IL GOVERNO CHE VERRA’ – LA PREMIATA SCUDERIA BERSANI È UN LIOFILIZZATO CATTO-COMUNISTA QUATTRO STAGIONI - PRODI AL QUIRINALE, D’ALEMA AGLI ESTERI E VELTRONI ALLA CULTURA - POI DENTRO UN MIX DI BERSANIANI: ERRANI, BARCA, FASSINA, GOTOR ALLA CULTURA, ORLANDO, COLANINNO - MONTI ACCETTERA’ MAI DI “RETROCEDERE” A SUPERMINISTRO DELL’ECONOMIA?…

Marco Damilano per "l'Espresso"

Dopo le primarie avanza una creatura mitologica metà persona e metà metafora. Post-comunista e cattolico, con l'accento emiliano, ma con i piedi piantati nel Sud, dove Pier Luigi Bersani ha fatto il pieno. È l'Homo Bersanianus, il volto del Pd uscito vincente contro Matteo Renzi. E Bersani già prepara il suo Squadrone, al governo e al partito, un mix di vecchio (Massimo D'Alema agli Esteri, Walter Veltroni alla Cultura), di usato sicuro e di nuovo. Ecco i nomi di candidati e aspiranti. Con un punto interrogativo: ma Monti ci sarà?

QUIRINALE
Romano Prodi. Il Professore, ufficialmente inviato dell'Onu in Sahel, ha rotto il lungo silenzio sulla politica italiana per votare alle primarie. Per dire che «Renzi ha un futuro», che Bersani «è fortissimo» e che «i veri sconfitti» sono quelli che non volevano le primarie nel Pd, e non c'è bisogno di aggiungere altro: Tutankamon Prodi non dimentica e non perdona. Con il centrosinistra che vede la maggioranza, salgono le sue quotazioni per il Quirinale. Con Bersani il rapporto è ottimo, l'unico ministro a restargli vicino nel momento amaro della caduta. Nel 2013 si può ricostruire un tandem emiliano.

GOVERNO
Vasco Errani. Il presidente dell'Emilia è in testa alla lista di un ipotetico governo Bersani, l'ambasciatore del segretario (con Berlusconi quando governava, con Monti, con Renzi), l'amico più fidato, il suo Gianni Letta. Potrebbe essere il sottosegretario alla presidenza o andare al Viminale.

Fabrizio Barca. Il ministro di Monti più apprezzato da Bersani. Radici familiari nel Pci, formazione tecnocratica, la scorsa settimana ha teorizzato controcorrente che in Italia non si fanno poche riforme: «Il problema è che se ne fanno troppe. Da vent'anni il Paese vive in uno stato di perenne riforma senza visione». C'è chi lo vorrebbe candidare al Campidoglio ma per lui si prepara il ministero dello Sviluppo, o addirittura la poltronissima dell'Economia.

Stefano Fassina. Il responsabile Economia, bestia nera dei liberal Pd alla Pietro Ichino e dei liberisti alla Francesco Giavazzi, convinto della necessità di «rottamare l'agenda Monti». Potrebbe andare al Welfare e Lavoro, al posto della detestata Elsa Fornero.

Miguel Gotor. Romano con padre spagnolo, storico di santi e eretici cinquecenteschi, esegeta delle lettere di Moro e inventore del bersanese come categoria di studio ha guidato il comitato Bersani for premier. Potrebbe diventare ministro dell'Istruzione.

Guglielmo Epifani. L'ex leader della Cgil è stato tra i grandi elettori di Bersani, il tramite con l'organizzazione guidata da Susanna Camusso. Il seggio in Parlamento è sicuro, il posto nel governo possibile.

Emanuele Fiano. Milanese, esponente della comunità ebraica, è il responsabile sicurezza, cura i rapporti con i servizi.

Andrea Orlando. Spezzino, gran navigatore di correnti e di segreterie, da Fassino a Veltroni a Bersani, è il responsabile Giustizia, aspira al ministero di via Arenula.

Francesco Boccia. Combattivo deputato pugliese, area Enrico Letta, spesso in polemica con i giovani turchi (Fassina-Orfini), coltiva stretti legami con imprese, banche e finanza. In corsa per un dicastero economico.

Matteo Colaninno. L'ex presidente dei giovani industriali nel governo ombra di Veltroni fu ministro dello Sviluppo economico, quando il padre guidò la cordata della nuova Alitalia. Conflitto di interessi?

Vincenzo De Luca. Il sindaco di Salerno ha consegnato a Bersani un plebiscito nella sua città, nonostante le critiche feroci contro i giovani di largo del Nazareno: «Fallofori in processione». Potrebbe essere richiamato a Roma come esponente del Sud bersaniano in un ministero di peso: le Infrastrutture.

Paola De Micheli. Ruspante deputata piacentina, come il segretario, da lei difeso con grinta in tv. Qualcuno l'ha definita «l'Amazzone di Bersani». Potrebbe essere ricompensata con un posto di governo.

Laura Puppato. La sfidante alle primarie, più contro Renzi che contro Bersani. Sarà ricompensata: ministro dell'Ambiente.

PARTITO
Matteo Orfini. Il leader dei giovani turchi, nato come braccio destro di D'Alema e cresciuto come aspirante rottamatore da sinistra: «Fuori dal governo chi ha già fatto il ministro negli anni '90 con Prodi», compreso il suo ex capo, diciamo. Lui, l'altro Matteo, prepara la scalata ai vertici del partito.

Roberto Speranza. Lucano, 33 anni, specializzazione alla London School, si definisce «un meticcio bersaniano». Freddo e meticoloso, ha conquistato a trent'anni la segreteria regionale della Basilicata, sconfiggendo la vecchia guardia. Ora è pronto per il palcoscenico nazionale.

Alessandra Moretti. Vice-sindaco di Vicenza, la portavoce di Bersani durante la campagna per le primarie, onnipresente sui media, con il rischio di strafare.

Tommaso Giuntella. Romano, 28 anni, è stato trattato dal vescovo Rino Fisichella come un nostalgico del Pci per aver alzato il pugno chiuso la sera della vittoria di Bersani. Ma il monsignore è fuori strada: Giuntella è cattolico e scout, porta il nome di san Tommaso Moro ed è appassionato di Chesterton, lettura tramandata dal papà Paolo, giornalista del Tg1 prematuramente scomparso.

Nico Stumpo. Massiccio calabrese, l'uomo dei numeri del Botteghino, ha combattuto con i renziani sulle regole e sulle cifre, scatenando l'ironia di Twitter. Per gli estimatori è il Viminale del Pd, per i detrattori è l'apparato fatto persona: Stump-truppen.

Alfredo D'Attorre. Salernitano, laureato in filosofia alla Normale di Pisa, capelli alla Gramsci, si divide tra i saggi sulle «apologie neoliberali della globalizzazione» e lo staff del segretario. Sua la stesura della Carta d'Intenti del Pci, suo il plebiscito di Bersani in Calabria, dove è commissario del Pd.

Miro Fiammenghi. Consigliere regionale dell'Emilia Romagna eletto a Ravenna, amico personale di Bersani, con Errani e Maurizio Migliavacca compone il Tortellino magico, la guardia scelta del leader.

Stefano Bonaccini. Segretario regionale dell'Emilia, all'assemblea del Pd ha difeso la scelta delle primarie indicando la linea, la strada della personalizzazione della sfida, «Pier Luigi deve fare come Hollande. Ha blindato la regione rossa per eccellenza dall'attacco di Renzi, federazione per federazione. Ora potrebbe prendere il posto di Errani alla presidenza.

Maurizio Martina. Segretario del Pd lombardo, 30 anni, nel giro di dodici mesi ha espugnato Palazzo Marino a Milano con Giuliano Pisapia, si è liberato dalla tutela di Filippo Penati, causa guai giudiziari, e ha portato Bersani a vincere in Lombardia, seguito perfino dall'ex rottamatore Pippo Civati. Ora punta al risultato storico: trascinare il centrosinistra alla conquista del Pirellone con Umberto Ambrosoli.

Enrico Gasbarra. A Roma lo chiamano "Erico", in modo sornione, com'è lui. Democristiano formato alla scuola di Vittorio Sbardella, oggi è il segretario del Lazio che ha votato Bersani. In apparenza pigro, in realtà spietato, in corsa per il Campidoglio.

Roberto Gualtieri. Storico dell'Istituto Gramsci, europarlamentare, rappresentante del gruppo socialista nella squadra di negoziatori del Parlamento europeo sull'Unione monetaria, è uno degli ideologi della svolta a sinistra del Pd di Bersani: «Dobbiamo superare la sindrome di Eltsin, la metamorfosi degli ex comunisti in tifosi del mercato».

Antonio Misiani. Deputato di Bergamo, 44 anni, laurea alla Bocconi, è il tesoriere del Pd, il custode delle finanze del partito, erede del mitico Ugo Sposetti.

Aurelio Mancuso. Ex presidente dell'Arcigay, in estate durante un'infuocata assemblea aveva consegnato a Bersani la tessera del Pd per protestare contro il documento sulle unioni civili considerato timido. Poi si è riscoperto paladino del bersanismo.

Francesca Puglisi. Marchigiana, 42 anni, è la responsabile Scuola del partito. Esordio politico a 25 anni, quando fu chiamata a organizzare i giovani dell'Ulivo di Prodi.

Sandra Zampa. Giornalista, deputata, portavoce di Prodi, ha guidato i comitati Bersani a Bologna, la città del Professore, dove il segretario al ballottaggio è volato al 65 per cento. Capofila con Giulio Santagata dei prodiani per Bersani, merce pregiata negli scaffali del supermarket democratico.

Fausto Raciti. Leader dei giovani democratici. piuttosto defilato nella campagna per le primarie, ha portato il suo contributo organizzando un'assemblea romana con D'Alema, il suo idolo.

COMUNICAZIONE
Stefano Di Traglia. Romano, storico portavoce di Bersani, è lo stratega della strategia comunicativa del segretario: trasformare la mancanza di carisma in una virtù. I manifesti con le maniche arrotolate, le foto alla pompa di benzina di Bettola, la birra solitaria. Mai normalità fu più ostentata, studiata, elaborata. Nei minimi dettagli. Farà il Bonaiuti di Bersani, accanto a lui a Palazzo Chigi.

Chiara Geloni. Toscana trapiantata a Roma, papà dirigente democristiano in terra rossa, nell'ufficio stampa di Dario Franceschini all'epoca del Ppi e della Margherita, oggi dirige l'emittente del partito Youdem. Un po' Rosa Luxemburg, un po' Giovanna D'Arco, è l'infaticabile sentinella del bersanismo, in battaglia permanente via Twitter con i critici (da sferzare), i tiepidi (da stimolare), i deboli di spirito (da rincuorare), gli infedeli (da convertire).

Claudio Sardo. Giornalista, cattolico, direttore dell'"Unità" dal 2010, ha riportato il quotidiano all'ortodossia di partito dopo gli anni scapigliati di Furio Colombo, Antonio Padellaro e Concita De Gregorio, anticipa spesso le svolte del leader. Suoi gli attacchi più duri contro Renzi, dalla polemica sulle Cayman (titolo: "Le primarie vanno in paradiso. Fiscale") all'aggettivo «fascistoide» scaraventato contro il sindaco di Firenze dall'editorialista Michele Prospero.

Simona Ercolani. Regista, moglie dell'ex spin doctor di D'Alema Fabrizio Rondolino, ha collaborato alla campagna di Bersani. Tornando sul luogo del delitto: aveva curato negli anni '90 il filmato cult di D'Alema che cucina il risotto, oggi ha assistito alle lacrime di Bersani. Passano gli anni, cambiano i leader ma non la location: il salotto di Vespa.

 

 

PIERLUIGI BERSANI CON LA BANDIERA DEL PD ROMANO PRODI SIMONA ERCOLANI STEFANO BONACCINI SANDRA ZAMPA ROBERTO SPERANZA ROBERTO GUALTIERI NICO STUMPO MIRO FIAMMENGHI MATTEO ORFINI MAURIZIO MARTINA STEFANO DI TRAGLIA FRANCESCA PUGLISI FABRIZIO DATTORRE CLAUDIO SARDO CHIARA GELONI ANTONIO MISIANI

Ultimi Dagoreport

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....