TELETOGHE ALLA SBARRA - LA CASSAZIONE METTE “SOTTO ACCUSA” LA PM MINORILE FIORILLO - PROTAGONISTA DEL RUBYGATE, SI SCAGLIO’ SUI MEDIA CONTRO LA RICOSTRUZIONE DEI FATTI DI MARONI - “VOGLIO SI SAPPIA CHE NON HO MAI AUTORIZZATO L'AFFIDO ALLA MINETTI ANCHE PERCHÉ, SE RUBY È LA NIPOTE DI MUBARAK, IO SONO NEFERTITI REGINA DEL NILO”: QUESTO IL COMMENTO “INDIGNATO” LE COSTA L’INCOLPAZIONE…

Luigi Ferrarella per il "Corriere della Sera"

Processo disciplinare al pm minorile che in tv smentì la ricostruzione del ministro Maroni sul caso Ruby, incolpazione disciplinare per la giudice del processo Mills che in sentenza criticò pm e colleghi giudici, e azione disciplinare anche per il procuratore aggiunto denunciato dal suo capo per una dichiarazione non concordata sull'omicidio di un vigile: una raffica di iniziative della Procura generale della Cassazione a carico di toghe milanesi promette di misurare i confini di cosa i magistrati possano dire, dove e come. E lo fa prima di aver contestato all'ex pm Antonio Ingroia i suoi commenti alla decisione della Consulta sul conflitto di attribuzione tra Quirinale e Procura di Palermo.

Annamaria Fiorillo era il pm della Procura dei minorenni di turno la notte del 27 maggio 2010 in cui la minorenne marocchina Ruby, finita in Questura per essere identificata, fu affidata, dopo la raffica di telefonate in cui Berlusconi diceva che gli era stata segnalata come parente di Mubarak, proprio alla persona preannunciata dal premier, la consigliere regionale pdl Nicole Minetti.

Uno dei nodi della vicenda è sempre stato se avesse ragione il commissario Giorgia Iafrate a dire di avere fatto ciò che alla fine anche il pm aveva concordato, cambiando parere rispetto all'inizio; oppure il pm Fiorillo a non ricordare di aver mai autorizzato la consegna della minorenne a Minetti.

Quando il caso deflagra nel novembre 2011, l'allora ministro dell'Interno Roberto Maroni, in parte confortato anche da una nota rilasciata dal procuratore capo Bruti Liberati, comunica al Senato che «tutto si è svolto secondo le procedure» e annuncia azioni contro «chi ha gettato fango sulla polizia».

Il pm Fiorillo, che sino ad allora aveva taciuto e consegnato soltanto una relazione al suo capo Monica Frediani (a sua volta silente), ritiene di dover difendere la propria immagine: «Voglio si sappia che non ho mai autorizzato l'affido alla Minetti», anche perché, se Ruby è la nipote di Mubarak, «io sono Nefertiti regina del Nilo».

Lo fa sia con i cronisti, «indignata» per aver ascoltato il ministro «calpestare la legalità e insultare gli italiani», sia con il Csm, al quale scrive che «le dichiarazioni del ministro, che sembrano essere coerenti col comunicato del procuratore Bruti Liberati, non corrispondono alla mia diretta esperienza personale».

Lo ripete in una intervista a Lucia Annunziata nella trasmissione In mezz'ora, ipotizzando nel ministro «una ragione di Stato» che però «non può essere così assorbente da consentire la violazione della legalità». L'insieme di queste prese di posizione le viene ora contestato come violazione del dovere di riserbo, benché il pm non fosse titolare di procedimenti e neppure avesse redatto atti che potessero "parlare" al posto suo.

Fiorillo è stata rinviata a giudizio disciplinare il 15 marzo davanti all'apposita sezione del Csm, dove sarà difesa dal procuratore aggiunto romano, e punto di riferimento di "Md", Nello Rossi. Intanto lunedì 4 marzo Fiorillo sarà chiamata a deporre nel processo a Berlusconi.

Diverso il caso di Francesca Vitale, presidente del collegio di Tribunale che un anno fa prosciolse Berlusconi per prescrizione (per soli 10 giorni) della corruzione del teste David Mills con 600.000 dollari nel 1999. Quando Vitale scrisse da sola la motivazione e la depositò senza farla prima leggere alle colleghe Lai e Interlandi, il procuratore generale Manlio Minale espresse al presidente della Corte d'Appello, Giovanni Canzio, «disagio» per una serie di passaggi della sentenza. Canzio, titolare della vigilanza sul distretto, segnalò solo alcuni di quei punti alla Procura generale della Cassazione, che in effetti ha «incolpato» Vitale (si chiama così, nel disciplinare, l'equivalente di un avviso di garanzia) di aver violato il dovere di correttezza verso i colleghi.

Perche? Per aver definito «inopportune» le «reiterate sollecitazioni del pm» De Pasquale «sulla fissazione del calendario» anti-prescrizione. E per aver scritto in sentenza che la prescrizione sarebbe stata colpa anche dei tre precedenti giudici (Gandus-Dorigo-Caccialanza) che nel 2008, all'entrata in vigore del lodo Alfano poi incostituzionale, continuarono il processo a Mills e stralciarono quello a Berlusconi, ripartito da zero davanti al collegio Vitale: «Scelta», ecco la frase incriminata, «le cui ragioni, al di là della motivazione formale, restano sinceramente oscure».

Più sfumato il caso di Nicola Cerrato, uno dei procuratori aggiunti, capo del pool ambiente, segnalato alla Procura generale della Cassazione dal procuratore Bruti e difeso dal pm e leader dei "verdi" Armando Spataro. La condotta per cui c'è indagine disciplinare è, il giorno in cui un vigile fu investito da un Suv, avere rilasciato poche frasi di rito, prive di notizie, ai cronisti che, di fronte al diniego del pm titolare e in assenza sia del procuratore sia del capo del pool competente, avevano bussato al facente funzioni Cerrato.

 

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