1. ECCO IL PIANO DEL ROTTAMATORE CONTRO LA CASTA DEL PD BY BERSANI & FRANCESCHINI: PARTITO DEI SINDACI CHE VINCONO LE ELEZIONI E ALLEANZA COI DALEMIANI 2. BAFFINO-BLITZ PER FAR CADERE IL GOVERNO LETTA E LANCIARE MATTEUCCIO A PALAZZO CHIGI: A OTTOBRE RITORNO AL MATTARELLUM COL VOTO DEI GRILLINI IN LIBERA USCITA 3. ALLE AMMINISTRATIVE VINCE IL MODELLO RENZI: NIENTE SIMBOLO PD E ADDIO AL ROSSO 4. I BERSANIANI REDIVIVI CON IL 16 A ZERO VOGLIONO LA VENDETTA: DOCUMENTO ANTI-RENZI E BATTAGLIA PER PIAZZARE STUMPO A CAPO DELLA COMMISSIONE CONGRESSO 5. DA BETTINI A FIORONI, IL CORRENTONE CONTRO IL ROTTAMATORE PUNTA SU ZINGARETTI

1 - MODELLO RENZI: ROSSO ADDIO, SOLO IL ROTTAMATORE COME TESTIMONIAL, ECCO COME IL PD E' TORNATO A VINCERE LE ELEZIONI
Jacopo Iacoboni per "La Stampa"


«Il Pd non si intesti questa vittoria», ha avvisato il sindaco di Firenze già lunedì sera, in tv. «Il lavoro è il lavoro nostro, prima che del partito», spiegava ieri mattina Giovanni Manildo davanti a Ca' Sugana, sede del comune di Treviso appena sottratto alla Lega dopo 19 anni di era Gentilini. 
Ecco, è come se a Treviso, Brescia, Imperia, Siena, nella stessa Roma, i sindaci del Pd avessero maturato l'idea che si può vincere, ma quasi smarcandosi dal Pd, un parente di cui ci si vergogna forse un po'.

Volete sapere che cosa avevano in comune Manildo, appunto, e Emilio Del Bono a 
Brescia, o Carlo Capacci a Imperia, e persino un sindaco assai diverso da loro, Ignazio Marino a Roma? Per vincere hanno scolorito l'appartenenza, diluito la pesantezza politica del voto. Marino lo diceva fin dagli slogan (a parte il «daje»), «non è politica, è Roma». Convinzione che si è tradotta un po' in tutti i vincitori in uno stratagemma elementare: il simbolo del Pd non compariva nei siti delle campagne elettorali o negli spot (chi li ha fatti), era quasi assente negli slogan (tranne che nella campagna di Siena, ma ci torneremo).

Insomma, in questo sono stati tutti super-renziani; 
non c'era il logo del Pd, nello show del Renzi delle primarie. Lo slogan in quasi tutti è stato «cambiare», o almeno darne l'idea. Manildo ha sottolineato l'inclusione («Il sindaco di tutti i trevigiani», «con me tutti i trevigiani saranno il sindaco»), ma anche la partecipazione, con concessione lessicale all'espressione «beni comuni», ossia, strizzatina d'occhio a tutto il mondo-Pisapia, la sinistra partecipata e dal basso, trasversalità, non solo neocentrismo democristiano.

I colori di Manildo erano l'azzurro tenue (dello scout), l'arancione (della democrazia dal basso), il giallo e il verde, al limite il rosa. Le magliette, azzurre e col logo di Superman, «superManildo». Il messaggio chiave di Renzi è diventato uno slogan, un sms con un semplice «dai che a Treviso ce la facciamo».

Così come Del Bono a Brescia puntava su un «cambiare si deve», due soli colori for- 
ti, il blu e il rosso, assieme al forte ambientalismo di «respiriamo»; e Carlo Capacci - che a Imperia ha sommato al centrosinistra anche un pezzo di centrodestra anti Scajola - proponeva «cambiamo insieme Imperia», oppure «il vento è girato davvero», e Ignazio Marino «liberiamo Roma». Al nord hanno accettato come testimonial in campagna elettorale solo Renzi, un po' di Serracchiani o Civati; poco si sono viste le facce - poniamo - di D'Alema, dei turchi, di Bersani.

A Roma Marino ha speso, oltre alla sua, solo due immagini non casuali: Serracchiani e Pisapia. Soltanto Valentini, a Siena, ha usato nei cartelloni il logo del partito e lo sfondo rosso; ma Siena è Siena; e Valentini aveva il problema di dover tenere comunque insieme una strana alleanza in cui lui, renziano sia pure dell'ultima ora, firmava una tregua con l'area Ceccuzzi, l'ex sindaco della giunta dimissionaria. Si vince così, magari perdendo voti; oppure, come in Sicilia, con tantissime liste civiche che affiancano quella ufficiale del Pd. Sono tempi strani. Bisogna sapercisi muovere come in un Vietnam della politica. Mimetizzandosi.

2 - D'ALEMA PREPARA IL BLITZ PER FAR CADERE IL GOVERNO A OTTOBRE: RITORNO AL MATTARELLUM IN ACCORDO COI GRILLINI
Monica Guerzoni per "Il Corriere della Sera"


«Se a ottobre i saggi non avranno trovato un accordo per cambiare il Porcellum, io sono per fare una legge per tornare al Mattarellum, con chi ci sta». L'avvertimento arriva da Massimo D'Alema, intervistato da Lilli Gruber a Otto e mezzo. E quando la conduttrice gli fa notare che una simile mossa del Parlamento tirerebbe giù il governo, l'ex premier conferma il rischio: «Quagliariello ha detto che se fra quattro mesi i saggi non hanno una proposta è tanto meglio andare a casa e io condivido perfettamente...».

A Palazzo Chigi l'intervista non è passata inosservata, anche per i «consigli» che il già presidente del Pd ha offerto a Matteo Renzi, con il quale ha ripreso a parlarsi: «È una personalità fortissima, ha una grande forza di attrazione del consenso, ma se fossi nei suoi panni doserei meglio le mie forze, non starei tutti i giorni sui giornali...».

Consiglio numero due: dotarsi di un profilo internazionale. Numero tre: approfondire i grandi temi della vita del Paese. «Ora Renzi è uno straordinario comunicatore, ma se fa crescere la sua statura potrebbe essere la guida del Paese e avremmo risolto il problema della leadership». Parole che, c'è da giurarci, i democratici analizzeranno con la lente d'ingrandimento, per capire se davvero si tratti di un «endorsement» o di un «trappolone».

Il cuore del ragionamento dalemiano è che il Pd ha bisogno di un leader forte, ma anche di un gruppo dirigente autorevole e riconoscibile: «Io e Veltroni siamo stati sostanzialmente cacciati, ma non mi pare che la situazione sia migliorata in modo travolgente». Ruggini e vecchi rancori che rischiano di riaffiorare in vista del Congresso. 
I bersaniani giurano che «nessuno vuole fregare Renzi».

Ma ormai è chiaro che pochi fra i dirigenti siano disposti a consegnare il Pd, chiavi in mano, al sindaco di Firenze. La vittoria di Marino a Roma ha rafforzato Zingaretti e ora il presidente del Lazio medita seriamente di scendere in campo al Congresso, in chiave anti Renzi. «Sarebbe una candidatura di grande autorevolezza e prestigio», lo incoraggia Fioroni.
La battaglia delle regole sarà cruciale. Epifani ha convocato per lunedì la commissione congresso ed è già braccio di ferro su chi dovrà guidarla.

Al Nazareno ritengono che il candidato naturale sia Nico Stumpo, l'ex responsabile dell'Organizzazione al quale Renzi non vuole affidare le regole del gioco perché «è un po' come mettere Dracula in un centro Avis». E così i renziani, in asse con i dalemiani, provano a stopparlo proponendo che a presiedere il tavolo sia Roberto Gualtieri, eurodeputato autorevole molto vicino all'ex premier. «Qui non c'è nessuno che vuol fregare nessuno - assicura il bersaniano Davide Zoggia -. Siamo tutti della stessa squadra, regole e tempi del Congresso andranno bene a tutti».

Eppure i renziani non sono tranquilli e scaldano i motori. Il 22 e 23 giugno si riuniranno a Torino per un workshop autofinanziato con i parlamentari più vicini al sindaco (Bonafè, Boschi, Giachetti...).
Gli avversari di Renzi, che a Roma ha visto il ministro Delrio, la leggono come una riunione di corrente e si preparano a contrastarlo. Prima mossa: separare da Statuto la figura del segretario da quella del candidato a Palazzo Chigi. Se Renzi è contrario, per Fioroni le due candidature «devono essere distinte». E Bersani è ancora più netto: «Combatterò strenuamente per evitare che il Pd scivoli su un modello personalistico. Non si può scimmiottare chi fa il pifferaio e parla solo in base ai sondaggi».

3 - I BERSANIANI CHIAMANO GLI EX DS, MA D'ALEMA BENEDICE RENZI
Da "La Stampa"


È una chiamata alle armi in chiave anti-Renzi l'invito che i bersaniani hanno diramato agli ex Ds per un incontro oggi alla Camera. Un evento preparato stilando un documento mirato a fare la "pace"; e preceduto da una serie di riunioni della corrente dell'ex segretario. Ma l'area ex Ds è divisa e la presenza di «giovani turchi» e dalemiani non sarà massiccia.

«Hanno capito che sono isolati e vogliono uscire dall'angolo», commenta l'iniziativa un dalemiano doc. Bersani è tornato alla riscossa e si è lanciato contro i «partiti leaderistici e personali», con chiaro riferimento al rottamatore. Invece a Otto e Mezzo, D'Alema ha usato ben altre parole: «Il Pd ha bisogno di costruire una forte leadership. Certo con Renzi abbiamo ripreso a discutere. incontrato, ho cercato di dargli dei consigli. È una personalità fortissima con una grande forza di attrazione del consenso, se fossi in lui doserei meglio le mie forze e lavorerei sul profilo internazionale: se fa crescere la sua statura come uomo di governo e uomo di stato, può essere la guida del paese e avremmo risolto il problema della leadership.


 

Marino urla Daje MATTEO RENZIBERSANI E DALEMA SBIRCIATINA ALLUNITA serracchiani default GIULIANO PISAPIA WALTER VELTRONI NICO STUMPOSimona BonafèGIUSEPPE FIORONI

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni pro palestina manifestazione sciopero

DAGOREPORT – GIORGIA MELONI QUESTA VOLTA SBAGLIA: SBEFFEGGIARE LA MANIFESTAZIONE PRO PALESTINA È UN ERRORE DI CALCOLO POLITICO. IN PIAZZA NON C’ERANO SOLO I SOLITI VECCHI COMUNISTI IPER-SINDACALIZZATI O I FANCAZZISTI DEL “WEEKEND LUNGO”. TRE MILIONI DI PERSONE CHE IN TRE GIORNI HANNO SFILATO E MANIFESTATO, NON SI POSSONO IGNORARE O BOLLARE COME "DELINQUENTI", COME FA SALVINI. ANCHE PERCHÉ SEI ITALIANI SU DIECI SONO SOLIDALI CON IL POPOLO PALESTINESE – LA DUCETTA È LA SOLITA CAMALEONTE: IN EUROPA FA LA DEMOCRISTIANA, TIENE I CONTI IN ORDINE, APPOGGIA L’UCRAINA E SCHIFA I SUOI ALLEATI FILORUSSI (COME IL RUMENO SIMION, A CUI NON RISPONDE PIÙ IL TELEFONO). MA QUANDO SI TRATTA DI ISRAELE, PERDE LA PAROLA…

mediobanca mps alessandro melzi deril vittorio grilli francesco milleri gaetano caltagirone fabio corsico phillippe donnet alberto nagel

DAGOREPORT - AL GRAN CASINÒ DEL RISIKO BANCARIO, “LES JEUX SONT FAITS"? ESCE DAL TAVOLO DA GIOCO MILANO DI MEDIOBANCA, ADESSO COMANDA IL BANCO DI PALAZZO CHIGI, STARRING IL GRAN CROUPIER FRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE – DAVVERO, ‘’RIEN NE VA PLUS”? MAI STARE TROPPO TRANQUILLI E CANTARE VITTORIA… IN ITALIA PUÒ SEMPRE SPUNTARE QUALCHE MALINTENZIONATO DECISO A GUASTARE LA FESTA DEI COMPAGNUCCI DELLA PARROCCHIETTA ROMANA - A PIAZZA AFFARI SI VOCIFERA SOTTO I BAFFI CHE FRA QUALCHE MESE, QUANDO I VINCITORI SI SARANNO SISTEMATI BEN BENE PER PORTARE A COMPIMENTO LA CONQUISTA DEL "FORZIERE D'ITALIA", ASSICURAZIONI GENERALI, NULLA POTRÀ VIETARE A UNA BANCA DI LANCIARE UN’OPA SU MPS, DOTATO COM’È DEL 13% DEL LEONE DI TRIESTE - A QUEL PUNTO, CHE FARÀ PALAZZO CHIGI? POTRÀ TIRARE FUORI DAL CILINDRO DI NUOVO LE GOLDEN POWER “A TUTELA DEGLI INTERESSI NAZIONALI”, COME È ACCADUTO CON L’OPS DI UNICREDIT SU BANCO BPM, CARO ALLA LEGA? – COME SONO RIUSCITI A DISINNESCARE LE AMBIZIONI DEL CEO DI MPS, LUIGINO LOVAGLIO…

roberto vannacci - giorgia meloni - matteo salvini - meme by edoardo baraldi

GIORGIA MELONI OSSERVERÀ CON MOLTA ATTENZIONE I RISULTATI DELLE ELEZIONI IN TOSCANA, LA PROSSIMA SETTIMANA. NON PERCHÉ SPERA DI STRAPPARE LA REGIONE ROSSA AL CENTROSINISTRA (LA VITTORIA DI GIANI È QUASI CERTA), QUANTO PIUTTOSTO PER “PESARE” LA LEGA DI SALVINI – LA TOSCANA È DIVENTATA TERRA DI CONQUISTA DELLE TRUPPE DEL FASCIO-LEGHISTA VANNACCI. DAL NUMERO DI VOTI CHE PRENDERÀ L’EX PARA' DELLA FOLGORE DIPENDONO LE SORTI DI SALVINI ALLA GUIDA DEL CARROCCIO, E DI CONSEGUENZA IL FUTURO DEL GOVERNO CHE SENZA L'8% DELLA LEGA NON REGGE NON SUPERANDO IL 40%  – FIN QUANDO LA STATISTA DELLA SGARBATELLA NON HA DAVANTI I NUMERI DELLA REALE CONSISTENZA DEL FU TRUCE DEL PAPEETE, CONTINUERA' A SCHIERARSI CON TRUMP E NETANYAHU PER COPRIRSI A DESTRA DALLE MATTANE DEL "CAPITONE" (SI SA CHE GLI ANIMALI FERITI SONO I PIU' PERICOLOSI...)... 

a lume di candela andrea giambruno pier silvio berlusconi

DAGOREPORT - PER L’EX SIGNOR MELONI, L'ARZILLO ANDREA GIAMBRUNO, SI AVVICINA IL RITORNO IN VIDEO ALLA CONDUZIONE DI "STUDIO APERTO" – UN BEL PASSO INDIETRO PER IL FANATICO DELL'AMMUCCHIATA CHE ORA SARÀ BEN "INGABBIATO", LIMITANDOSI A LEGGERE LE NOTIZIE SUL "GOBBO, EVITANDO COSI' QUEI COMMENTI E OPINIONI PERSONALI A CUI CI AVEVA SOLLAZZATO DURANTE LA CONDUZIONE DI "DIARIO DEL GIORNO" - IL CASO "TG2POST" CHE AFFONDA IL PRIME TIME DI RAI2  – ENZO MICCIO E IL VECCHIO POST DI GIORGIA MELONI DEDICATO AL NUOVO CO-CONDUTTORE DI "DOMENICA IN" - BOLLE IN RAI IL RITORNO DI FLAVIO INSINNA - INDOVINELLO: IL GIORNALISTA LUDOPATICO HA ACCUMULATO DEBITI PER IL POKER. DI CHI SI TRATTA? - VIDEO

benjamin netanyahu donald trump hamas

DAGOREPORT: BYE BYE “BIBI” – I CEFFONI RIFILATI DA TRUMP A NETANYAHU SONO IL SEGNALE CHE IL PREMIER ISRAELIANO È AL CAPOLINEA POLITICO: COME I MILIZIANI DI HAMAS, OTTERRÀ UN SALVACONDOTTO (LA GRAZIA DAI SUOI PROCESSI) E POI SARÀ SPEDITO AI GIARDINETTI. NON SARÀ LUI A GESTIRE IL LUNGO PROCESSO DI PACE CHE SEGUIRÀ AL CESSATE IL FUOCO – L’ERRORE DI “BIBI” È STATO BOMBARDARE IL QATAR, CHE HA PRETESO DAGLI USA UN SIMIL-ARTICOLO 5 (CHI COLPISCE DOHA, COLPISCE L’AMERICA) – I PRESUNTI DOSSIERINI SU TRUMP BY EPSTEIN, IN MANO A ISRAELE? DISINNESCATI DAL TYCOON: DI FRONTE ALLA PACE, COS’È MAI UN’AMMUCHIATINA DI TRENT’ANNI FA? – IL SÌ DEI PAESI MUSULMANI, CHE SOGNANO UN PEZZO DELLA RICCA TORTA DEGLI INVESTIMENTI SU GAZA, IL RITORNO DEGLI USA SULLA SCENA MEDIORIENTALE, LE RICHIESTE DI HAMAS E I CONSIGLI DI TRUMP A NETANYAHU: “VOGLIONO BARGHOUTI? DAGLI BARGHOUTI. AL MASSIMO, L’AMMAZZI DOPO…”

donald trump zohran mamdani

FLASH – TRUMP HA VISTO I SONDAGGI SULLE ELEZIONI PER IL SINDACO DI NEW YORK ED È TRASECOLATO. IL MILLENNIAL ZOHRAN MAMDANI, CHE HA TRIONFATO ALLE PRIMARIE DEMOCRATICHE E VELEGGIA SERENO VERSO LA VITTORIA (SECONDO I SONDAGGI, SFIORA IL 50% E DOPPIEREBBE L’EX GOVERNATORE ANDREW CUOMO). IL TYCOON NON SI È PERSO D’ANIMO: HA SGUINZAGLIATO L’FBI PER SCAVARE A FONDO SUL PASSATO DEL SOCIALISTA MUSULMANO. COME PER IL FINTO CERTIFICATO DI NASCITA DI OBAMA, QUALCOSA SI TROVA SEMPRE. ALTRIMENTI SI CREA…