SISTEMA È RIMASTO LO STESSO, APPLICATO CON FEROCE VERIFICA DELL’APPARTENENZA DEL CANDIDATO ALLA DESTRA, MEGLIO SE ROMANA DI COLLE OPPIO, PER GENEALOGIA O PER ADESIONE, MEGLIO SE CON UNA PRESENZA AD ATREJU E CON UN LIBRO DI TOLKIEN SUL COMODINO - LE NOMINE DI GIULI, BUTTAFUOCO, CRESPI, VENEZI, COLABIANCHI, BASE & ROCCA, IL PIANISTA NAZARENO CARUSI E VIA UNA INFINITÀ DI NOMI NEI CDA, NELLE COMMISSIONI (IN QUELLA PER SCEGLIERE I 14 NUOVI DIRETTORI DEI MUSEI C’È SIMONETTA BARTOLINI, NOTA PER AVER SCRITTO "NEL BOSCO DI TOLKIEN, LA FIABA L’EPICA E LA LINGUA")