DISSEQUESTRO O CHIUSURA: IL PRESIDENTE DELL’ILVA BRUNO FERRANTE MINACCIA CHE “SE NON RIAPRE LO STABILIMENTO CHIUDERANNO ANCHE GENOVA E NOVI LIGURE, CHE VIVONO SULLA BASE DI QUANTO PRODUCE TARANTO” - CORSA CONTRO IL TEMPO PER L’INTERVENTO DI BONIFICA – NEGARE, NEFARE TUTTO! CORRADO CLINI NON SI DIMETTE E SMENTISCE DI ESSERE LUI IL “CORRADO” DEFINITO “UOMO NOSTRO” NELLE INTERCETTAZIONI DELLA PROCURA DI TARANTO…

1- DISSEQUESTRO O CHIUSURA
Da Repubblica.it

"Il provvedimento del gip è chiaro e netto: dispone la chiusura dell'impianto di Taranto ma chiudere Taranto significa chiudere anche Genova e Novi Ligure. Sarebbe un evento tragico per la vita dell'Ilva". Lo ha detto il presidente della società siderurgica, Bruno Ferrante sentito oggi dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti.

Ferrante ha specificato che considera "l' iniziativa della Procura di Taranto meritoria perchè ha richiamato sull'Ilva l'attenzione delle autorità e ha svegliato le coscienze". Allo stesso tempo ha definito il dispositivo di sequestro "severo e rigoroso" e gli arresti di otto dirigenti un "gesto pesante". Ferrante è stato molto esplicito quando si è soffermato sulle possibili conseguenze del provvedimento del Gip qualora questa linea venisse confermata:

"Il provvedimento del Gip - ha detto - è molto chiaro e netto e dispone di chiudere l'impianto. Se dovesse essere mantenuto, chiudere i sei impianti incriminati vuol dire chiudere non solo tutto lo stabilimento di Taranto, ma anche Genova e Novi Ligure, che vivono sulla base di quanto produce Taranto. Davanti a un provvedimento della magistratura - ha aggiunto - possiamo solo aspettare, ma se verrà eseguito abbiamo solo da chiudere e basta: non abbiamo altra scelta". Ferrante ha ricordato che "lo spegnimento è una procedura complessa, difficile e non breve. La chiusura - ha rimarcato - sarebbe un evento tragico e decisivo per la vita dell'azienda".

Per scongiurare questa catastrofe occupazionale sono iniziati oggi a Bari, presso la presidenza della Regione Puglia, i lavori della 'Cabina di regia' che dovrà individuare gli interventi urgenti di "bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione di Taranto" secondo quanto stabilito dal protocollo di intesa sottoscritto il 26 luglio scorso a Roma dai ministeri dell'Ambiente, dello Sviluppo economico, della Coesione territoriale, dalla Regione Puglia, da provincia e comune di Taranto.

L'intesa prevede interventi per un importo complessivo di 336 milioni di euro, di cui 329 pubblici e 7,2 privati. Di questi, inoltre, 119 milioni vanno alle bonifiche, 187 milioni per interventi portuali, e 30 milioni per il rilancio industriale per investimenti produttivi caratterizzati da un elevato livello tecnologico.

Alla riunione partecipano rappresentanti dell'Ilva, dell'Arpa Puglia, dell'Asl di Taranto, dell'avvocatura regionale, del ministero (in teleconferenza), tecnici regionali e l'assessore alla Qualità dell'Ambiente, Lorenzo Nicastro. La riunione fa seguito all'incontro sull'Ilva convocato il 2 agosto scorso a Bari presso la Presidenza della Regione dal Ministro dell'Ambiente, Corrado Clini. Il protocollo d'intesa (composto da otto articoli) prevede successivi accordi di programma attuativi, da stipularsi entro 30 giorni dall'effettiva formalizzazione delle risorse.

2- CLINI: QUEL CORRADO NON SONO IO
Antonio Cianciullo per La Repubblica

"Dimissioni? Ma vogliamo scherzare? Si dimetta chi smercia carte false. Questa è una bufala, un attacco strumentale che il partito pro chiusura dell'Ilva sta conducendo perché ha perso la battaglia politica: attorno alla proposta del governo, quella del risanamento, si è costituito uno schieramento molto ampio che va dal Pdl a Sel". Il ministro dell'Ambiente Corrado Clini risponde al telefono da Trieste.

Eppure, ministro, in un'intercettazione telefonica, consegnata dalla procura di Taranto ai giudici del Tribunale del riesame dei ricorsi sul sequestro dell'acciaieria, l'ex pr dell'Ilva parla di un certo "Corrado" come di un "uomo nostro" al ministero dell'Ambiente. Non è un nome così comune e molti l'hanno associato a un cognome, il suo.
"A questa insinuazione ha già risposto il procuratore della Repubblica di Taranto negando che, in maniera diretta o indiretta, il mio nome risulti dalle intercettazioni".


Ma lei è stato per tanti anni un dirigente importante del ministero.
"Voglio precisare che all'epoca di quella telefonata io guidavo la direzione generale per lo sviluppo sostenibile che non aveva alcuna competenza nella vicenda Ilva".

E quando ha cominciato a interessarsi all'acciaieria di Taranto?
"Nel marzo del 2012, su richiesta del presidente della Regione Puglia che mi aveva sottoposto nuovi dati sulle concentrazioni di benzopirene nell'aria. E anche perché l'8 marzo era stato pubblicato dalla Commissione europea l'aggiornamento delle migliori tecnologie disponibili nel settore della siderurgia e bisognava verificare la possibilità di applicarle".

Scusi, ma anche in una seconda intercettazione si fa riferimento a un altro esponente del ministero dell'Ambiente che avrebbe pilotato l'esito dell'autorizzazione integrata ambientale sull'acciaieria. Anche questa è una bufala?
"Io rispondo del mio operato e di questa vicenda non so nulla. L'autorizzazione fu rilasciata dal ministro dell'Ambiente dell'epoca, Stefania Prestigiacomo, e dal presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola. Osservo però che sarebbe singolare che, in presenza di sospetti così gravi, non ci siano state richieste di chiarimento da parte della magistratura: non mi risulta che accertamenti di questo tipo siano stati effettuati al ministero".

Lei ha parlato della necessità di usare le migliori tecnologie: in questo caso bastavano quelle sufficienti a evitare il picco di mortalità attorno all'impianto.
"Non ci sono dubbi sulla presenza di un impatto ambientale grave che si è andato accumulando in mezzo secolo. E non voglio fare una difesa d'ufficio di tutto quello che è stato fatto in questi anni: ad esempio la procedura di autorizzazione dovrebbe essere conclusa in 300 giorni e invece ha richiesto 4 anni e mezzo. Resta il fatto che ora, per risolvere il problema, bisogna procedere con le best technologies".

E con i 336 milioni di euro stanziati dal governo: fondi pubblici per sanare danni causati dai privati.
"Un momento. La gran parte dell'inquinamento prodotto dall'acciaieria risale all'epoca precedente al 1995, quando fu acquisita dal gruppo Riva. Prima di quella data l'impianto si chiamava Italsider ed era pubblico, così come erano pubblici l'arsenale militare e le altre fabbriche che nell'area hanno contribuito ad aggravare il danno. La verità è che buona parte dei disastri che oggi stiamo pagando sono stati prodotti da aziende di Stato negli anni Cinquanta e Sessanta. Questo naturalmente non vuol dire che oggi dobbiamo restare a guardare: abbiamo avviato una procedura di danno ambientale a carico di tutte le imprese dell'area che hanno contribuito all'inquinamento".

In ogni caso, proprio dal confronto con le migliori tecnologie disponibili, risulta evidente che i 336 milioni non basteranno a mettere in sicurezza l'impianto.
"Ma quei fondi serviranno solo per risanare alcune aree: Tamburi, che è il quartiere vicino, il Mar Piccolo, il Mar Grande, la zona portuale, l'area di Statte. L'azienda dovrà poi produrre, e noi lo abbiano sollecitato, un suo piano di risanamento in cui si può ipotizzare non la copertura di tutto il parco geominerario, che con i suoi 78 ettari è probabilmente il più grande del mondo, ma di quelle aree in cui c'è più polvere e dunque più pericolo".

 

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