
PERCHÉ LE BORSE VOLANO NONOSTANTE IL “DAZISMO” DI TRUMP E LE PREVISIONI NEFASTE? – BILL EMMOTT: “I MERCATI FINANZIARI SEMBRANO ESSERSI STABILIZZATI PERCHÉ LE DICHIARAZIONI E LE AZIONI DI TRUMP RIGUARDANTI I DAZI SONO DIVENTATE MENO IMPREVEDIBILI E PERCHÉ L’ECONOMIA DEGLI STATI UNITI CONTINUA A CRESCERE A RITMO SOSTENUTO. I MERCATI SEMBRANO SUPPORRE CHE, QUANDO TUTTE LE TRATTATIVE SI SARANNO CONCLUSE, I DAZI FINIRANNO CON L’AGGIRARSI INTORNO AL 10 PER CENTO. ALZERANNO I PREZZI IN AMERICA, MA NON AL PUNTO DA SUSCITARE PREOCCUPAZIONI PER L’INFLAZIONE…”
Estratto dell’articolo di Bill Emmott per “La Stampa”
Mancano ancora pochi giorni alla scadenza del 9 luglio fissata da Donald Trump per i negoziati, ma i probabili termini degli scambi commerciali transatlantici per i prossimi tre anni sono già abbastanza chiari.
Ai politici come Friedrich Merz, Giorgia Meloni e l’«uomo dei dazi», il presidente Trump stesso, piace pensare di essere loro a decidere le tariffe doganali e a fissare altre regole commerciali, e naturalmente in effetti hanno un’influenza sui particolari. Quest’anno, però, i veri “powerbroker” sono stati i mercati finanziari.
DONALD TRUMP MOSTRA LA TABELLA CON I NUOVI DAZI
Questo conta, perché i commerci transatlantici hanno un’importanza fondamentale per le economie europee e globali. Nel 2024, gli scambi commerciali di beni e servizi tra Stati Uniti e Unione europea hanno raggiunto l’enorme volume complessivo di 1.680 miliardi di euro, più o meno il doppio di quelli tra Usa e Cina.
[…] Quando il 2 aprile ha annunciato platealmente la sua decisione di voler imporre dazi elevati alle importazioni da circa duecento Paesi, quando in seguito ha continuato a cambiare idea sulle percentuali dei dazi e li ha “messi in pausa” mentre proseguivano i negoziati, il mercato azionario degli Stati Uniti è crollato, e così pure hanno fatto sia il dollaro americano sia il vasto mercato obbligazionario statunitense. Per alcune settimane, è sembrato quasi che i mercati finanziari potessero fungere da freno alle sue azioni.
Adesso, tuttavia, i mercati finanziari hanno recuperato il loro sangue freddo. Il mercato azionario americano è tornato ai massimi storici. I mercati obbligazionari americani, che determinano i costi di finanziamento a lungo termine per il governo americano e le imprese americane, si sono stabilizzati, placando i timori di una nuova crisi finanziaria.
Ciò è accaduto malgrado l’approvazione da parte del Congresso degli Stati Uniti questa settimana della maxi-legge di bilancio di Trump […]
DONALD TRUMP CONTRO L EUROPA - VIGNETTA BY ELLEKAPPA
I mercati finanziari sembrano essersi stabilizzati perché le dichiarazioni e le azioni di Trump riguardanti i dazi sono diventate meno imprevedibili e perché l’economia degli Stati Uniti continua a crescere a ritmo sostenuto.
I mercati sembrano supporre che, quando tutte le trattative si saranno concluse, i dazi sui prodotti di importazione finiranno con l’aggirarsi intorno al 10 per cento per i Paesi ricchi (come già concordato con il Regno Unito), intorno al 20 per cento per quelli più poveri che dipendono dalle esportazioni (come concordato la settimana scorsa con il Vietnam), e intorno al 30-50 per cento per la Cina. Gli investitori sembrano ammettere che questi dazi alzeranno i prezzi in America, ma non al punto da suscitare preoccupazioni per l’inflazione.
effetto dei dazi di trump sui mercati
I negoziatori dell’Unione europea ufficialmente sperano ancora che i mercati finanziari si sbaglino e di poter spuntare dazi assai inferiori per gli scambi commerciali tra Ue e Usa, forse addirittura nessuno.
La speranza si regge sulla tesi che, anche se ha un surplus commerciale enorme con gli Stati Uniti – 198 miliardi di euro nel solo 2024 –, principale causa di recriminazione per Trump, l’Ue ha anche un grande deficit di 148 miliardi di euro nel commercio di servizi, grazie alla dipendenza delle economie europee dai colossi tecnologici americani. Lo squilibrio complessivo tra Ue e Usa, sostengono, è di appena 50 miliardi di dollari di surplus.
Se i mercati finanziari fossero rimasti instabili, i negoziatori dell’Ue avrebbero avuto un’opportunità per realizzare i loro sogni. Adesso, invece, nel migliore dei casi sperano di uguagliare i dazi del 10 per cento della Gran Bretagna […]
Ai fini del perseguimento di questo risultato, il loro migliore alleato potrebbe rivelarsi l’aumento del 10 per cento del valore dell’euro rispetto al dollaro che si è verificato quest’anno fino a questo momento, perché questo dovrebbe rendere le autorità americane del commercio più fiduciose nel fatto che anche il piccolo squilibrio nel commercio transatlantico complessivo sta per essere rimosso. Un aumento del 10 per cento dell’euro sommato a tariffe doganali del 10 per cento dovrebbe rendere i produttori americani di gran lunga più competitivi rispetto a quelli europei.
SOSTENITORE DI TRUMP A WALL STREET
Tutto questo basterà ad accontentare Trump? Il presidente americano cercherà di fare il bullo con i governi europei e di costringerli a fare concessioni maggiori, perché farlo è nella sua natura, soprattutto in un periodo in cui i suoi successi nella guerra all’Iran e nell’approvazione della sua legge di bilancio lo fanno sentire potente.
[…]
Molti governi europei temono che dazi del 10 per cento in America possano danneggiare la già debole economia europea. In verità, è improbabile che facciano una grande differenza. La crescita dell’euro potrà arrecare danni anche ad alcuni esportatori ma, riducendo i prezzi delle importazioni e di conseguenza l’inflazione, l’euro aiuterà la Banca Centrale Europea a tagliare di nuovo i tassi di interesse. Se tale trend dovesse proseguire, anche i prezzi in calo delle materie prime energetiche sosterranno il tenore di vita europeo e ridurranno i costi per le industrie.
donald trump e la guerra dei dazi
Il fatto fondamentalmente è semplice: per controbilanciare la debole domanda a casa loro, le aziende europee non possono più fare affidamento su una vigorosa domanda del mercato americano. Se l’economia europea deve crescere, deve farlo in virtù di riforme che stimolino gli investimenti privati, con un contributo proveniente dall’espansione in Germania degli investimenti pubblici, e in virtù dell’espansione delle esportazioni in Paesi diversi dagli Stati Uniti. Questa non è deglobalizzazione, ma potrebbe benissimo rivelarsi deamericanizzazione.
DONALD TRUMP E I WALL STREET - VIGNETTA BY ALTAN
MAIN STREET VS WALL STREET - VIGNETTA