
PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…
DAGOREPORT
giorgia meloni - conferenza per la ricostruzione dell ucraina a roma
Sbarrati gli occhioni, serrate le mascelle, la “Thatcher della Garbatella” lo sostiene da cinque mesi ai suoi meloncini: le prossime elezioni regionali in Veneto, Toscana, Marche, Campania e Puglia (più Valle d’Aosta), saranno un test stradecisivo per il futuro della maggioranza di governo.
Al di là delle rilevazioni spesso “amiche” o fallaci, scodellate dai sondaggi, i risultati che usciranno dalle urne, al di là della vittoria e della sconfitta in questa o quella regione, serviranno finalmente a pesare i veri rapporti di forza all’interno della coalizione che sostiene da tre anni l’esecutivo della Sora Giorgia.
FRANCESCO ACQUAROLI GIORGIA MELONI
Una spia che il vento non spiri a favore delle magnifiche sorti dell’Armata Branca-Meloni, arriva dalle voci di via della Scrofa che vogliono anticipare al 20 settembre il voto nelle Marche, regione attualmente governata dal meloniano Acquaroli che rischia seriamente di tornare a pascolare (il candidato Pd, Matteo Ricci, è in leggero vantaggio nei sondaggi).
Un escamotage per togliere allo sfidante Ricci, settimane preziose di campagna elettorale per consolidare ancor di più il suo consenso.
Un’”anomalia” bella e buona, visto che nella storia repubblicana la Democrazia cristiana, per cinquant’anni al governo, aprire le urne in autunno o a inizio anno è rischioso.
Il motivo è semplice: dopo le ferie d’agosto e i bagordi delle festività natalizie, gran parte degli italiani controllano ciò che è rimasto in tasca e su conte e s’incazzano: non un buon viatico per invitarli a votare.
Il grande fantasma che aleggia sui capoccioni del Governo di destra-centro si chiama Luca Zaia: il “Doge”, che ce l’ha a morte con Salvini per non aver combattuto per niente per il suo terzo mandato, ancora non ha deciso se presentare una sua lista alle regionali in Veneto.
Di certo, dopo che il governatore ha raccolto oltre 100 mila firme per il terzo mandato alle numerose schiere dei leghisti di stanza a tra Venezia, Verona e Treviso, non voteranno per il candidato che vorrebbe imporre Giorgia Meloni, cioè il destrorso Luca De Carlo.
Se presentasse una sua lista, Zaia è convinto di poter ottenere il 40-45% dei voti. E visti i risultati delle ultime tornate in Veneto (nel 2020, la sua lista prese il 44,57%), c’è da scommettere che sia vero.
Per non alienarsi il sostegno di Zaia, Meloni deve rinculare dall’ambizioso proposito di mettere la bandierina di Fratelli d’Italia in una Regione tradizionalmente leghista. Dovrebbe concedere al governatore il privilegio di scegliere il suo successore.
Una mossa che garantirebbe la vittoria del centrodestra in Veneto, ma ridimensionerebbe l’approccio del “Qui comando io!” spesso brandito da Giorgia Meloni per silenziare il dissenso della sua coalizione.
Se la Ducetta di Palazzo Chigi ha le sue rogne con i due alleati di governo, la Ducetta del Nazareno le rogne se le va a cercare, affamata come una jena di appropriarsi arbitrariamente del baraccone del partito democratico.
In preda a un misto di arroganza, tenacia e paraculaggine, la segretaria con tre passaporti e una fidanzata, ma senza una corrente al seguito quando fu issata dal “genio” di Franceschini al Nazareno, ha pian piano, tenacente, giorno dopo giorno, messo su un inner circle di fedelissimi.
VINCENZO DE LUCA VS ELLY SCHLEIN - ILLUSTRAZIONE IL FATTO QUOTIDIANO
L’illusione del potere, si sa, è peggio del potere stesso, e quando, in vista delle regionali, Mart-Elly ha afferrato la falce per tagliare la testa del “Biden del Lungarno”, Eugenio Giani, che ha stravinto le regionali in Toscana cinque anni fa e che ora è il Governatore di centrosinistra più amato d’Italia. Mentre i suoi Pd-Elly non raccattano un voto nemmeno tra i parenti prossimi.
Questo è il mal sottile che angoscia la signorina bolognese: je rode ammettere che i candidati del Pd dati per vincenti alle regionali sono tutti dotati di un sano pedigree riformista e catto-dem (Decaro, Giani, De Luca, Ricci), tutti distanti anni luce dalla sua dottrina da gruppettara ritardata agli anni ‘70.
Certo, deve imporre un suo candidato per legittimare la sua leadership, ma il tentativo di impossessarsi arbitrariamente del partito e delle candidature, nascosto sotto la scusa di trovare candidati in armonia con M5s e AVS, è destinato a fallire: Giani, in ragione della sua forza elettorale, resterà il candidato del centrosinistra in Toscana.
Non va meglio in Campania, dove l’armocromista Elly distingue i colori ma non i cavalli dai ronzini, e si è impuntata per concedere a Conte la candidatura a governatore di Roberto Fico, impipandosene del parere dell’uomo forte dei dem in Regione, Vincenzo De Luca.
antonio decaro cado dalle nubi meme
Davanti a tanta ottusità, si è materializzata una telefonata del saggio Gaetano Manfredi, a Elly, con cui il sindaco di Napoli ha detto papale papale alla sua segretaria: senza il sostegno di De Luca, perdiamo.
Persino davanti a un’amara verità, Elly ha fatto orecchie da mercante scaricando la responsabilità su Giuseppe Conte, contrario alla candidatura di un suo ex ministro, Sergio Costa, perché gradito a De Luca.
Il povero Manfredi, che non brillerà per carisma ma ha un acume politico ha dovuto sventolare la cruda legge dei numeri: cara Elly, ma in Campania chi pesa di più, Fico o De Luca?
Problemi meno gravi, ma comunque fastidiosi, il Nazareno li registra anche in Puglia, dove il candidato in pectore, Antonio Decaro, non gradisce l’attivismo del governatore uscente, Michele Emiliano, suo ex padrino politico, che smania per candidarsi come consigliere regionale.
Decaro non vorrebbe ritrovarsi quel mandrillone dell’ex magistrato in Consiglio: sarebbe per lui una presenza ingombrante che rischia di togliergli legittimità perché molti, tra i dem, e anche nell’opposizione, finirebbero per considerare Emiliano il “vero” governatore. Ma alla fine, l’ex sindaco di Bari sarà costretto a ingoiare l’amaro calice.
Amorale della favola: ascoltate Giorgia per una volta! Queste regionali non vanno prese sottogamba perché si riveleranno un turning point della politica del Belpaese.
michele emiliano antonio decaro
i vecchi post di luca de carlo su zio benny e casapound 3